Meno della metà delle famiglie imprenditoriali italiane ha predisposto un piano formale per la successione del patrimonio famigliare. Il passaggio delle redini nelle mani delle nuove generazioni è piuttosto un passaggio graduale, caratterizzato da una responsabilizzazione progressiva e da un confronto su valori e visioni.
In cui i più giovani sono, però, solo parzialmente ascoltati e vengono coinvolti in modo assai graduale: il testimone, nel prossimo futuro, passerà soprattutto ai Millennials, mentre la Gen Z dovrà aspettare.
È una parte del quadro, complesso e ricco di sfumature, che emerge dalla survey “Next-gen Wealth” realizzata dal gruppo di ricerca Innovation, Strategy and Family Business della POLIMI School of Management, in partnership con BNL BNP Paribas Private Banking & Wealth Management e Studio Legale Withers.
Presenti, ma in ruoli operativi
La ricerca ha fatto emergere che il 59% della Gen Z e il 72% dei Millennials sono già coinvolti nell’azienda famigliare. Una quota importante, il 22% della Gen Z e il 38% dei Millennials, ha contemporaneamente ruoli di business, governance e holding.
Si tratta, però, di una posizione soprattutto di osservatore. Le generazioni precedenti mantengono il controllo delle decisioni strategiche e solo nel 15% dei casi c’è una gestione condivisa. I giovani, anche quando sono over 40, sono spesso relegati in mansioni operative, una sorta di gavetta: avviene per il 44% dei Millennials e il 39% dei Gen Z).
Insomma, l’ingresso nell’azienda famigliare è un’esperienza formativa per una futura successione non ben definita. Si entra a 26 anni ma l’assunzione di responsabilità è generalmente molto lenta e graduale.
«Il coinvolgimento delle Next Gen nel business, nella holding e nella governance dell’impresa familiare – commenta Stefano Schrievers, BNL BNP Paribas Private Banking Wealth Management. Il passaggio generazionale, dunque, non è un semplice trasferimento di titolarità, ma un processo di consolidamento strategico, fondato su valori condivisi, valutazioni oggettive delle competenze e definizione chiara degli obiettivi futuri. Solo così sarà possibile garantire la sostenibilità e la crescita del patrimonio familiare nel tempo, coinvolgendo nel modo migliore i membri delle famiglie».
Servono regole chiare per il passaggio
«Le Next Gen si affacciano al mondo dell’impresa con una visione più relazionale e progettuale, in cui il patrimonio diventa leva per generare valore condiviso – osserva Roberta Crivellaro, Managing Partner Withers, Head of the Italian Practice. Perché questo potenziale si traduca in continuità e crescita per il patrimonio e l’impresa familiare, è fondamentale definire regole chiare di partecipazione. Strumenti come il patto di famiglia, clausole statutarie e family constitution favoriscono una governance trasparente e inclusiva. Un coinvolgimento strutturato, sostenuto da percorsi formativi adeguati, rappresenta la chiave per trasformare la successione in un processo ordinato, sostenibile e generativo».
La carica delle donne Z
Tra le giovani generazioni spicca la componente femminile. Tra i Millennials la partecipazione dei maschi al business famigliare è altissima (90%) mentre quella delle femmine è appena del 57%. Nella Gen Z si arriva a un 44% di uomini e a un 47% di donne.
L’indagine segnala però una differenza tra gli uomini, che privilegiano l’autonomia decisionale, e le donne, che invece sono orientate alla collaborazione tra generazioni e al confronto con professionisti esterni.
Proprio il ruolo dei professionisti, pur ritenuto centrale, è ancora da approfondire: 1 “giovane” su 10 ritiene adeguato il dialogo con gli advisor e un quarto dei Gen Z non ha ancora avuto modo di confrontarcisi direttamente.
Visioni e valori diversi
Il cambiamento non è solo di genere. L’indagine ha riscontrato anche un’evoluzione da una logica ereditaria a una relazionale: la Gen Z vede il patrimonio come un riferimento personale e famigliare, mentre per il Millennials è un bene collettivo e progettuale, da accrescere e condividere.
Le nuove generazioni si percepiscono come abbastanza preparate sui temi finanziari, ma comunque con margini di miglioramento: i Millennials si autovalutano a 3,5 su una scala da 1 a 5, la Gen Z poco più in basso (3,3).
La conoscenza della proprietà famigliare è buona ma in molti casi si parla difficilmente di patrimonio e, quindi, i più giovani non conoscono gli asset nel dettaglio. E qui emerge la necessità di più fiducia e partecipazione intergenerazionale.
Anche in questo caso, il supporto degli advisor potrebbe semplificare il dialogo tra generazioni diverse, in termini di linguaggio e aggirando eventuali barriere emotive e culturali.
La Gen Z guarda a digitale e startup, Millennials più tradizionali
Le differenze generazionali si vedono anche nella propensione al rischio negli investimenti. I Millennials preferiscono strumenti tradizionali come immobili, obbligazioni e titoli finanziari, mentre la Gen Z si orienta più verso asset digitali, start-up e investimenti alternativi.
I Millennials si distinguono poi per un approccio più strutturato, orientato al controllo del rischio e alla pianificazione, mentre la Gen Z guarda all’orizzonte temporale, al rendimento atteso e all’ottimizzazione fiscale.
Interesse moderato (circa 3 su 5) per investimenti d’impatto e filantropici per entrambe le generazioni.
«La nostra ricerca nasce per dare voce alle nuove generazioni, per comprenderne priorità, interessi e visioni emergenti, anche nel rapporto con il patrimonio familiare – commentano Josip Kotlar ed Emanuela Rondi, docenti della POLIMI Graduate School of Management e responsabili dell’indagine. Per i più giovani, la dimensione valoriale è centrale: l’investimento non è solo un mezzo di profitto, ma un’estensione della propria identità e della propria visione di mondo . Cresciute in un contesto segnato da instabilità economica, accelerazione tecnologica e nuovi modelli di valore, queste generazioni portano concezioni di patrimonio, responsabilità e impatto che rappresentano una vera discontinuità con il passato. Tuttavia, il ricambio generazionale incontra ancora ostacoli: l’aumento della longevità prolunga i periodi di leadership delle generazioni senior, mentre la crescente complessità dei modelli familiari, tra divorzi, seconde unioni e famiglie monogenitoriali, rende più fluida e articolata la trasmissione del patrimonio».