La non facile vita dei freelance italiani: crescono i “secondi lavori”

La non facile vita dei freelance italiani

Nonostante le difficoltà e la disillusione, la maggioranza dei clienti HYPE Business titolari di partita IVA rifarebbe la scelta di essere freelance. È quanto emerge da un’indagine interna svolta dalla società, che ha voluto indagare bisogni e pensieri dei propri clienti.

Ne emerge un libero professionista maturo e consapevole, alla ricerca più di realizzazione che di un elevato reddito. E che rifarebbe la scelta di lavorare per se stesso.

Per 7 intervistati su 10, la libertà e l’autorealizzazione sono i principali driver. Certo, spesso il lavoro interferisce con la vita privata e la strada è più in salita per giovani e donne. Ma, tutto sommato, l’80% dei freelancer interpellati si descrive come proattivo e pronto a rischiare.

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Oltre a metà dei clienti freelancer di HYPE ha oltre 45 anni e il 58% lavora in proprio da almeno 6 anni.Il livello di istruzione è elevato: il 94% possiede almeno un diploma e il 44% ha un titolo universitario o post-universitario. Tra i lavori prevalgono professioni ordinistiche, consulenza specialistica, attività ad alto valore aggiunto.

Il side hustle per arrotondare

A sorprendere è piuttosto un altro dato: l’11% di loro combina un lavoro da dipendente con una seconda attività a partita IVA. Un “side hustle”, per usare un anglicismo, cioè un lavoretto: le ragioni, lo vedremo, sono diverse. E non riguardano solo il portafoglio.

Questa forma ibrida va a sottrarre tempo alla vita personale: il 7% affianca infatti alla partita IVA un impiego a tempo pieno, mentre solo il 4% rimanente ha un lavoro part time. Si segnala una certa specializzazione per genere: gli uomini hanno generalmente anche un lavoro full time, mentre la seconda attività affianca il tempo parziale soprattutto nel caso delle donne.

E, attenzione, non si tratta di un fenomeno giovanile. Anche tra gli over45 il “side hustle” diventa strumento di transizione professionale, di ricerca di nuove opportunità o, appunto, di stabilizzazione economica.

Questo secondo lavoro si svolge soprattutto in un ambito di elevata specializzazione. Troviamo avvocati, architetti, commercialisti e ingegneri che hanno progetti autonomi, oppure fanno consulenze. Ci sono anche attività commerciali (fisiche e online), consulenza, comunicazione e marketing.

Non si tratta solo, come detto, di arrotondare uno stipendio magro, magari per un breve periodo di tempo. C’è anche chi lo fa per tentare nuove strade, per sperimentare, oltre ovviamente all’indubbio contributo alla propria stabilità finanziaria.

I giovani in difficoltà economica

Fanno eccezione gli under24. In questo caso, il 42% dei freelance ha difficoltà a coprire le spese quotidiane. Si tratta di una fase legata ai primi passi nel lavoro autonomo. Gli over65, ad esempio, dichiarano un livello soddisfacente di stabilità economica.

I più giovani, in compenso, hanno fiducia nel futuro. Il 92% degli under24 è convinto che il successo dipenda da se stessi. Nella fascia 25-34 anni emerge un’incertezza sul futuro, con una netta polarizzazione tra entusiasmo e delusione per la vita da autonomo.

Tra i 45 e i 64 anni, l’esperienza si fa sentire e c’è un certo pragmatismo. Anche se il 42% della fascia tra i 55 e i 64 anni dichiara che l’esperienza da freelance è stata la peggiore in assoluta.

Nonostante tutto questo, complessivamente la maggioranza dei professionisti rifarebbe la scelta di aprire una partita IVA. Piuttosto, rivivendola con maggiore consapevolezza. Maturità, quindi, e non solo rimpianto.

«Essere un lavoratore autonomo oggi significa gestire una complessità che va ben oltre la propria competenza professionale: scadenze, flussi di cassa, costi e imprevisti richiedono lucidità e continuità che non sempre sono facili da mantenere - commenta Luca Grampioggia, Deputy CEO di HYPE. È qui che il digitale può fare la differenza. Soluzioni come quelle pensate da HYPE per i liberi professionisti e le ditte individuali aiutano a semplificare la gestione finanziaria quotidiana, automatizzando queste attività e restituendo tempo ed energia al lavoro vero. La tecnologia non sostituisce il professionista, ma lo sostiene: lo rende più consapevole, più organizzato e più libero di concentrarsi su ciò che sa fare meglio. Nella continua evoluzione di un prodotto che sia realmente efficace, non possiamo non tenere presente dei cambiamenti socio-culturali in atto, come ad esempio il fenomeno del side hustle, che, se da un lato moltiplica le opportunità di lavoro, dall’altro complica la gestione finanziaria».

 

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