ll mercato che ruota intorno al recupero dei Non Performing Loans va sempre più nella direzione della specializzazione degli operatori. Una scelta che appare strategica davanti alle masse importanti di crediti deteriorati presenti e soprattutto per le diverse tipologie che questi hanno.
Si tratta, infatti, di crediti molto diversi e per arrivare ad una loro “messa a terra” servirà una segmentazione dei portafogli in base alle loro peculiarità, accompagnati da professionalità sempre più specifiche degli operatori. Anche perché si calcola che il susseguirsi delle crisi che stanno segnando questi ultimi anni spingerà ad una crescita ulteriore dei NPL/UTP.
Questo è un settore che di fatto assume i connotati che ha adesso con il post crisi del 2008, quando gli istituti di credito si sono trovati a passare dalla gestione di crediti deteriorati per circa 50 miliardi per arrivare ai 500-600 miliardi che si calcolano adesso per l’Italia (quando il PIL del Paese è di circa 2000 miliardi). Nel riguardare quanto è successo tra il 2008 e il 2020, si nota come i mercati si siano organizzati per tamponare e provare a risolvere il tema del crescente ammontare di NPL nei bilanci delle banche.
Si è arrivati così ad utilizzare società veicolo per le cartolarizzazioni con investitori qualificati e fondi esteri, soprattutto, all’opera nell’acquisto e nella gestione di grandi portafogli di crediti. Ma la situazione negli ultimi anni è ulteriormente peggiorata su questo fronte.
Non è bastata la pandemia del 2020 che nell’arco di due anni ha mostrato i suoi effetti quando si è assistito alla crisi di numerose realtà manifatturiere, imprese dei settori più vari, ma soprattutto delle attività legate all’industria del turismo come ristoranti ed hotel, fino alle problematiche delle famiglie con il mutuo. Perché poi è arrivato il caro energia insieme alla crisi ucraina.
Quindi l’aumento dei tassi di interesse ha rappresentato un'ulteriore fonte di stress per quanti si stanno trovando alle prese con un mutuo. Strutturalmente ogni crisi raggiunge il suo apice e dipana i suoi effetti in circa due anni. Quindi è pensabile che nei prossimi anni vedremo gli effetti negativi di queste ripetute crisi determinare l’aumento di massa dei crediti deteriorati.
Questo vuol dire che il processo lineare per cui i crediti transitavano dai bilanci delle banche, ai veicoli per la loro cessione, fino ai business plan che ne prevedevano la vendita, rischia così di interrompersi. Le ipotesi formulate fino a questo momento, sulla base di assumption ad oggi necessariamente non più attuali, rischiano di saltare: i business plan probabilmente in virtù della quantità accresciuta di NPL andranno in gran parte modificati. Ma soprattutto sarà necessario modificare completamente l’approccio per il recupero di questi crediti.
Ad oggi gli istituti di credito e i servicer che hanno cartolarizzato quantitativi importanti di NPL hanno di fatto in pancia realtà molto diverse, da immobili con le destinazioni più varie (dal residenziale all’industriale) ad operazioni che devono essere sviluppate. Ma può trattarsi anche di aziende che con poco aiuto possono essere salvate. Insomma le tipologie sono veramente diverse e per questo serve una segmentazione del portafoglio rigorosa, perché le professionalità che sono necessarie richiedono grandi expertise.
Fino ad ora non c’è stato il tempo e lo spazio perché si sviluppassero operatori così specializzati sulla spinta della necessità del momento di affrontare la situazione nel suo insieme. Ma avendo all’orizzonte la possibilità di essere travolti da una grande quantità di crediti deteriorati servirà appunto uno sforzo ulteriore del mercato, una grande clusterizzazione dei crediti e migliorare le professionalità in campo.
Senza contare che nei singoli settori ci sono dinamiche di trasformazione in corso molto forti. Se si guarda al campo immobiliare, per esempio, dove MyCredit è focalizzata da tempo, questo ambito è soggetto ad alcune importanti sollecitazioni. È una fase di difficoltà di accesso al credito che rallenta l’ottenimento dei mutui da un lato, mentre dall’altro ci sono le nuove direttive europee in vista del 2030 sul miglioramento della classe energetica degli edifici. Il mercato e i singoli acquirenti diventeranno sempre più consapevoli che il valore degli immobili è frutto non solo della posizione, come avveniva fino a poco tempo fa, ma che i nuovi valori sono determinati da una serie di fattori: dalle prestazioni energetiche, dalle emissioni, dall’adesione ai nuovi bisogni dell’abitare o del lavoro.
Tutte queste dinamiche non solo producono degli effetti sul mercato immobiliare, ma anche sui valori degli asset che necessariamente dovranno essere adeguati. Aggiustare i portafogli però vorrà dire anche rivedere in certe situazioni i prezzi al ribasso con alcune categorie di immobili che diventeranno più difficilmente liquidabili. Anche perché molti dei crediti deteriorati non appartengono a categorie primarie. C’è bisogno quindi di rimettere mano ai business plan per renderli adeguati alla necessità di repricing.
Tutte queste difficoltà non impediscono al settore immobiliare di continuare ad essere un ottimo asset su cui investire. Ma richiedono appunto anche all’interno di un settore specifico e ben delimitato come questo una specializzazione molto elevata, la capacità di trovare eventuali partnership con cui segmentare il portafoglio e stringere delle joint venture che consentano di cedere gli immobili in corso di costruzione. In questo scenario chi si adeguerà nei prossimi anni avrà dei buoni risultati, mentre chi non si adegua, data la massa dei crediti in gioco, potrebbe non avere vita facile.