Mancano le fondamenta digitali al tessuto imprenditoriale delle PMI di Italia, Francia, Germania e Spagna. Troppo focalizzate sulla sperimentazione con l’intelligenza artificiale, chatGPT in testa, per definire una chiara strategia di digital transformation che porti benefici al business.
A condurre l’analisi è Qonto, in collaborazione con Appinio, che ha coinvolto 1.600 decisori senior in Italia, Francia, Germania e Spagna, appartenenti ad aziende con meno di 250 dipendenti, ad agosto 2025.
Difficoltà nell’affrontare le sfide digitali
«La nostra ultima indagine rivela una tendenza chiara che le PMI europee seguono nell’affrontare le sfide del digitale: sebbene il 92% consideri la digitalizzazione e l’IA importanti per il proprio business, solo il 19% dispone attualmente di una chiara strategia e di risorse sufficienti – afferma Alexandre Prot, Co-founder & CEO di Qonto. Questo divario è ancora più evidente se guardiamo agli strumenti digitali che si stanno adottando: in Europa quasi il 50% delle PMI utilizza quotidianamente strumenti di GenAI come ChatGPT, mentre il 24% ha digitalizzato i propri sistemi contabili e il 22% utilizza strumenti di videoconferenza. Nell’attuale contesto di mercato instabile, vediamo la digitalizzazione come un vantaggio competitivo significativo. Sebbene l’IA offra opportunità entusiasmanti, riteniamo che le imprese europee dovranno costruire solide fondamenta digitali, in grado di sostenere i loro obiettivi di crescita e innovazione a lungo termine».
La digitalizzazione non è così cruciale?
In Italia, il 59% delle PMI considera la digitalizzazione “assolutamente cruciale” o “molto importante”, nonostante il 77% ne riconosca la rilevanza. Un divario netto, che spiega la polarizzazione del mercato italiano tra pionieri digitali e ritardatari.
A livello europeo il 92% delle PMI riconosce che digitalizzazione e IA sono rilevanti per il proprio business, ma solo il 62% le considera “assolutamente cruciali” o “molto importanti” per il futuro. Ciò significa che quasi 4 aziende su 10 (38%) le vedono come “abbastanza importanti” ma non prioritarie.
Le imprese “preparate” al digitale
Tuttavia, quasi 7 PMI italiane su 10 (68%) si dichiarano pronte per la trasformazione digitale: un dato che colloca l’Italia al secondo posto in Europa dopo la Germania.
Nell’area UE, solo il 60% delle PMI si considera ben preparato alla trasformazione digitale mentre il restante 40% – circa 10 milioni di aziende – si sente solo parzialmente o per nulla pronto. Tra queste, il 10% (2,4 milioni di imprese) non è affatto preparato.
La stagnazione digitale italiana
In Italia, l’adozione di strumenti di intelligenza artificiale, come i generatori automatici di testo o di immagini, è in linea con la media europea (46%), ma il Paese registra anche il più alto tasso di stagnazione digitale: il 12% delle PMI non ha introdotto nessuna nuova tecnologia.
Per chi ha abbracciato l’innovazione, i punti di forza italiani restano la gestione documentale (32%), gli strumenti di data analytics e business intelligence (30%) e il marketing automatizzato (27%).
A livello europeo il 46% delle PMI ha adottato strumenti di IA come ChatGPT, ma l’uso di sistemi fondamentali rimane scarso: solo il 24% utilizza software di contabilità digitale e appena il 22% piattaforme di videoconferenza. La gestione documentale digitale raggiunge il 29% e gli strumenti di analisi dati il 27%.
Gli effetti dell’automazione
In Italia, il 52% delle PMI risparmia almeno 10 ore settimanali grazie all’automazione, un dato in linea con la media europea (52,7%), superiore a quello della Francia ma inferiore rispetto alla Germania, mentre il 12% ne guadagna oltre 20.
A livello europeo, 1 PMI su 10 risparmia più di 20 ore, pari a mezza settimana lavorativa, e il 53% ne guadagna almeno 10.
Una sfida culturale
Dovendo indicare i principali ostacoli alla digitalizzazione, le PMI italiane rivelano una sfida culturale unica: sono le sole in Europa a citare la resistenza organizzativa al cambiamento (22%) come uno dei principali freni, assieme alla sicurezza delle soluzioni digitali (31%) e alle competenze tecniche (28%).
In Europa, i principali ostacoli sono sicurezza (33%), gap di competenze (28%) e regolamentazione (25%).