Startup e investimenti in crescita al Sud. Anche nel Fintech

Startup e investimenti in crescita al Sud. Anche nel Fintech
Roberto Ruggeri, Fondatore del Movimento Sud Innovation

Il Fintech italiano non è solo a Milano. Anzi, già da qualche tempo vediamo molta attività anche nelle regioni del Sud. E un recente Rapporto presentato al Sud Innovation Summit, uno dei principali hub nazionali dedicati all’innovazione, ha fornito dei dati molto interessanti che dimostrano questa impressione.

Abbiamo approfondito questo trend con Roberto Ruggeri, Fondatore del Movimento Sud Innovation.

AG. Che cosa emerge dal Rapporto sull’innovazione al Sud e nello specifico sul fintech?

RR. Questa edizione del Rapporto “Sud Innovation 2025 – Attrattività e Competitività del Mezzogiorno” ci restituisce un Sud molto diverso da come siamo abituati a immaginarlo. Non è più soltanto un potenziale inespresso, ma un ecosistema che comincia ad avere tratti riconoscibili e competitivi.

Negli ultimi sette anni, il Mezzogiorno ha visto nascere oltre 100 start-up, 13 scale-up, con una raccolta complessiva di più di 320 milioni in oltre 170 round di investimento.

Campania e Puglia concentrano la quota principale delle operazioni, circa il 60%, ma anche Sicilia e Abruzzo stanno costruendo delle specializzazoni verticali, soprattutto nell’AI, nell’Agritech e nel Fintech.

Nello specifico del Fintech, c’è una fase di sperimentazione molto vivace. A Napoli e a Bari, ad esempio, si stanno sviluppando soluzioni in ambito pagamenti digitali, open banking e credito algoritmico. In Sicilia, si testano modelli di finanza etica e di green finance con un forte radicamento locale.

Al momento non c’è una massa critica paragonabile a quella del Nord, ma iniziano a esserci cluster territoriali che uniscono università, startup e banche del territorio.

AG. Gli investitori si sono accorti di questo trend di crescita? Come va la raccolta di capitali?

RR. Il trend generale è positivo sia in Italia sia nel Mezzogiorno: nel 2024 la raccolta di capitali è cresciuta del 42% rispetto al triennio precedente.

Questi capitali arrivano in gran parte da fondi nazionali e veicoli pubblico-privati, come ad esempio CDP Venture Capital. A livello regionale, Puglia Sviluppo sta facendo un ottimo lavoro con iniziative come Puglia 1 e Puglia 2, in arrivo.

Iniziamo a vedere anche fondi esteri e credo che attrarre queste realtà sia uno degli obiettivi del nuovo management di CDP.

C’è un altro dato significativo: il 78% dei round riguarda startup in fase iniziale, i cosiddetti pre-seed e seed, e questo di dice che c’è molta vitalità e che c’è bisogno di strumenti di scala. Il Sud sta generando idee e innovazione, ma serve più capitale di crescita per trasformare queste startup in imprese strutturali.

Sul territorio si stanno consolidando degli hub regionali. Abbiamo citato Napoli e Bari, aggiungerei anche Catania e L’Aquila per quanto riguarda ricerca applicata e Deeptech.

Il vero impatto lo vediamo nella creazione di lavoro qualificato e nella nascita di nuovi centri di competenza locali che, pian piano, stanno invertendo il trend di brain drain che, lo sappiamo, è uno dei problemi fondamentali del Mezzogiorno.

AG. Gli investitori esteri potrebbero essere il vero elemento che fa la differenza per la crescita dell’ecosistema?

RR. Assolutamente sì. Milano resta il cuore finanziario e tecnologico del paese, come è inevitabile che sia sulla scia di un ventennio.

Ma il Sud inizia a essere riconosciuto come area strategica e di innovazione sostenibile e chiaramente anche le evaluation delle startup sono inferiori al resto del paese, che a sua volta ha evaluation inferiori a quelle che sono quelle classiche europee e US, diventano attrattive per investitori esteri.

In una parola si riduce tutto ad arbitraggio: diciamo che l'investitore estero si accorge del potenziale soprattutto in settori in cui ci sono vantaggi competitivi naturali. Nel Sud, ad esempio, le rinnovabili, l'Agritech, lo spazio, le biotecnologie hanno un potenziale importante.

Si parla sempre più spesso di “near shoring mediterraneo”, ossia della tendenza delle aziende europee a spostare parte delle proprie operazioni del Sud Italia per il costo competitivo, la posizione geografica e la qualità del capitale umano.

In questo momento c’è un'opportunità storica, che dovremmo cercare di governare con continuità e metodo, affinché più capitali esteri ci raggiungano, portando con sé anche il network indispensabile alla crescita di imprese in una fase così “early”.

AG. Nelle regioni del Sud ci sono però attori importanti del settore IT, attivi anche a livello internazionale, e una serie di banche del territorio, di dimensioni anche rilevanti. E, naturalmente, anche le università. Quanto contano questi attori locali nella crescita dell’ecosistema di innovazione?

RR. Il Sud, come dicevo poco fa, inizia a essere riconosciuto come un'area strategica per l'innovazione, specie quella sostenibile. Le banche regionali e le fondazioni del Mezzogiorno, ad esempio, stanno passando da un ruolo più tradizionale di erogatori di credito a veri partner di innovazione territoriale.

E lo stanno facendo, ad esempio, partecipando a programmi di accelerazione, sostenendo la formazione e, in alcuni casi, creando proprio dei fondi tematici locali per start-up e PMI innovative. Quindi diciamo che è tutta la filiera che sta iniziando a “funzionare”.

Quello che manca, probabilmente, è una regia unica rispetto ai vari stakeholder, che unisca e coordini i vari punti di vista.

AG. Oltre al Fintech, hai citato alcuni ambiti in cui l’innovazione al Sud è particolarmente forte. Quali sono i più vivaci al momento e quali potrebbero esprimersi maggiormente nel prossimo futuro?

RR. Come Sud Innovation, abbiamo analizzato lo stato dell’innovazione nel Mezzogiorno con un Osservatorio e un comitato tecnico-scientifico con docenti di Università delle regioni meridionali. E l’obiettivo era proprio misurare ambiti e attività.

Posso quindi esprimere non un’opinione, ma una serie di fatti, grazie ai dati presenti nel nostro Rapporto.

Ci sono tre ambiti che emergono chiaramente come promettenti. Il primo è Deeptech e Space Economy, con in prima fila Catania e Bari. Questi due hub si stanno affermando su sensoristica, robotica e materiali avanzati con expertise molto importanti, grazie anche a Università forti e a partnership con centri di ricerca nazionale.

Il secondo ambito è Agritech e, in generale, Cleantech. Campania e Basilicata stanno sperimentando su AI, droni per la gestione delle culture, il monitoraggio delle risorse, sfruttando ad esempio i satelliti per raccogliere dati e darli in pasto all’intelligenza artificiale. Questi progetti uniscono agricoltura e tecnologia con un impatto diretto sulla sostenibilità e sulla competitività delle filiere locali.

In ultimo, abbiamo l’Healthtech e la bio-ingegneria, in crescita a Palermo, Napoli e L’Aquila. Qui vediamo una collaborazione tra Università e imprese che sta generando startup ad alto impatto sociale. La cosa più bella è che spesso alla guida troviamo giovani e donne.

Aggiungo un altro dato incoraggiante: la leadership femminile nelle startup meridionali è a circa il 16%, contro il 12% del Nord. Stiamo quindi innovando non solo sul fronte dei prodotti, ma anche dei modelli culturali di leadership.

 

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