
Nel 2019 il 96% delle imprese del terzo settore ha effettuato investimenti e ha trovato negli istituti di credito un sostegno. È quanto emerge dall’Osservatorio “Finanza e Terzo settore” di UBI Banca.
L’Osservatorio promosso da UBI Banca e AICCON (Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit) registra infatti come negli ultimi 3 anni la quasi totalità (96%) delle aziende che operano nel Terzo settore sia riuscita a effettuare investimenti principalmente tramite autofinanziamento (50,4%), in particolare per quanto riguarda le Srl con qualifica di impresa sociale (52,2%) e le cooperative di tipo A (51%), o grazie alle risorse erogate dagli istituti bancari (28,8%), canale cui fanno principalmente ricorso i consorzi (52,5%).
Il rapporto con la banca è soddisfacente
Importante anche la quota di richieste di finanziamento approvate dalle banche: il 77% delle imprese che ha fatto richiesta ha ottenuto infatti l’intero importo richiesto, impiegato per lo più per investimenti a medio-lungo termine. Elevati, quindi, i livelli di soddisfazione della relazione con gli istituti di credito (il 79,6% si dichiara soddisfatto), soprattutto per quanto riguarda la percezione dell’esistenza di una offerta adeguata a livello di prodotti e servizi (53,6%).
Un ruolo che va oltre il finanziamento
Il 35,2% del campione, inoltre, pensa che il ruolo della banca debba essere quello di soggetto erogatore di una offerta di servizi di credito dedicata, mentre si rafforza l’idea di guardare alla banca come soggetto consulenziale e di accompagnamento (34%).
La finanza a impatto sociale si fa strada
Inoltre, è aumentata la consapevolezza sugli strumenti di finanza a impatto sociale (+10,1% rispetto alla edizione precedente), in particolare modo tra i consorzi (76,9% contro il 44% della scorsa edizione). Il 33,6% di chi conosce il tema è interessato all’utilizzo (19,1%) o sta già utilizzando strumenti di questo tipo (14,5%). Le cooperative sociali di tipo A sono le realtà che mostrano i livelli più elevati di utilizzo della finanza a impatto sociale (20,9%) e anche quelle che dichiarano un maggiore interesse in tal senso (25,6%). Lo strumento più conosciuto e utilizzato risulta essere quello della finanza agevolata (es. Fondo Rotativo per le imprese del MISE, fondi agevolati BEI, etc.).
Previsioni per il 2020
Le previsioni sugli investimenti per il 2020 si confermano in crescita: 4 aziende su 5 prevedono di investire nel corso dell’anno (+20% rispetto all’anno precedente). Nella maggioranza dei casi (52,3%) le imprese del Terzo settore confermano l’utilizzo dell’autofinanziamento (in particolare le cooperative di inserimento lavorativo), seguito dall’affidamento agli istituti bancari (26,3%), cui prevedono di fare ricorso la metà dei consorzi.
«L’Osservatorio testimonia come la capacità degli istituti bancari in termini di offerta di risposte specialistiche personalizzate e diversificate costituisca l’elemento imprescindibile per dare vita a relazioni stabili con i soggetti afferenti al mondo dell’impresa sociale – afferma Riccardo Tramezzani, Responsabile dell’Area UBI Comunità. In questo momento, più che mai, siamo al fianco dell’imprenditorialità sociale italiana, vero e proprio asset da preservare e valorizzare per il contributo fornito al welfare pubblico e alla cura dei nostri territori. Vogliamo continuare a essere co-attori di un sistema più ampio di cui ci sentiamo parte: un sistema di relazioni ed economie che erogano servizi, generano occupati e alimentano benessere. L’Osservatorio ci restituisce una fotografia sempre più ampia e dettagliata della diversità di queste esperienze che stanno allargando il loro bacino di attività verso nuovi investimenti e verso nuove metriche per misurare il valore prodotto. Le sfide che ci aspettano, oggi più che mai, richiedono nei territori una presenza solida ed autorevole dell’imprenditorialità sociale e UBI Banca non farà mancare il suo apporto in quanto, da sempre, banca “del e per” il territorio».
«In questo contesto, profondamente trasformato, siamo coscienti che il ruolo di UBI Banca risulta decisivo per l’impresa sociale italiana, chiamata a garantire la continuità delle proprie attività e servizi innovativi e profondamente diversi dal passato – sottolinea Guido Cisternino, Responsabile Terzo Settore ed Economia Civile di UBI Banca. Sebbene la strada da percorrere sia ancora lunga, UBI Comunità, forte della sua reputazione e dell’alto grado di personalizzazione dei suoi servizi, intende ulteriormente investire in essi e innovare la propria offerta e modello di servizio nella direzione che l’osservatorio suggerisce. Il ruolo della banca, così come inteso da UBI Comunità, è quella non solo di erogatore di servizi per quanto distintivi e personalizzati, ma di player in grado di contribuire a promuovere e costruire reti, sostenere investimenti, creare legami tra le diverse realtà e le comunità e condividere saperi».
«La nona edizione del rapporto restituisce, per il secondo anno consecutivo, la fotografia del mondo dell’impresa sociale osservando congiuntamente la cooperazione sociale e le Srl con qualifica di impresa sociale, un universo imprenditoriale che persegue finalità comuni d’interesse generale, attraverso paradigmi di produzione del valore differenti – sostiene Paolo Venturi, direttore AICCON. I risultati mostrano i tratti di questa eterogeneità: le Srl con qualifica di impresa sociale risultano fortemente orientate all’interlocuzione con gli investitori privati ed evidenziano una significativa propensione agli investimenti. La cooperazione sociale si conferma la più avanzata in termini d’intraprendenza e apertura ai nuovi mercati. Questa fase storica, segnata da profonde discontinuità, accelererà i cambiamenti già in atto nell’impresa sociale italiana e aumenterà la convergenza e il bisogno di un rapporto strategico con le Banche. L’esito di quello che sta accadendo lo si potrà cogliere con la rilevazione del prossimo anno, che ci permetterà di comprendere la trasformazione in termini di comportamenti e aspettative delle imprese sociali nonché il cambiamento agito dall’emergenza sanitaria in atto rispetto alla loro propensione a investire».