Il 92% delle aziende in Italia dispone di un sistema di segnalazione per il whistleblowing, rispetto al 76% dello scorso anno. È il risultato della nuova normativa nazionale in materia, che da marzo 2023 impone l’adozione di questo strumento alle aziende con più di 50 organizzazione.
Lo rende noto la seconda edizione dell’Indagine Europea sul Whistleblowing 2024 pubblicata da EQS Group, a cui hanno partecipato più di 700 Compliance Officer in tutta Europa.
Per segnalare comportamenti non etici o illegali, le aziende italiane si affidano soprattutto a canali e soluzioni digitali.
Il principale driver di adozione, naturalmente, è la compliance alla normativa, in primis il Decreto Whistleblowing, d.lgs 24/2023, segnalata dal 93% del campione. Il 47% delle imprese italiane, però, ha adottato un sistema di segnalazione da almeno tre anni, muovendosi in anticipo rispetto alle indicazioni della UE.
Whistleblowing e cultura
L’adozione formale di uno strumento di segnalazione, però, è un aspetto diverso dalla tutela dei whistleblower all’interno delle aziende.
Una cultura aperta alla segnalazione, definita “Speak Up Culture”, è il secondo driver di implementazione di una soluzione ad hoc, con il 59% del campione.
Un altro 24% dei rispondenti in Italia ha citato la prevenzione di sanzioni economiche o danni alla reputazione delle proprie organizzazioni come motivo per adottare una soluzione di segnalazione.
Le segnalazioni ricevute
Il 34% delle aziende italiane ha ricevuto almeno una segnalazione attraverso il sistema implementato, mentre il 12% ha ricevuto almeno 10 segnalazioni nel 2023.
La quota di 50 segnalazioni viene superata da aziende che, tipicamente, hanno oltre 10mila dipendenti.
Circa un quinto delle segnalazioni riguardava casi legati alla gestione HR (21%), seguito da episodi di frode e corruzione (14%), problemi relativi alla protezione dei dati (8%) e violazioni delle norme sociali e dei diritti umani (7%).
L’anonimato serve
Sebbene la legislazione italiana non imponga alle organizzazioni di ricevere segnalazioni anonime, 9 aziende italiane su 10 (91%) consentono ai whistleblower di inviare segnalazioni senza rivelare la propria identità.
Uno studio precedente, l’EQS Whistleblowing Report 2021, ha dimostrato che circa la metà di tutte le segnalazioni iniziali vengono effettuate in forma anonima se il canale di segnalazione lo consente.
La disponibilità di un canale anonimo non ha avuto, invece, alcun effetto sul numero di segnalazioni “abusive”, cioè effettuate con l'intento di danneggiare i dipendenti o l'azienda.
«I risultati dell’indagine mostrano che la compliance normativa rimane il fattore più importante per la protezione dei segnalanti – commenta Mimmo Santonicola, Country Manager di EQS Group Italia. Sebbene ciò sia comprensibile, non tiene sufficientemente conto dell'importanza di effettuare segnalazioni per promuovere l'integrità aziendale, l'etica e una cultura aziendale trasparente.
Data la crescente complessità del panorama globale della compliance, le aziende dovrebbero anche guardare oltre le singole leggi e adottare una visione più olistica e integrata della compliance. In questo la tecnologia può giocare un ruolo centrale. Le soluzioni digitali possono aiutare a soddisfare i requisiti normativi in modo più efficiente, mitigare i rischi e comunicare in modo trasparente con gli stakeholder interni ed esterni. Sono anche l’unico canale in grado di garantire il completo anonimato ai segnalanti».
L’accesso agli stakeholder esterni
Il 90% delle aziende rispondenti in Italia consente anche agli stakeholder esterni, come clienti, fornitori e partner, di accedere ai canali di segnalazione.
Questo approccio è molto utile alle aziende che devono rispettare normative stringenti sulla catena di fornitura, in primis la Direttiva UE sulla due diligence della catena di fornitura (CSDDD), approvata dagli Stati membri dell’UE nel maggio 2024, che richiede che i canali di segnalazione siano accessibili a stakeholder esterni lungo la catena di approvvigionamento. Ricalcaldo la legge tedesca sulla due diligence della catena di fornitura (LkSG).
«Molti casi di cattiva condotta potrebbero non essere notati dai dipendenti dell'azienda, ma piuttosto dai clienti, dai fornitori o dai partner commerciali – aggiunge Santonicola. Alcune aziende temono di essere inondate di segnalazioni infondate se aprono il loro sistema di segnalazione a stakeholder esterni, ma l'esperienza dimostra che questa preoccupazione è infondata e che le aziende invece traggono grandi vantaggi dalle segnalazioni provenienti dalla loro rete, poiché potrebbero venire a conoscenza delle irregolarità più rapidamente e prevenire eventuali rischi».