La vera, grande domanda dell’intero Web Summit è stata solo una: l’intelligenza artificiale è una bolla oppure no? Gli enormi investimenti necessari, anche in termini di energia e potenza computazionale, saranno ripagati dall’aumento di efficienza e profitti?
In fondo, questo è anche il grande dubbio di aziende, CFO e investitori: a una crescita senza precedenti corrisponderà anche una grande profittabilità? Sui diversi palchi del Summit, anche i più “entusiasti dell’AI” hanno ammesso la possibilità di un ridimensionamento delle aspettative, soprattutto in alcuni ambiti.
E di una correzione futura (per cui hanno già coniato il neologismo “AI winter”, ricalcando i celebri criptoinverni di Bitcoin) che avrà impatti importanti, specie su alcune aziende. Niente di nuovo, è il classico ciclo dell’Hype. Il problema non è se, ma casomai quando: due anni? Due mesi? Chissà.
Servizi sempre più conversazionali
I servizi bancari e finanziari diventeranno sempre più conversazionali. Diverse fintech e banche digitali hanno già integrato chatbot avanzati, potenziati dall’AI, nelle loro app e portali web. Le altre lo faranno sicuramente in futuro.
A questi bot potremo chiedere moltissime cose. Già oggi è possibile avere approfondimenti sulle transazioni effettuate, sui servizi disponibili, o informazioni tutto sommato banali, come il saldo del conto.
Ma si lavora già allo sviluppo di veri e propri assistenti, specie per i clienti imprese, capaci di effettuare previsioni e simulazioni in diversi ambiti, in primis investimenti e credito. Veri e propri “co-piloti” per il CFO, il direttore finanziario o direttamente per l’imprenditore.
Effetto MiCAR: si parla solo di Stablecoin
Dopo il MiCAR e il Genius Act americano, l’asticella della competizione in ambito criptoasset si è alzata e il gioco si fa molto serio. E si vede. Se due anni fa il parterre delle startup era affollato di realtà crypto, in questa edizione ne abbiamo contate davvero poche: servono spalle larghe e volumi.
Al centro dell’attenzione, specie degli speaker sul palco, sono invece le Stablecoin, già oggetto di alcuni progetti anche in Italia. E-commerce e pagamenti transfrontalieri istantanei sono gli use case più gettonati, almeno per ora.
Startup: quante repliche dei film di successo
La platea delle startup fintech sembra confermare un momento generale di stallo, almeno per quanto riguarda le idee nuove. Molte sembrano le copie di aziende che hanno avuto successo in altri paesi, con leggeri adattamenti al contesto locale.
Fatturazione elettronica, pagamenti cross-border, conti di pagamento mobile, strumenti di gestione delle spese. Anche la vincitrice della competizione tra startup, la portoghese Granter, serve a individuare sovvenzioni e finanza agevolata mediante un motore AI. La messa a terra del progetto sarà sicuramente di altissimo livello, ma anche in questo caso è un’idea che abbiamo già visto. Anche da noi.
Competere sulla trasparenza, non (più) sul prezzo
Da diversi interventi emerge la volontà del mondo fintech di tornare alle origini. Cioè a quella missione di “democratizzare” i servizi finanziari per renderli più accessibili. Non tanto in termini di costi (la redditività non è più qualcosa di secondario, i tempi sono cambiati), bensì di linguaggio.
In un contesto in cui il cliente ha scarse competenze finanziarie (il problema non è solo italiano) il fintech punta a distinguersi dai player tradizionali usando parole semplici e chiare per comunicare con i clienti. E lavorando sulla loro educazione finanziaria: si passa così dal “costo poco” al “costo anche io, però sono più trasparente”. Funzionerà?
Regolamentazione sì. Burocrazia no
Un altro segno di quanto sono cambiati i tempi riguarda il rapporto con il Regolatore. Gli scorsi anni, i relatori del Fintech Summit ribadivano la loro soddisfazione per la crescente attenzione di Regolatore e Vigilanza.
La ragione era semplice: la definizione di regola consentiva loro di operare con maggiori certezze e di “pulire” il mercato dalle realtà meno attente alla compliance. Oggi, però, ci si lamenta esplicitamente della “burocrazia” legata alla Vigilanza. I cui tempi e processi non sembrano adeguati alla velocità dell’innovazione, ad esempio nella corsa all’AI.
È emergenza frodi
Forse può sorprendere, ma sul palco si è parlato moltissimo di come contrastare le frodi online. D’altronde il fenomeno, in tutte le sue declinazioni che spaziano dal commercio elettronico alle finte storie d’amore virtuali mirate solo a estorcere denaro, ha ormai raggiunto dimensioni enormi. Anche grazie all’intelligenza artificiale, che consente di perfezionare i messaggi testuali, audio e video con cui creare trappole ormai sempre più sofisticate.
In UK, circa il 40% delle denunce riguarda le frodi. In Italia, si sono contate 3,2 milioni di denunce per frode nel 2024 e si calcola che molte vittime abbiano preferito non denunciare. L’impatto emotivo, per loro, risulta spesso peggiore di quello monetario: la vergogna percepita porta a evitare di parlare di quanto è accaduto.
Ma si registrano impatti sul comportamento sociale e nella capacità di provare fiducia verso gli altri. E ristabilire la sicurezza e l’affidabilità dei servizi finanziari online è essenziale per il futuro del fintech.