Maggiordomo, assistente personale, consulente, tutor, persino avvocato o infermiere sono alcune delle metafore con cui viene definita l'intelligenza artificiale.
Sono tutte declinazioni della medesima idea: l'intelligenza artificiale come un interlocutore virtuale che, grazie alla comprensione del nostro linguaggio naturale, può renderci più facile la vita, cercando per noi le informazioni che ci servono.
Ne abbiamo parlato in un episodio del nostro podcast “#define banking”, di cui questo articolo è un adattamento testuale, con Gionata Fiorentini, CEO di Neuraltech, società proprietaria della soluzione specializzata Userbot.AI.
AG. L’intelligenza artificiale generativa è al centro della scena da mesi. Oggi ci concentriamo sui chatbot e sull’assistenza ai clienti. La prima generazione di queste soluzioni offriva un’esperienza utente piuttosto deludente. A che punto siamo, invece, con l'adozione dei chatbot avanzati di nuova generazione tra banche e assicurazioni? E quando vi confrontate con queste aziende trovate apertura o resistenza verso questo strumento?
GF. L'adozione di chatbot avanzati varia ampiamente a seconda delle specifiche istituzioni e soprattutto delle loro strategie digitali.
Le tecnologie di I.A. generativa oggi consentono esperienze profondamente diverse da quelle dei chatbot di prima generazione, che in effetti hanno anticipato, creando molta aspettativa, tecnologie che ancora non erano del tutto consolidate.
Oggi abbiamo modelli linguistici avanzati, che offrono interazioni molto naturali e comprensive. Sono in grado di comprendere il linguaggio perfettamente e quindi superano ogni limitazione dei chatbot di prima generazione.
Nel mondo, diverse grandi banche e compagnie assicurative hanno già implementato chatbot generativi per supportare il servizio clienti nelle operazioni quotidiane, ma anche per offrire qualcosa di più: consulenze personalizzate, oppure automazione di processi bancari.
Ti faccio due esempi. Per Bank of America è operativo da almeno sei mesi un chatbot di seconda generazione molto performante che si chiama Erica. JPMorgan Chase, invece, con Coin utilizza l’I.A. avanzata con diverse funzioni complesse.
Questi chatbot oggi possono svolgere un'ampia gamma di attività per quanto riguarda le esigenze dei clienti in modo rapido ed efficiente, migliorando appunto quella che l'efficienza operativa non è.
Non si parla di progetti fantascientifici: semplicemente, comprendono le richieste del cliente e offrono risposte più precise e contestualmente rilevanti.
La chiave di lettura è sempre la personalizzazione: grazie alla comprensione del linguaggio umano e, soprattutto, grazie alla capacità di analizzare enormi volumi di dati, si possono fornire soluzioni ad hoc che migliorano veramente il valore percepito dal cliente.
Chiaramente, c'è molta resistenza al cambiamento. Oggi stiamo parlando di settori in cui c’è spesso una cultura aziendale conservativa e, soprattutto, tra banche assicurazioni ci sono dei temi hard come la sicurezza, la privacy dei dati e, soprattutto, l’incertezza sull’efficacia dei nuovi strumenti rispetto a quelli tradizionali. Banche e assicurazioni devono usare tecnologie blindate, che forniscono risultati ineccepibili.
AG. Si sente spesso dire anche che il chatbot deve sgravare il contact centre da tutta una serie di attività di routine, insomma le domande più frequenti e ricorrenti, passando la palla ai colleghi umani solo per le richieste più difficili. Siamo già a questo livello in Italia?
GF. In Italia, l'adozione dei chatbot nell'assistenza clienti ha visto recentemente un'evoluzione significativa. Però la sofisticazione di questa interfaccia tra uomo e tecnologia, e l’integrazione di questi strumenti all’interno dell’azienda, variano notevolmente in base al settore merceologico.
Indubbiamente, finora la maggior parte delle aziende ha utilizzato i chatbot prevalentemente per gestire domande o attività ripetitive, consentendo agli operatori umani di concentrarsi sulle richieste più complesse o specifiche.
Non lo vedo come un limite. Come in una catena di montaggio, l’operatore fa i lavori più complessi, mentre quelli più ripetitivi o gravosi sono demandati ai robot. Questa applicazione consente agli esseri umani di concentrarsi su attività rilevanti.
Quindi sì, finora i chatbot operano nel primo livello di assistenza per filtrare le richieste e instradarle ai reparti appropriati, gestiti dagli umani. Si potrebbe, ovviamente, fare di più con le tecnologie attuali.
Stiamo lavorando da oltre un anno, in diversi settori, sull’automazione avanzata per gestire compiti complessi come il supporto tecnico, le richieste di rimborso, la gestione dei sinistri, la consulenza personalizzata. Sfruttando personalizzazione e analisi predittiva.
I chatbot usano la GenAI per comprendere le domande e rispondere in maniera naturale, ma contano su strumenti che analizzano i big data per fornire risposte personalizzate e incrociare ogni richiesta del cliente con le conoscenze e le informazioni aziendali.
Una Compagnia assicurativa italiana sta sviluppando chatbot per la gestione delle richieste di polizze, quindi un prodotto sempre personalizzato e molto complesso. Altre lavorano sulla valutazione e la gestione dei sinistri. L’innovazione più rilevante è però sempre la collaborazione tra uomo e macchina: non si può sostituire il rapporto umano, si sta semplicemente alzando l’asticella di quel primo livello di intervento del bot.
AG. Il chatbot parla costantemente con i clienti. Può diventare anche una fonte di informazioni, una sorgente di dati?
GF. Il chatbot da un lato fornisce un servizio ai clienti, ma dall’altro è un’interfaccia tra il mercato e l’azienda. E può avere un’efficacia enorme, simile alle imprese commerciali vecchio stile, che andavano a trovare il cliente e chiacchieravano con lui.
Il chatbot, secondo me, diventerà la principale fonte di informazioni per capire le esigenze degli utenti, i loro comportamenti e preferenze, per arrivare a capire le tendenze di mercato analizzando i partner.
Chiaramente, per valorizzare un chatbot come fonte di informazioni occorre strutturarsi in maniera opportuna. Bisogna analizzare i dati raccolti, monitorare le interazioni, individuare le domande più frequenti, le interazioni comuni, ma anche i punti di frustrazione nell’interfaccia uomo macchina.
Soprattutto, studiare pattern e trend nelle richieste per segmentare meglio gli utenti in base a interessi, comportamenti e preferenze. Associare una fase di analisi e feedback continuo è un processo aziendale fondamentale.
Oggi si possono creare voice chatbot che chiamano le persone, previo loro consenso, e avviano sondaggi oppure raccolgono richieste specifiche, individuando informazioni dettagliate sulle esigenze dei clienti.
AG. Quali attività potrebbero andare a svolgere i chatbot all’interno di banche e assicurazioni nei prossimi anni, sia a supporto della clientela, sia a servizio del personale interno?
GF. Con alcuni nostri clienti, tra i più sofisticati, abbiamo sviluppato progetti complessi in cui si interfacciano tra loro diversi chatbot. Alcuni dialogano con il cliente finale, altri con gli operatori della banca. La base dati è comune e condivisa e i chatbot si gestiscono come un’orchestra, passandosi la palla a seconda dell’interlocutore finale.
L’obiettivo è, chiaramente, arrivare a funzionalità sempre più avanzate, ad esempio una consulenza finanziaria personalizzata. I chatbot possono fornire consigli finanziari basati sulle abitudini dei clienti finali utilizzando algoritmi di intelligenza artificiale.
Per suggerire direttamente prodotti e servizi, ma anche per fornire informazioni al personale della banca. Qui abbiamo un progetto con un’altra banca. I personal banker, quando incontrano un cliente, propongono moltissimi prodotti: conti correnti, mutui, prestiti personali, soluzioni di investimento. Dietro ognuno di questi prodotti ci sono condizioni specifiche, costi e tassi da ricordare.
Ecco, noi abbiamo sviluppato un’interfaccia che consente al personal banker di rispondere precisamente alle domande dell’utente. Questi chatbot, in piena conformità alle normative, possono fornire continui improvement ai processi aziendali. Servirà integrarli costantemente con le tecnologie emergenti, come l’AI Generativa, l’analisi predittiva e i sistemi di apprendimento automatico. E dotarli di tutte le misure per proteggere i dati della clientela, verificarne l’identità e così via.