Il 2023 è stato l’anno del “ritorno” dei terminali POS tradizionali. Almeno per quanto riguarda PAX Technology, che degli Smart POS è il principale fornitore in Italia: in termini relativi, per ogni dispositivo Smart venduto, ne sono stati collocati due della generazione tradizionale.
Un rapporto di 1 a 2: una bella differenza rispetto al 2022, quando la proporzione era sostanzialmente di 1 a 1. «Questo fenomeno è una conseguenza di come le banche stanno segmentando la loro offerta verso i commercianti italiani – spiega Andrea Zucchiatti, Direttore Generale di PAX Italia.
Per una platea molto ampia di piccoli esercenti non si ritiene, oggi, che lo Smart POS sia uno strumento utile o, quantomeno, che offra un valore aggiunto sufficiente a sostenere un costo di acquisto maggiore».
L’App Store non conquista il piccolo merchant
Questa valutazione si basa su una serie di motivazioni e ha, ovviamente, delle potenziali conseguenze.
Una prima motivazione è la tipologia di offerta di applicazioni per Smart POS.
«L’industria ha scommesso su questi terminali per conquistare anche il piccolo merchant – precisa Zucchiatti – ma bisogna chiedersi quali applicazioni siano davvero utili a questa tipologia di esercenti. Realtà di dimensioni ridotte che, spesso, per il lancio di nuovi servizi si rivolgono al rivenditore locale di sistemi di cassa, con cui hanno un rapporto storico. È a questo interlocutore privilegiato che guardano prima di lanciare, ad esempio, un programma di loyalty».
La lenta crescita della cassa fiscale
In queste settimane, PAX sta mappando le applicazioni presenti nel proprio Store per comprendere l’offerta attuale, misurarne l’utilizzo da parte degli esercenti e ipotizzare nuove direzioni di sviluppo.
«Non abbiamo ancora completato l’analisi – premette Zucchiatti – ma noto la presenza di molte soluzioni di ticketing e APM, le versioni per Smart POS delle app per i buoni pasto, APP di diagnostica, qualche esperienza legata a donazioni e beneficenza. Vedo sicuramente un potenziale nell’abbinamento tra Smart POS e stampante per la cosiddetta “cassa fiscale”: se ne parla da diversi anni e i risultati sono cresciuti molto lentamente, ma credo sia comunque una occasione da cogliere».
I grandi retailer lavorano sulla customer experience
Un discorso totalmente diverso riguarda invece i grandi brand, dalla GDO al lusso, che hanno grande interesse al potenziale delle applicazioni ospitate dallo Smart POS.
«Però – osserva Zucchiatti – in questi casi il punto di partenza è il servizio a valore aggiunto che il retailer o il Solution Provider vuole implementare. Si parte da una soluzione ad hoc, con una customer experience costruita per quel brand, e i system integrator inseriscono le funzionalità di pagamento come fossero una commodity.
L’acquiring, il terminale e la gestione delle transazioni, in questi casi, stanno diventando una sorta di commodity».
Il limite di una rete non SMART
Questa minore spinta sullo Smart POS espone a possibili conseguenze in termini di manutenzione e di aggiornamento del parco macchine.
«Un beneficio dello Smart POS percepito dal mercato è la migliore gestione della manutenzione, dell’aggiornamento software e dell’assistenza remota – elenca Zucchiatti – e punteremo quindi sul miglioramento di questi servizi, così come dell’onboarding del nuovo merchant, guardando anche all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per adottare, ad esempio, modelli di manutenzione predittiva.
Un salto quantico rispetto al terminale tradizionale: e credo che il mercato ne percepirà i vantaggi. Anche perché se non rendiamo la rete più intelligente, in futuro avremo milioni di terminali di vecchia generazione, che rallenteranno l’adozione di servizi innovativi».
Self service e colonnine di ricarica sono “smart”
Lo Smart POS si conferma invece il punto di riferimento per i settori delle vendite unattended, dei distributori di carburanti fossili e della ricarica dei veicoli elettrici.
«Qui la facilità di manutenzione è un elemento vincente – osserva Zucchiatti – e chi sta sviluppando progetti innovativi, ad esempio in ambito EV-Charging, punta su tecnologie all’avanguardia e connesse.
Altri settori sono più indietro e sono ancora legati a terminali tradizionali, come i distributori automatici e i parcometri».
Il softPOS? Non è chiara la proposizione
C’è invece qualche perplessità per quanto riguarda il softPOS.
«L’offerta è appena stata lanciata e i numeri non sono significativi – premette Zucchiatti – ma non riesco bene a comprendere quale sia il target di questa nuova soluzione. Se i terminali tradizionali stanno tornando in auge, è anche perché sono dispositivi ben conosciuti dal merchant e il loro prezzo non è poi così lontano dai costi di integrazione di un softPOS.
Perfino l’onboarding del cliente via cellulare non è una novità: si può già fare con uno Smart POS. Vedremo dai numeri quale accoglienza ci sarà sul mercato, ma mi sembra che la reale proposizione di valore del softPOS non sia ancora chiaramente definita».
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.