L’entrata in vigore dell’obbligo di collegamento tra POS bancario e registratore telematico, al via il 1 gennaio del prossimo anno, è un appuntamento importante per i POS Android.
Da un lato, è un’occasione per il loro definitivo affermarsi sui terminali legacy. Dall’altro, c’è il rischio di ritrovarsi sorpassati da nuove soluzioni cloud-based, con un solo device che utilizza cassa e POS software.
«Per tutto il 2025 mi aspetto un passo in avanti delle vendite degli smart POS Android – afferma Andrea Zucchiatti, co-founder e General Manager di PAX Italia – anche grazie al progressivo calo del prezzo e al fatto che il mercato sta finalmente riconoscendo i vantaggi dell’accesso da remoto, che ha consentito di abbattere i costi di manutenzione riducendo al minimo gli interventi sul campo».
Perché Android è avvantaggiato
A fare la differenza è però soprattutto l’interfacciamento obbligatorio tra POS e cassa: dal punto di vista tecnologico, i terminali dotati di sistema operativo Android risultano favoriti.
«Molti prodotti nascono con un equipaggiamento di base che li rende pronti a diventare delle piccole casse – osserva Zucchiatti – anche se, naturalmente, non possono essere messi sul mercato con un prezzo mass market. Questi terminali integrano una componente software che genera scontrini fiscali e una di cassa. È inevitabile che un solo dispositivo, molto più evoluto, abbia dei costi maggiori, anche di manutenzione».
Ma c’è un modello alternativo
Sul mercato si stanno muovendo, ormai da qualche tempo, anche aziende, soprattutto startup, che puntano su un modello radicalmente nuovo, basato sul cloud. In cui il terminale è sostituito da un dispositivo molto semplice (in alcuni casi, persino lo smartphone personale) e tutto viene gestito da software nella nuvola.
«È un’offerta che può intercettare gli esercenti più giovani e digitalizzati – commenta Zucchiatti –, gli stessi che, probabilmente, oggi utilizzano già un mobile POS acquistato in autonomia, online o in un negozio. Parliamo, però, di una minoranza degli esercenti: moltissimi negozi, infatti, tradizionalmente si affidano in tutto e per tutto ai dealer».
Il ruolo dei dealer
Ecco, i dealer si trovano a doversi confrontare con due canali di vendita, quello tradizionale e quello più innovativo, che propongono soluzioni diverse allo stesso problema.
«Questo modello consolidato si trova a uscire dalla comfort zone – racconta Zucchiatti – e oggi non è semplice capire come evolveranno i ruoli. Ci vorranno diversi mesi prima che arrivi una soluzione di cassa software certificata sul mercato. E molte aziende stanno vendendo casse fiscali fisiche che integrano un modulo di pagamento, rimovibile in caso di guasto. In futuro, però, l’industria dovrà fornire prodotti adeguati a tutte le esigenze e bisogna tenere conto che il “single point of interaction” sarà anche un “single point of failure”: se non funziona la cassa, non funziona nulla».
Da qui la grande occasione, perché si stimano almeno 400mila punti vendita in cui l’attuale dotazione tecnologica rende problematico il collegamento tra cassa e POS.
Attenzione agli alternative payments
Anche il mondo dei payment service provider, e delle banche loro partner, si sta interrogando su come fare evolvere l’offerta. Con una ulteriore complicazione: bisognerà capire come gestire l’eventuale necessità di un secondo POS.
«Solo un terminale di pagamento può essere in collegamento fisico con la cassa – spiega Zucchiatti – gli altri devono essere in collegamento logico, in cloud. Questo complica ulteriormente la vita ai terminali legacy, ma pone anche il problema delle molte situazioni multiapplicazioni, compresi gli alternative payments. In questo caso, forse, emergerà la necessità di un protocollo multipagamento: anche qui, dovremo vedere come evolverà il mercato».
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di giugno 2025 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.