#DEFINE BANKING NEXT

Open Banking e Automotive: finanziamenti più rapidi e mobilità as a Service

Open Banking e Automotive Mobilità as a Service

Sara Fiorini, Business Owner dell’HUB di Customer Engagement per il mercato Finance Italy di CRIF

L’Open Banking è un tema al centro dell’attenzione ormai da diversi anni. Soddisfatti gli obblighi di compliance portati dalla PSD2, e in attesa dei perfezionamenti portati dalla futura PSD3, l’industria ha lentamente esplorato nuovi use case, anche di fronte alla crescita lenta, ma costante, delle operazioni legate all’Open Banking.

Alcuni di questi use case riguardano il settore dell’Automotive, al centro di una serie di trasformazioni, dalla mobilità elettrica alle abitudini di utilizzo dei clienti finali.

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Abbiamo fatto il punto sull’open banking in generale, ed esplorato questi use case, in un episodio del podcast “#define banking next”, che AziendaBanca realizza insieme a CRIF, con una intervista a Sara Fiorini, Business Owner dell’HUB di Customer Engagement per il mercato Finance Italy, di cui questo articolo è un adattamento testuale.

AG. L’Open Banking è un fenomeno in crescita lenta ma costante, che promette di cambiare le abitudini di gestione finanziaria e il rapporto tra il mercato del credito e i rispettivi clienti. Tra gli use case più interessanti dell’open banking ce ne sono alcuni che riguardano il settore automotive e la mobilità. Procediamo però per gradi e partiamo dalla base, anche per chi è meno esperto della materia. Sara, che cosa intendiamo per Open Banking?

SF. Per il mercato del credito, l'Open Banking è uno strumento regolamentato che permette di condividere i movimenti del nostro conto corrente con gli istituti finanziari che ne fanno richiesta, anche diversi dalla banca di cui siamo clienti, e permettere una valutazione del profilo creditizio e della loro solvibilità.

Prima di accedere ai movimenti del conto corrente di un cliente, la banca deve raccoglierne il consenso. Si tratta di una fase decisiva e che deve essere orientata alla semplicità. Attraverso pochi click, su pagine web dedicate e che garantiscono la sicurezza dei dati, il cliente seleziona la banca presso cui ha il conto corrente e inserisce le credenziali di accesso.

La connessione al conto viene realizzata mediante interfacce digitali, in gergo API, che permettono alle applicazioni delle due banche di parlarsi tra loro e scambiarsi informazioni.

Al di là di questi aspetti tecnici, quello che è importante sapere è che sono i consumatori e le imprese a possedere i dati relativi ai propri conti correnti, pertanto possono decidere di concedere l’accesso anche ad altri istituti finanziari per ottenere offerte di finanziamento e altri servizi personalizzati e su misura.

AG. Di Open Banking si parla da diverso tempo, sin dall’entrata in vigore di una importante direttiva europea sui pagamenti, la PSD2. Quali sono gli ultimi dati sull’Open Banking?

SF. Dalle analisi più recenti emerge che il valore globale dell’Open Banking, nel 2023, ha superato i 24 miliardi di dollari. Si può quindi parlare di una realtà consolidata.

L'Europa, in particolare, rappresenta oltre un quarto del mercato globale e si stima che entro il 2024, gli utenti di open banking supereranno i 63 milioni, con un aumento del 400% rispetto al 2020.

AG. Parlando dell’Italia, quali sono le peculiarità del mercato italiano rispetto ad altri Paesi e cosa osserva CRIF in questo contesto?

SF. Nel 2019, CRIF ha ottenuto la licenza come Account Information Service Provider (AISP) per poter offrire servizi di Open Banking, consentendo di accedere ai conti corrente di diverse banche (e non soltanto) sempre - lo ribadiamo - previo consenso formale da parte del titolare del conto. Questo permette di aggregare i dati di pagamento con lo scopo di offrire servizi a valore aggiunto al titolare del conto stesso, come ad esempio la valutazione del proprio merito creditizio, una gestione finanziaria più consapevole oltre a offerte personalizzate.

Analizzando i dati dei propri servizi di Account Aggregation, CRIF cura uno studio approfondito sulle dimensioni dell’Open Banking. In particolare, nel mercatoitaliano nel primo semestre 2024 si osservano passi avanti.

La tendenza è positiva, con un incremento degli utenti che fanno uso di Open Banking e riscontriamo una propensione sempre maggiore alla condivisione dei dati bancari proprio perché permette di migliorare la comprensione del profilo creditizio del cliente. Tra l’altro, questo si traduce anche in maggiore inclusione finanziaria per segmenti come i giovani o i nuovi lavoratori autonomi.

Rispetto all’anno precedente, le statistiche rilevano poi che il profilo dell’utente si sposta verso fasce di reddito e d’età più alte, aumentano ad esempio gli appartenenti alla Generazione X e i Baby Boomers. Inoltre, cresce l’utilizzo anche da parte chi è già inserito nel sistema creditizio, i cosiddetti “active to credit”, con il 15%.

Tuttavia, continuano a pesare i “new to credit”, cioè quelle persone che risultano nuovi clienti per il sistema creditizio. Per loro, che sono privi di una storia creditizia, l’accesso ai dati del conto corrente può fare la differenza e vediamo un tasso di successo superiore del 50% rispetto a chi, invece, ha già avuto a che fare con l’industria del credito.

Questi trend di crescita confermano che gli istituti finanziari stanno adeguatamente presentando la possibilità di condividere i dati del conto corrente come un elemento supplementare e complementare alle tradizionali informazioni sull’utilizzo di mutui e finanziamenti.

AG. Che cosa è emerso dall’analisi del profilo di rischio di questi clienti?

SF. Il profilo di rischio degli utilizzatori dell’Open Banking è stato calcolato tramite l’indicatore CRIF che aggrega la probabilità di insolvenza basandosi sui dati di Credit Bureau – parliamo dello score PERFORM – e segmenta i Clienti in area di rischio alto, medio o basso.

Dal Market Outlook 2024, sempre rispetto all’anno precedente, si legge una tendenza verso profili meno rischiosi, con una significativa differenza tra chi consente l’accesso a un conto corrente principale o uno secondario.

Risulta infatti che gli utenti che collegano un conto secondario, cioè che non viene utilizzato per transazioni regolari come l’accredito dello stipendio, presentano un profilo di rischio peggiore del 57% rispetto a coloro che condividono un conto primario.

Questo dato conferma che per una valutazione accurata bisogna guardare la significatività del conto a cui l’utente ha dato l’accesso. I conti con accrediti e transazioni ricorrenti e recenti forniscono informazioni dettagliate e affidabili e offrono una rappresentazione più precisa del comportamento finanziario degli utenti, che si riflette in una maggiore possibilità di determinarne la solvibilità e prevedere il rischio di default.

AG. Quindi abbiamo visto una crescita di fiducia verso l’open banking e un miglioramento della capacità del sistema finanziario di valutare l’affidabilità creditizia del cliente, specie per alcuni segmenti. Nell’edizione 2024 del Market Outlook è stato approfondito anche l’impatto di trend sul settore automotive. Che cosa è emerso?

SF. L'industria automobilistica sta beneficiando dell'Open Banking soprattutto nel campo dei finanziamenti auto.

Siamo stati tra i primi a fornire alle società finanziarie del settore automotive, le cosiddette captive, strumenti avanzati per analizzare in tempo reale i dati transazionali di conto corrente.

Il primo obiettivo era favorire la digitalizzazione e la rapidità dei processi di valutazione. Un esempio su tutti è stata l’eliminazione dalle check list di istruttoria della raccolta e analisi dei documenti di reddito, che ha ridotto i tempi di approvazione fino al 20%, senza cedere al rischio di frode.

L’effetto secondario, ma non per importanza per gli obiettivi delle captive, è stato ampliare il target di clienti eleggibili per il finanziamento, aumentando l’erogato totale.

Infatti, inserendo l’analisi delle movimentazioni di conto le valutazioni creditizie si sono fatte più precise, perché basate sulle reali abitudini di spesa e capacità di reddito dei clienti, permettendo alle captive di strutturare anche offerte di finanziamento e servizi accessori personalizzati.

Ne consegue che l’autorizzazione all’accesso ai dati del conto corrente abbia successo serve una customer experience efficace, rapida e trasparente. Tuttavia, non bisogna dimenticare il ruolo fondamentale che svolgono i dealer, cioè i concessionari, che restano attori fondamentali per la riuscita dell’operazione.

AG. Il settore dell’automotive attraversa un periodo di profonda evoluzione, con l’emergere di nuovi modelli di mobilità, come la Mobility as a Service. Come si inserisce l’Open Banking in questo cambiamento?

SF. L’automotive sta vivendo un passaggio importante che vede l’offerta degli operatori spostarsi verso un concetto più ampio di mobilità, la cosiddetta “Mobility as a Service”.

I dati da Open Banking possono offrire un supporto cruciale nel delineare nuovi modelli di servizio.

Partendo dai contenuti abilitati dall’Open Banking e con l’intelligenza artificiale è possibile creare dei profili di mobilità del cliente. Possiamo cioè usare i dati del conto corrente per analizzare nel dettaglio le spese, grazie al Categorizzatore CRIF e alle tecniche di test mining. Guardando a come un utente spende per trasporti pubblici, carburante, manutenzione dei veicoli e così via, posso collocare un cliente in alcuni cluster, come il “Frequent Urban Driver”, cioè chi guida di frequente e soprattutto in città, oppure il “Public Transport Addicted”, e quindi l’utente del trasporto pubblico.

Questi profili offrono alle aziende di mobilità la possibilità di proporre servizi maggiormente mirati e di ottimizzare le offerte in base alle effettive abitudini di spostamento dei clienti, ad esempio con abbonamenti personalizzati per opzioni di mobilità su misura, contribuendo peraltro anche a ridurre l’impatto ambientale.

Ed ecco come questa visione non solo promuove l’inclusione finanziaria ma supporta anche buone pratiche di sostenibilità, allineando l’offerta alle esigenze del cliente moderno attento alla propria impronta ambientale.