Al centro dell’attenzione per le possibili applicazioni in campo artistico, sportivo e ludico, i non fungible token potrebbero in realtà rivelarsi estremamente utili in ambito finanziario. Vediamo dove
Il 2021 verrà ricordato, per quanto attiene ai temi digital, come l’anno in cui è definitivamente esploso il fenomeno degli NFTs, i token non-fungibili - unici e non interscambiabili con altri token - rappresentativi di diritti su asset sottostanti, siano essi digitali o fisici.
Il boom del 2021
Per comprendere come si è sviluppato questo strumento nell’ultimo anno, è utile ricordare che la market capitalization degli NFTs è passata da meno di 100 milioni di dollari americani nel mese di febbraio 2021 a oltre 10 miliardi di dollari alla fine dello stesso anno.
Benché il concetto di NFT sia - quanto meno nell’immaginario collettivo - legato a doppio filo con il mondo dell’arte, gaming, sport e musica, l’utilizzo di questo strumento inizia a farsi strada anche nel campo più prettamente finanziario.
Rappresentare i diritti di credito verso terzi
Un prima forma di utilizzo in questo ambito si è tradotta nell’emissione di NFTs rappresentativi di diritti di credito verso terzi, offerti nel contesto di vere e proprie operazioni di cessione.
In sintesi i diritti di credito - portati da fatture o altri documenti comprovanti il diritto - vengono tokenizzati in modo non-fungible e offerti a potenziali acquirenti, sia istituzionali che privati. Tale modalità di offerta attraverso piattaforme centralizzate o decentralizzate a ciò dedicate consente:
- alle imprese di accedere agilmente ad un ampio mercato di possibili investitori;
- di poter sfruttare meccanismi automatizzati che gestiscono i flussi conseguenti all’adempimento del debitore;
- di parcellizzare, nel caso, il credito mediante frazionamento dell’NFT;
- in alcuni casi, di beneficiare di un mercato secondario per la successiva rivendita dell’NFT e del diritto di credito da esso rappresentato.
Tokenizzazione del credito a tutto tondo
Non è difficile immaginare che la tokenizzazione di diritti di credito in forma di NFT possa presto sbarcare in contesti ancora più ampi, come ad esempio le operazioni di cessione di NPLs, UTPs o le operazioni di cartolarizzazione, quali strumenti rappresentativi dei relativi diritti, dotati di un valore sia correlato all’asset sottostante che - in alcuni casi - di un proprio valore determinato dalle dinamiche di mercato.
Gli NFT come collateral
Proprio il fatto che agli NFTs è possibile attribuire un valore, in modo particolare per quelli scambiabili su marketplace che - consentendo l’incontro tra domanda e offerta - ne determinano un prezzo, ha dato vita ad una loro ulteriore forma di utilizzo, ovvero di collateral nell’ambito di operazioni di lending.
Tra i servizi messi a disposizione da alcune piattaforme, prevalentemente DeFi (decentralized finance) - ovvero quelle piattaforme decentralizzate che si pongono l’obiettivo di eliminare qualsiasi intermediazione nell’ambito di operazioni tipiche della TradFi (traditional finance) abbattendo i relativi costi e consentendo remunerazioni maggiori - uno dei più utilizzati è quello di lending e borrowing.
Si tratta di un servizio non differente da una forma di finanziamento. I partecipanti al mercato possono dunque mettere a disposizione liquidità (in forma di token) che le controparti possono prendere a prestito pagando un tasso di interesse calcolato algoritmicamente sulla base di diversi fattori.
La necessità di ricorrere al prestito solitamente è determinata dalla volontà dei partecipanti di ricevere liquidità da utilizzare per altre operazioni senza dover convertire altri token presenti sul wallet. La concessione in prestito della liquidità, secondo i canoni finanziari tradizionali, avviene a fronte della prestazione di una garanzia, che di norma è rappresentata da token fungibili ma che ultimamente ha visto il ricorso anche agli NFTs.
Le piattaforme consentono dunque ai richiedenti di liquidità di rendere visibili i propri NFTs che intendono costituire in garanzia, e ai prestatori di liquidità di concedere un determinato finanziamento in funzione dello specifico NFT offerto in garanzia. Una volta raggiunto l’accordo tra le controparti, l’NFT viene costituito in garanzia su un deposito escrow e, in caso di mancato adempimento del debitore, lo smart contract sottostante trasferisce automaticamente l’NFT al creditore dietro semplice richiesta.
Le criticità regolamentari non mancano
Questa breve panoramica sull’utilizzo degli NFTs quali strumenti di trade e credit finance mette in luce diverse criticità regolamentari e normative ancora irrisolte. Ad oggi, quanto meno nel contesto Europeo, gli NFTs sono strumenti non regolamentati che rimarranno tali anche quando entrerà in vigore il Regolamento MiCA (Market in Crypto-Assets Regulation) previsto nel 2024.
Questo regolamento mira infatti a disciplinare una serie di crypto-attività e gli obblighi e divieti - inclusi gli abusi e le manipolazioni di mercato - dei soggetti emittenti, offerenti e dei prestatori di servizi crypto (exchange, trading platforms, consulenti, custodians), escludendo tuttavia espressamente dal perimetro applicativo gli NFTs, salvo i casi in cui questi siano oggetto di frazionamento.
Il rischio di arbitraggio normativo
Vi è però da osservare che, anche ove gli NFTs fossero regolamentati, il loro utilizzo nell’ambito di piattaforme DeFi comporta un ulteriore elemento di complessità, ovvero l’individuazione della legge applicabile considerata la multigiurisdizionalità dei soggetti coinvolti e l’assenza di un vero e proprio gestore del mercato cui ancorare un criterio di individuazione della normativa di riferimento. Tale nodo, forse il più complesso da sciogliere, è paradigmatico per quanto riguarda la costituzione degli NFTs come collateral e il meccanismo di escussione automatica del pegno.
L’acquisizione della proprietà del bene costituito in pegno, se legittima in alcune giurisdizioni, è infatti ad esempio vietata in Italia per la regola del divieto di patto commissorio (salvo il caso in cui costituisca una garanzia finanziaria al ricorrere dei relativi requisiti). Ma, come detto, risulta particolarmente complesso determinare con esattezza se e per quali criteri possa o meno applicarsi una regolamentazione nazionale piuttosto che un’altra, il che determina una proliferazione dell’arbitraggio normativo, ovvero la scelta dello strumento (ad esempio, una piattaforma DeFi) che presenta maggiori incertezze normative, o elementi di particolare benevolenza, che consentano di sfuggire a regole più severe.
La sfida, in questa fase, è senza dubbio quella di trovare dei criteri di regolamentazione che da un lato garantiscano un fairness di mercato secondo un criterio di proporzionalità, e dall’altro non frenino lo sviluppo di un nuovo modo di accedere agli strumenti della finanza tradizionale.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di gennaio/febbraio 2022 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.