Essere un’azienda data-driven non è solo una sfida tecnica, ma soprattutto culturale: occorre comprendere il dato, saperlo analizzare e comunicare.
E, allo stesso tempo, tutti devono potervi accedere, in modo sicuro e nel rispetto della privacy.
«Nel mondo finanziario, e in particolare in quello bancario, disporre di dati correttamente consolidati, organizzati e accessibili dalle varie funzioni di business è fondamentale sotto molteplici aspetti – racconta Alessandra Girardo, General Manager Italia di Kirey Group.
Il decision-making e le strategie di approccio al mercato sono i primi ambiti coinvolti, ma temi quali la compliance normativa, la multicanalità, la prevenzione delle frodi e persino la sostenibilità ambientale sono egualmente correlati alla trasformazione in ottica data-centric delle aziende finanziarie».
Un nuovo mindset
Tuttavia, il passaggio a un business model fondato sui dati non può essere univoco e predefinito per tutte le banche ed è evidente come siano necessari presupposti tanto culturali quanto tecnici per sfruttare il vero potenziale del dato.
La data-driven transformation richiede un approccio integrato, dove evoluzione tecnologica, culturale e organizzativa procedono di pari passo.
Ad esempio, «non si può prescindere dall’implementare architetture moderne di data management, che coprano trasversalmente tutta l’organizzazione, integrino sorgenti di dati strutturati e non, disponendo – spiega Girardo – di metadati completi e descrittivi che facilitino la ricerca».
Ma questi iter, tra loro intersecati, devono convergere nella creazione di una vera e propria “data culture” che sostituisca meccanismi consolidati, ovvero gli approcci intuitivi e quelli basati sull’esperienza, con un vero e proprio metodo analitico che valorizza appieno il dato all’interno del contesto aziendale.
«Questo significa anche saper andare oltre le tradizionali metodologie di impiego dei dati per realizzare una vera e propria opera di trasformazione del mindset», continua Girardo.
I dati non servono solo a “decidere”
Il valore estratto dai dati non si riduce solo a processi di decision-making, perché in un’organizzazione guidata dal dato, questo migliora i processi e le relazioni interne ed esterne, oltre a supportare l’individuazione di opportunità di innovazione e sviluppo di nuovi prodotti, servizi e anche modelli di business.
«Sono decenni che le aziende basano le decisioni più importanti su evidenze numeriche, ma ogni analisi era gestita a sé e presupponeva l’intervento diretto dell’IT per identificare i dataset corretti, acquisire le informazioni, operare le opportune modifiche, fare correlazioni, analizzare e creare una reportistica dedicata – osserva Girardo.
Se l’approccio tradizionale è percorribile per le decisioni più importanti della vita di un’azienda come, ad esempio, una fusione, non lo è di sicuro per quelle di ogni giorno, su cui si basano anche la produttività, le relazioni interne ed esterne, le vendite, la redditività e la competitività di impresa».
La diffusione orizzontale del dato
Essenziali per raggiungere lo scopo e prendere decisioni supportate dai dati sono tre elementi chiave: rendere accessibili le informazioni dell’azienda, a seconda di esigenze, ruoli e necessità; abilitare analisi in tempo reale; attivare modalità di accesso e di analisi self-service, assicurando così un accesso democratico alle informazioni.
«Si chiama “data democratization”, un processo che mira a garantire che ogni dipendente possa accedere istantaneamente ai dati necessari per prendere decisioni informate, che spaziano dalla definizione del prezzo di vendita di un prodotto alla scelta della quantità di materie prime da acquistare – chiarisce Girardo.
Questo consente di potenziare le capacità individuali, derivanti da esperienza e competenza, con informazioni solide e di valore».
Data literacy per una comprensione diffusa del dato
Se da un lato, quindi, tutti i dipendenti devono poter accedere alle informazioni in funzione del loro ruolo e delle esigenze specifiche, dall’altro, devono anche avere le competenze necessarie per comprendere, leggere, analizzare e comunicare i dati in modo efficace.
«Sarà dunque necessario avviare un percorso di data literacy, che richiede formazione e sviluppo, personalizzazione dei percorsi sulla base delle esigenze dei singoli professionisti o dei team, accesso generalizzato ai cataloghi di dati e agli strumenti di analisi e, ovviamente – prosegue Girardo –, la promozione di una mentalità all’avanguardia».
I syntethic data per democratizzare i dati in modo sicuro
Infine, con una politica di accesso diffuso ai dati, la sicurezza e la privacy dei dati sensibili sono naturalmente centrali.
«Si possono adottare molte tecniche, tra cui i controlli per l’accesso ai sistemi, la crittografia sui dati in transito e at rest, impiegare tecniche di data masking per nascondere informazioni sensibili, o ancora procedure adeguate alla cancellazione sicura delle informazioni non più utili all’azienda – elenca Girardo.
I dati stessi devono rispondere a precisi criteri: devono essere reperibili (findable), accessibili (accessible), interoperabili (interoperable) e riutilizzabili (reusable).
E in questo contesto i syntethic data possono trasformarsi in una leva fondamentale per democratizzare i dati attraverso un accesso sicuro e responsabile alle informazioni utili, senza compromettere la privacy o la confidenzialità».
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di novembre 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.