Nexen Business Consulting analizza gli attuali punti di forza e di debolezza del possibile Digital Euro in arrivo.
L’Euro digitale non rimpiazzerà il contante. Almeno, non è questa l’intenzione della BCE, che punta piuttosto a «creare un sistema nuovo, sicuro e inclusivo – afferma Matteo Artuso, Manager di Nexen Business Consulting e Customer & Credit Management – che abiliti servizi digitali per tutti, anche per chi è ai margini dei circuiti di pagamento. Inoltre, l’Euro digitale semplificherà il rapporto con la P.A. e le politiche fiscali, darà impulso allo sviluppo digitale del Paese e semplificherà le attività commerciali e transfrontaliere, oltre a offrire un’alternativa a una finanza completamente decentralizzata priva di ogni forma di tutela».
Verso una nuova banca commerciale
Nell’era delle CBDC, le banche commerciali dovranno cambiare passo. «Dovranno focalizzarsi sulla relazione con i clienti e valorizzare il portafoglio dei servizi offerti – osserva Artuso. Sarà quindi indispensabile trovare nuove forme di partnership, con fintech e grandi player tecnologici. Inoltre, le banche commerciali potrebbero ricoprire un ruolo centrale nella lotta al riciclaggio e al finanziamento illecito, nonché diventare il partner privilegiato per le istituzioni nella gestione delle politiche sociali, beneficiando di minori vincoli normativi grazie alla natura più sicura del denaro e della sua tracciabilità».
Dov’è il rischio?
Accanto ai vantaggi, ci sono i rischi. «Per ipotesi estrema, l’idea che il danaro possa essere programmato potrebbe mandare in pensione tutti i verticali del core banking bancario tradizionale – ipotizza Artuso –, sostituiti da un unico registro in cui il denaro, inteso come contratto, definisce le regole di un prestito, di un investimento e monitora il rispetto delle condizioni».
I punti deboli del Digital Euro
Tre i punti deboli attuali del Digital Euro.
In primis, l’equilibrio tra controllo, per fini quali l’antiriciclaggio, e l’anonimato tipico del contante. «Un eccessivo controllo delle autorità istituzionali – spiega Artuso – provocherebbe danni in caso di cyber attacco e potrebbe indurre a un rigetto, dando ulteriore spazio a soluzioni di finanza decentralizzata».
Poi c’è il rischio dell’out of service, nel caso di malfunzionamenti alla rete, ai dispositivi o di blackout elettrico, che richiede una corretta gestione delle transazioni offline.
Infine, c’è un rischio di dispendio energetico, in quanto è necessaria un’enorme mole di dati e di energia per sfruttare la blockchain. «Se gli ultimi due punti sono tecnologici – precisa Artuso –, la decisione della BCE e dei governi sul primo decreterà il successo dell’Euro digitale».
I pagamenti transfrontalieri
Con l’ingresso del Digital Euro si pone anche il dubbio sulla gestione dei pagamenti transfrontalieri. «Al momento l’ipotesi più accreditata tra CBDC di differenti banche centrali è utilizzare un’architettura wholesales, ovvero gestire la differenza tra il flusso in entrata e uscita in un dato periodo di tempo (es. a fine giornata) – conclude Artuso –, lasciando al registro di ogni banca centrale, e quindi del danaro stesso, la tracciatura delle singole transazioni, che sarebbe nativamente gestito dalle banche centrali con vantaggi per gli utenti in termini di costi, garanzie e velocità dell’operazione».
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di gennaio/febbraio 2022 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.