SCENARI

Embedded Finance: prossima fermata. Quale ruolo per banche e assicurazioni?

embedded finance

Richiedere un prestito mentre si fa un acquisto di e-commerce, oppure sottoscrivere una polizza assicurativa mentre si compra un biglietto aereo, senza passare dalla app della banca o della compagnia.

È l’embedded finance, ovvero il collocamento di un prodotto finanziario all’interno di un’esperienza di acquisto con un operatore non finanziario, che apre alle banche e alle assicurazioni un ulteriore canale di distribuzione digitale.

I consumatori vorrebbero l’embedded finance?

Gli utenti italiani sono interessati a questa formula: il 65% prenderebbe in considerazione di acquistare una polizza in logica embedded, il 53% valuterebbe di ottenere un piccolo finanziamento da un operatore non finanziario in modalità embedded mentre pochi, almeno per il momento, gli affiderebbero la gestione dei propri risparmi (22%, dati Osservatorio Fintech&Insurtech).

Il ruolo centrale dei “distributori”

Gli Stati Uniti fanno da apripista in questo mercato: nel 2021 l’embedded finance ha fatturato 20 miliardi di dollari e, secondo le stime di McKinsey, questo mercato potrebbe raddoppiare nei prossimi 3-5 anni.

Ma la formula embedded ha trovato posto in ambienti precisi: all’interno di piattaforme digitali che contano su una massa critica di clienti finali, consumatori ma anche imprese, con cui hanno interazioni frequenti, se non addirittura quotidiane, che McKinsey definisce “distributori”.

Si tratta quindi di marketplace oppure compagnie telefoniche o ancora retailer, che offrono servizi finanziari all’interno delle loro piattaforme.

I prodotti più tradizionali...

La domanda si concentra principalmente su una serie di prodotti ben precisi: depositi, pagamenti, issuing e lending. Secondo McKinsey, i prodotti adatti a una offerta embedded potrebbero rappresentare fino al 50% dei ricavi bancari nel futuro, grazie anche alla spinta tecnologica che porterà a digitalizzare sempre più soluzioni e servizi ma, soprattutto, ad affinare le tecniche di analisi del rischio di credito in tempo reale.

… e i nuovi use case

Ma stanno emergendo anche nuovi casi d’uso: sulle piattaforme degli operatori non finanziari, infatti, sono distribuite anche carte prepagate per i dipendenti legate a programmi di welfare, oppure vengono messi a disposizione soluzioni di pagamento istantaneo per i commercianti, o ancora carte prepagate per i lavoratori della gig economy, da utilizzare per fare acquisti direttamente sulla piattaforma del distributore.

I protagonisti: distributori, fintech...

Nato nell’era open, l’embedded finance richiede inoltre la collaborazione di più attori. I distributori, infatti, si affidano sempre a due provider per l’evoluzione dell’offerta: da una parte le fintech, o comunque i provider di tecnologia, che mettono a disposizione le piattaforme da personalizzare attraverso le quali distribuire i prodotti di embedded finance.

Alcune fintech si sono specializzate in ambiti precisi, come la statunitense Marqeta, che si concentra sull’emissione delle carte di pagamento, altre invece hanno un’offerta più ampia che include depositi, trasferimenti di denaro e prestiti, come ad esempio Unit, Bond e Alviere, sempre oltreoceano.

… e banche

Dall’altra parte, invece, ci sono le banche e gli operatori con licenza bancaria, che costruiscono questi prodotti embedded, irrobustiti da servizi di analisi e valutazione del rischio.

Negli Stati Uniti spesso gli operatori finance collaborano con il fintech per integrare direttamente sulle piattaforme dei distributori questi servizi: pensiamo a Stripe, che in partnership con Goldman Sachs e altre banche, permette di integrare servizi finanziari nei marketplace delle terze parti.

Ma alcune realtà, invece, hanno scelto di costruire in casa la tecnologia necessaria alla distribuzione di prodotti embedded, senza ricorrere quindi a un partner tecnologico, come fatto da Cross River Bank e Banking Circle, per citarne alcune.

Il valore? È per chi rischia di più

Ma tra tutti questi attori, chi guadagna dall’embedded finance?

Come nel settore bancario in generale, guadagna chi rischia di più. Nei prodotti di credito embedded, quindi, sono le banche, o gli operatori con licenza finanziaria, che si fanno carico del rischio di default di un consumatore e ne ottengono di conseguenza il maggior ricavo (in media il 55%, secondo le stime di McKinsey).

Discorso diverso, invece, su prodotti come pagamenti e depositi, dove chi tiene le redini della relazione con il consumatore conquista anche la maggiore fetta di ricavi, l’ultimo miglio quindi premia, ma solo su precisi ambiti di offerta.

Alla conquista del mercato

Quando approdano nel mondo dell’embedded finance, i distributori seguono un iter ben preciso: inizialmente offrono i prodotti meno rischiosi, come depositi e pagamenti, per estendere l’offerta anche a prestiti e finanziamenti solo in un secondo momento.

Difatti, depositi e pagamenti sono un’ottima rampa di lancio, in quanto offrono ai distributori nuove entrate, contribuiscono a consolidare la relazione con i consumatori, o conquistarne di nuovi, e soprattutto offrono l’accesso a una seri di dati e informazioni sul cliente finale che possono essere sfruttati per fare evolvere l’offerta verso prestiti e prodotti con più marginalità.

Anche i fornitori di tecnologia seguono uno schema preciso quando si avvicinano all’embedded finance: l’obiettivo è naturalmente acquisire una quota sempre maggiore di ricavi andando a inserirsi lunga la catena del valore. Nel settore dei prestiti, ad esempio, stanno cercando di aumentare le loro entrate ideando soluzioni che permettono di condividere il rischio, magari attraverso accordi di riacquisto dei prestiti bancari.

Che cosa ci vuole per vincere nell’embedded finance?

Per vincere nell’universo della finanza incorporata è necessario differenziare prodotti e servizi, sottolinea McKinsey, e propone tre modalità di differenziazione del business: la ampiezza del prodotto, la profondità del prodotto e, infine, il supporto allo sviluppo delle piattaforme.

Espansione del prodotto

La prima strategia di differenziazione, ovvero quella relativa alla ampiezza del prodotto, è già in uso presso i distributori: come abbiamo spiegato in precedenza, le piattaforme inaugurano i primi servizi di embedded finance partendo da servizi di accettazione dei pagamenti e depositi per poi estendere l’offerta a prodotti più complessi, e anche più rischiosi, come i prestiti per andare incontro alle esigenze della clientela.

McKinsey usa l’inglesismo “land-and-expand” per sintetizzare questo approccio: i distributori, di fatti, approdano su questo mercato e poi si espandono in termini di offerta, a volte affidandosi a un solo partner tecnologico per creare uno one-stop shop dove trovare più prodotti di embedded finance, altre volte stringendo accordi con più fornitori per evitare il rischio di dipendere da un unico vendor.

Specializzazione del prodotto

Alcuni operatori finanziari e fintech, inoltre, si stanno specializzando in precisi ambiti dell’embedded finance, come ad esempio l’issuing, con l’obiettivo di conquistare quote di mercato in settori di nicchia.

Sviluppano quindi casi d’uso innovativi, come i trasferimenti in tempo reale sulle carte di pagamento oppure abilitando le transazioni con criptovalute, per conquistare con nuovi prodotti finanziari i clienti finali.

Tuttavia, con il passare del tempo e l’aumento della richiesta di prodotti embedded, questi player dovranno iniziare a guardare anche all’ampiezza della gamma prodotti, per evitare di restare marginali nel mercato.

L’assistenza e le competenze per l’integrazione

Per costruire, vendere e anche dare assistenza ai consumatori sui prodotti offerti tramite embedded finance è necessario avere le giuste competenze, che molti distributori hanno raramente in casa, e sapere fronteggiare rischi normativi e reputazionali legati al collocamento dei prodotti finanziari, in particolare modo i prestiti, che non sono certo il pane quotidiano di chi non lavora nel solco del Finance.

Per navigare in acque più sicure, molti fornitori di tecnologie embedded hanno quindi iniziato a offrire anche servizi di supporto alla vendita o di gestione del rischio, alleandosi anche con altri partner che hanno già forti competenze.

Un’altra via, quindi, per differenziare e conquistare il mercato nel lungo periodo.

Dove competere?

A vincere nell’embedded finance saranno quindi i player che sapranno differenziare l’offerta, offrire tecnologia e competenze, oltre che valorizzare la relazione con i consumatori.

Le banche rivendicano naturalmente un posto in questo mercato ma serve definire una strategia ben precisa per avere successo.

In primo luogo, secondo la società di consulenza, bisogna identificare il campo di battaglia: dove competere, insomma, ed evitare anche un possibile rischio di cannibalizzazione.

Tutte le banche, anche quelle dalla vocazione territoriale, che contano su relazioni consolidate con la loro clientela, hanno grandi possibilità di crescita, secondo McKinsey, soprattutto di intercettare nuove fonti di ricavo attraverso l’offerta di depositi ma anche con servizi più complessi, come appunto i prestiti.

Ma attenzione al fintech, perché è approdato nell’embedded finance con i pagamenti ma punta a espandersi tramite prodotti che sono da sempre nei cataloghi delle banche, soprattutto il credito.

Cosa manca ai distributori: tecnologia e...

Seconda discriminante è la tecnologia. La PSD2 e l’open banking dettano quella necessaria apertura alle terze parti che, tramite API, dovrebbe semplificare l’esperienza seamless e integrata che si vuole offrire attraverso l’embedded finance.

Ma le banche dovranno anche abituarsi a svolgere un ruolo ancillare, di distributore, rinunciando in parte alla relazione con il cliente finale, che si relazionerà direttamente con la piattaforma o il marketplace che avrà il compito di offrire i prodotti bancari.

… competenze per affrontare il rischio

Altra occasione per le banche, insieme ai vendor tecnologici, è poi quella di sopperire alla mancanza di competenze e tecnologie dei distributori necessarie per creare e vendere prodotti finanziari, controllando il rischio e mantenendosi allineati con le normative.

Largo, dunque, a banche dall’animo tecnologico, a fintech e player del mondo dei pagamenti che vogliono investire e collaborare nell’embedded finance per conquistarsi una fetta di ricavi in questo mercato in rapida evoluzione.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2023 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop