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Boom AI: attenzione ai consumi dei data center

consumi data center

La promessa (o minacciata) “rivoluzione” dell’intelligenza artificiale ha bisogno di data center. La crescita degli algoritmi e dell’industria dell’IA sta infatti facendo aumentare la “fame” di potenza di calcolo e capacità di archiviazione. Il tutto, ovviamente, in piena sicurezza.

Il ruolo essenziale dei data center si incrocia anche con un ricorso sempre più consolidato al cloud. Come noto, il GDPR e la normativa relativa a settori strategici, come appunto quello finanziario, prevedono limiti all’uscita dei dati dai confini dell’Unione Europea.

Dal punto di vista energetico, i data center pongono una sfida molto interessante. Richiederanno sempre più energia per funzionare. E il costo di quell’energia dipenderà anche dal luogo in cui si trovano.

Consumo raddoppiato in pochi anni

Nel 2023, ci dicono i dati di Oppenheimer & Co Inc, il consumo energetico globale dei data center ha raggiunto i 60 GW. Entro il 2027 sarà più che raddoppiato, a quota 122 GW secondo le previsioni. Un boom legato alla maggiore potenza richiesta dall’intelligenza artificiale.

Non si tratterà solo (si fa per dire) di fornire ai data center tutta l’energia di cui avranno bisogno, ma anche di reperirla a un prezzo conveniente. E, a meno di improvvisi cambi di direzione nelle politiche europee dopo la tornata elettorale 2024, anche di garantirne la provenienza da fonti di energia rinnovabile.

A questo dobbiamo aggiungere il calore generato dai data center, ancora una volta in seguito all’elevato carico di lavoro svolto dall’intelligenza artificiale, che andrà compensato installando più apparecchiature di ventilazione e condizionamento dell’aria.

L’hardware terrà il passo con il software?

L’hardware evolverà certamente e darà una mano nel trovare risposte e soluzioni a questo problema: ma potrebbe farlo a velocità minore rispetto alla galoppata dell’AI.

La densità dei server, ad esempio, sta aumentando fino al punto di superare la capacità di raffreddamento dei sistemi ad aria in uso nella maggior parte dei data center. E andranno valutate tecnologie differenti, a liquido.

E questo è un problema per i servizi finanziari. La cui impronta carbonica è ovviamente minore rispetto all’industria, ma non per questo possono sottovalutare il crescente impatto ambientale che la loro attività potrebbe avere, proprio a causa della digitalizzazione.

L’impatto è ancora limitato

Il Digitalization & Decarbonization Report 2023 di Energy&Strategy (School of Management del Politecnico di Milano) traccia uno scenario più roseo.

Sì, i dati IEA confermano un workload globale dei data center aumentato del 340% tra il 2015 e il 2022, ma i consumi sono cresciuti al massimo “solo” del 70%. E, tutto sommato, i data center nel 2022 pesavano per l’1% del consumo energetico totale e per lo 0,5% delle emissioni.

Quattro cantieri per il net zero

Ma questi dati saranno comunque in crescita e l’obiettivo dovrebbe essere il net zero.

Energy&Strategy identifica quattro ambiti di lavoro: l’approvvigionamento di energia elettrica da fonte rinnovabile, con un certo interesse per i PPA; la decarbonizzazione della generazione di backup, iniziative a supporto della rete e ottimizzazione dei sistemi di cooling.

L’adozione del free colling, combinato all’aumento delle temperature all’interno delle sale server, secondo E&S, è ormai diventato uno standard, grazie ai tempi molto ridotti di ritorno dell’investimento.

Il riutilizzo del calore di scarto in Italia è poco interessante, vista la scarsa diffusione delle reti di teleriscaldamento.

L’investimento di Octopus

Così non è, invece, altrove. A gennaio 2024, ad esempio, Octopus Energy ha investito 200 milioni di sterline in Deep Green, azienda britannica che sta sviluppando una tecnologia per il riutilizzo del calore dei data center.

La soluzione è già in uso e permette di non sprecare il calore generato da data center ma, anzi, di utilizzarlo per fornire gratuitamente calore a organizzazioni con un elevato consumo energetico.

Ad esempio, una piscina pubblica nel sud dell’Inghilterra ha dato un taglio del 60% alla propria bolletta per il riscaldamento. Ovviamente, il data center in questione viene installato in loco. E quindi sì, nel caso, anche in una piscina.

Il data center nella diga

È noto l’interesse dell’industria alla possibilità di collocare i data center all’interno di centrali, specie idroelettriche, proprio per ottimizzare i consumi.

Un’idea nata con le criptovalute, per ridurre le spese energetiche collegate al mining, ma che torna sicuramente utile anche per l’intelligenza artificiale.

I canoni crescono a doppia cifra

Secondo CBRE, il canone di noleggio di un data center è cresciuto in media del 18,6% nel corso del 2023. E le previsioni per il 2024 sono di un ulteriore incremento a doppia cifra, che verosimilmente proseguirà anche nei prossimi anni, in parallelo con l’affermarsi dell’intelligenza artificiale.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di giugno 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop