Nel già affollato scenario degli strumenti di pagamento, ci sono tre novità (pur in fasi molto diverse di sviluppo) che si candidano a un ruolo da protagonista: il bonifico istantaneo, l’Euro digitale e gli e-money token (EMT), cioè Stablecoin ancorate a valute fiat.
In un episodio del nostro podcast #define banking, di cui questo articolo è un adattamento testuale, abbiamo chiesto all’avvocato Andrea Pantaleo, dello studio legale DLA Piper, quale strumento abbia il maggior potenziale. E lui non ha dubbi: è l’e-money token.
AG. C’è quasi una corsa a tre per essere lo strumento futuro di pagamento. Quelli che MiCAR chiama e-money token, cioè Stablecoin ancorate a valute fiat. Poi abbiamo l’Euro digitale, o comunque una valuta digitale di banca centrale, spesso abbreviata in CBDC (dall’inglese Central Bank Digital Currency). E, infine, gli instant payment. Quale di questi è in una posizione di vantaggio?
AP. Non nascondo che sono un sostenitore di quelle che hai chiamato Stablecoin, in termini più corretti e-money token. A mio avviso, rappresentano il futuro dei pagamenti. E questo per i vantaggi che portano agli emittenti e, quindi, alle banche e agli istituti creditizi.
Rispetto a Euro digitale e bonifici istantanei, infatti, gli EMT permettono una gestione efficace della liquidità. Una CBDC, difatti, per una banca equivale al contante. Le banche sono preoccupate di dover gestire questa forma digitalizzata di euro che è una emissione di fatto, una liability, di Banca Centrale.
Una banca commerciale, nel gestire questa forma di pagamento, non acquisisce riserve, a differenza di quanto accade con i depositi bancari classici. L’istituto finanziario sostiene dei costi di struttura per gestire la CBDC, ma dall’altro non acquisisce riserve e si espone a problemi maggiori di liquidità.
Il bonifico istantaneo ha altri problemi. Oggi, con i bonifici ordinari, le banche riescono a gestire la tesoreria in modo flessibile, in base ai giorni di valuta, grazie al periodo di tempo che trascorre tra l’ordine e l’effettivo accredito dell’importo bonificato. Con l’instant payment, invece, questa flessibilità viene meno a causa di una tempistica molto ristretta. E ci sono anche dei rischi collegati ad attività fraudolente, oppure a pagamenti erronei.
Queste debolezze di CBDC e bonifici istantanei sono invece risolte dai token di moneta elettronica. La loro emissione avviene infatti a fronte di un conferimento di liquidità: l’emittente acquisisce moneta fiat che deve necessariamente riservare, impiegandola per attività di investimento, generando redditività di lungo-medio periodo. Gli EMT sono poi programmabili e sono quindi flessibili, permettendo di tracciare il loro utilizzo. Possiamo quindi dire che i punti di debolezza di CBDC e bonifici istantanei sono quelli di forza degli EMT.
AG. Alcuni Paesi del mondo sono molto più avanti dell’Unione Europea sul fronte delle CBDC. Che cosa stiamo imparando da queste esperienze?
AP. Nel mondo ci sono diversi livelli di avanzamento lavori. Pochissimi paesi, che definirei minori, hanno già implementato una forma di valuta di banca centrale digitale. Altri la stanno ancora sperimentando a vari livelli.
Oggi, l’utilizzo concreto e reale resta marginale e si stanno facendo soprattutto test per capire che vantaggi offrono e quali problemi pongono. Un nodo fondamentale è quello della privacy, che sicuramente sta suscitando le maggiori preoccupazioni per quanto riguarda gli utenti. La tracciabilità dei pagamenti e dell’utilizzo della propria disponibilità economica è una delle aree di attenzione principale.
Un altro limite riscontrato è l’interoperabilità. L’infrastruttura su cui si appoggia una CBDC deve essere sufficientemente flessibile per interagire con le infrastrutture delle altre valute. Si rischia, altrimenti, di vedere forti limitazioni all’utilizzo e alla diffusione: se una CBDC serve solo ai pagamenti retail, e non per le transazioni finanziarie, questo giocherà a suo svantaggio.
AG. Tra le novità dell’amministrazione Trump negli Stati Uniti c’è il deciso “no” del nuovo Presidente al dollaro digitale. Tutto questo a vantaggio delle Stablecoin e del mondo crypto che, almeno nelle prime settimane, ha beneficiato di una sorta di “effetto Trump”, poi rientrato. Dopo il “no” degli USA al dollaro digitale, le prospettive di un Euro digitale sono più forti, più deboli, oppure invariate?
AP. Non mi sembra che la strategia europea sia cambiata molto. I tavoli di discussione dei progetti sono avviati da tempo e continuano a evolversi, si sta studiando anche una piattaforma di settlement di transazioni finanziarie mediante euro digitale, qualcosa di fondamentale per l’efficace diffusione di una CBDC.
Per quanto riguarda l’ostracismo di Trump verso il dollaro digitale, questa presa di posizione molto forte, a mio avviso, mira a spostare le liabilities dalla Banca Centrale americana a soggetti privati. I quali, a fronte dell’emissione di Stablecoin, dovranno investire le proprie riserve, probabilmente in Treasury bond americani. Di fatto, sostenendo anche l’economia del Paese. Credo che la logica sia questa.
AG. Per quanto garantito da una valuta FIAT, un EMT è, di fatto, una moneta emessa da un’azienda privata. Questa “privatizzazione della valuta” pone dei rischi?
AP. Non posso negare che esistano dei rischi, questo è evidente. All’emissione di un EMT significativo, in base alla normativa MiCAR, bisogna depositare almeno il 60% delle riserve presso istituti bancari europei. In questa dinamica c’è in primis un problema di risk appetite delle istituzioni finanziarie europee: vogliono tenere riserve nei confronti di emittenti di EMT? Poi c’è un rischio di controparte.
Per quanto sia previsto l’onere di diversificazione nei depositi verso istituzioni bancarie europee, a cui si aggiungono i sistemi di salvaguardia, di monitoraggio della stabilità delle istituzioni finanziarie, è chiaro che possono esserci degli shock per gli EMT rilevanti. Penso, ad esempio, a riscatti di massa, con conseguente problema di liquidità, visto l’attuale meccanismo di riserva frazionaria. Le banche possono infatti tenere a riserva solo una frazione dei depositi che ricevono dall’emittente di EMT, impiegando il rimanente per erogare credito. Ecco, penso che in futuro occorrerà un allineamento tra il sistema di riservazione bancario e quello degli emittenti di e-money token.
AG. Diverse grandi aziende stanno investendo in EMT, sperimentando in molti casi l’emissione di un proprio token. Perché lo stanno facendo? Che vantaggi vogliono cogliere?
AP. C’è sicuramente uno spirito di sperimentazione molto interessante. Si testano le nuove soluzioni per capirne le possibilità e saggiare la reazione del mercato. C’è poi un elemento di marketing e di business, che risiede nella possibilità di customizzare le caratteristiche dei token per soddisfare alcune esigenze. I token su DLT sono programmabili nelle più svariate maniere e questo offre vantaggi di competitività.
Posso offrire delle funzionalità che altri strumenti non hanno, ad esempio, in termini di modalità di utilizzo, di protezione dei diritti degli utenti. Penso alla possibilità di contrastare le frodi e i pagamenti erronei. L’approccio è ancora un po’ timido, ci sono delle sperimentazioni in corso ma penso che la strada futura sia tracciata e andrà in questa direzione.
AG. C’è poi il bonifico istantaneo. Uno strumento già in uso e “nativamente bancario”, evoluzione del classico bonifico, che sta diventando di fatto il nuovo standard. Il bonifico instant, secondo te, è in grado di competere con EMT e CBDC?
AP. Secondo me, in termini di tempistica sta acquisendo un vantaggio molto rilevante. È già conosciuto e utilizzato e lo sarà sempre di più. Con la nuova regolamentazione, i bonifici istantanei devono costare lo stesso prezzo di quelli ordinari. E questo sta portando a un innalzamento del costo del bonifico ordinario, per pareggiarlo con quello instant.
A parità di costo, non ci sarà più ragione di usare un bonifico ordinario, a discapito di quello istantaneo. L’esperienza utente del bonifico, poi, è già nota al cliente, a differenza di quanto accade per gli e-money token, che richiedono agli utenti alcune conoscenze non comune, e dell’Euro digitale, di cui ancora non sappiamo nulla. La sfida per gli emittenti di EMT è proprio lavorare sulla user experience, lavorando su semplicità e immediatezza. Al momento, mi sembra che questa strada sia ancora in salita.
AG. Per quali ragioni, invece, una banca dovrebbe dotarsi di un proprio e-money token?
AP. Ha moltissime ragioni per farlo, come dicevo all’inizio. Ragioni commerciali, di riservazione e di investimento delle proprie riserve: di redditività, quindi. Gli EMT possono essere personalizzati, creando soluzioni di pagamento flessibili e a misura di specifiche necessità.
E, a fronte dell’emissione, si riceve un corrispettivo in valuta fiat che va riservato. C’è anche un rischio ed è quello della parcellizzazione. Se ogni banca emette un proprio EMT, avremmo molti strumenti di pagamento, magari con caratteristiche diverse, non necessariamente accettati dalle altre controparti bancarie commerciali. Questo potrebbe essere un problema nell’utilizzo.
Io auspico la creazione di consorzi bancari che emettano, in forma aggregata, delle monete elettroniche di banca commerciale utilizzabili e accettate dall’intero ecosistema bancario, nazionale ed europeo, a seconda dei casi.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2025 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.