La riduzione dei rischi è uno dei principali driver a guidare le scelte di investimento delle banche nella distributed ledger technology (DLT), già utilizzata per i trasferimenti interbancari su Spunta, ma allo studio anche per innovare i pagamenti person-to-person.
Si tratta di una tecnologia declinata in chiave permissioned, quindi una rete chiusa dove solo i partecipanti autorizzati possono accedere: una modalità al centro di tutti i progetti delle banche italiane, in particolare quelle di maggiori dimensioni, che fanno da traino.
I first movers sono i Regulator
Ad accendere i riflettori sul tema sono anche le istituzioni, che si muovono per conoscere meglio la tecnologia, gli impatti e procedere nella definizione di standard per gestire e governare i rischi.
Banca d’Italia è tra queste e con la sua Call of Proposal ha collezionato una serie di proposte innovative per sperimentare la DLT in diversi ambiti collegati al mondo finanziario: abbiamo raccolto alcune esperienze che vi raccontiamo nelle prossime pagine di questo Dossier.
Il lancio dell’iniziativa segue naturalmente la scia dei progetti indetti dalla BCE per lo sviluppo dell’euro digitale, che ha annunciato a febbraio una sandbox regolamentare per testare gli use case.
L’obiettivo è vederci chiaro, così da definire una regolamentazione paneuropea.
Perché investire nella DLT?
La decisione di investire nella blockchain è spesso legata alle caratteristiche intrinseche di questa tecnologia: trasparenza, immutabilità, tracciabilità delle transazioni e sicurezza grazie alla crittografia.
Ma i dati del Rapporto ABI Lab 2023 indicano nella riduzione del rischio, verso le controparti in primis ma anche per quanto riguarda il rischio operativo, la motivazione che guida gli investimenti nella DLT (76% del campione).
Nei processi decisionali hanno inoltre un forte peso (per oltre il 35%) la possibilità di ottenere un dato di maggiore qualità e, quindi, processi più efficienti, oltre che la riduzione dei costi.
Blockchain per i trasferimenti bancari e la notarizzazione
Come anticipato, tra gli ambiti di applicazione della DLT più diffusi ci sono i trasferimenti intra e interbancari (con Spunta Banca, che vede l’esteso coinvolgimento delle banche italiane).
Ma oltre alla gestione dei conti reciproci, la DLT trova spazio nei servizi di notarizzazione, come ad esempio il timestamping.
Pochi i progetti avviati sull’uso di questa tecnologia per la gestione delle garanzie, dei depositi a garanzia e per i pagamenti P2P.
L’adozione è attorno al 6% (su un panel di 20 realtà bancarie e 2 outsourcer interbancari).
Gli ambiti in fase di studio e i progetti pilota in corso
I pagamenti tra privati, su blockchain, suscitano però molto interesse e sono al centro degli studi e delle fasi pilota nel 36% delle banche, con un 6% di istituti già entrati in fase di produzione.
Anche i servizi per la gestione delle criptovalute sono in fase di studio presso alcune realtà, in particolare per le attività di custodia delle chiavi dei portafogli crypto e i servizi di tokenizzazione.
Anche i processi di Know Your customer iniziano a essere al centro dei progetti pilota su DLT, seguiti da iniziative nell’area credito (mutui, credito finalizzato, crediti documentari, etc.).
La spinta a collaborare in logica di ecosistema
Spesso, il ritorno sull’investimento di questi progetti passa dalla capacità di creare ecosistemi, in grado di mettere in relazione tra loro community formate da diverse realtà.
Difatti, la rete può essere aperta ad altri attori, oltre a quelli bancari: pensiamo alla PA, agli intermediari finanziari, alle imprese e alle banche estere.
E naturalmente alle fintech, in ottica di collaborazione: oltre la metà delle banche (64%) ha avviato progetti con il fintech in ambito blockchain e DLT.
La barriera dell’interoperabilità
Serve però che le varie infrastrutture siano interoperabili, così da non frapporre un muro alla comunicazione tra i vari sistemi, a scapito dell’efficienza dei processi.
La via più intuitiva, ma non per questo più semplice, è realizzare una infrastruttura DLT comune, lavorando in modo sinergico per condividere e convalidare informazioni in modo sicuro all’interno della rete.
In questo modo, tutti gli attori coinvolti otterrebbero dei benefici, riducendo in primis le tempistiche dei processi ma anche i costi, grazie a un progetto scalabile ed esteso.
Il primo passo spetta ai grandi player, oggi in competizione tra loro, che dovranno collaborare con l’obiettivo di creare un nuovo paradigma di ecosistema.
L’integrazione, tra aspetti tecnici e regolamentari
Questo sarà il futuro, ma a oggi le aziende vivono una certa difficoltà nell’integrare la tecnologia blockchain all’interno dei sistemi e dei processi.
Tra le maggiori complessità evidenziate dalle banche c’è il coordinamento dei vari stakeholder, gli aspetti tecnici come la standardizzazione e la reingegnerizzazione dei processi, le indicazioni normative spesso obsolete, l’integrazione con i sistemi legacy e infine l’impianto contrattuale tra le varie parti.
Lato compliance, i regulator stanno introducendo leggi e framework, al fine di dare slancio all’uso di questa tecnologia, andando a creare delle tutele: proteggere quindi tutti gli attori coinvolti nell’operatività legata alle criptovalute e rafforzare i vantaggi che ne possono derivare.
Mentre non destano più preoccupazione le questioni relative alla scalabilità e alla maturità della tecnologia.
Il focus, infatti, è sulla necessità di colmare un gap di competenze all’interno del settore.
Il presidio della tecnologia...
A tendere, le banche si dovranno dotare infatti di una struttura che presidi gli sviluppi della DLT.
Dal punto di vista organizzativo, nelle banche italiane la presenza di un centro di competenza dedicato esclusivamente alla blockchain e alla DLT è ancora poco diffusa: solo una realtà su 18 possiede un presidio specifico con budget dedicato.
… nel modello organizzativo
Soprattutto nelle banche di maggiori dimensioni, è presente una struttura che si dedica, in modo trasversale, alle tematiche di innovazione e che segue le tecnologie di frontiera.
Mentre nelle banche di minori dimensioni il presidio è distribuito tra una cabina di regia dell’innovazione e un monitoraggio indipendente delle diverse unità organizzative, a seconda del perimetro di competenze.
Inoltre, quasi il 30% non ha un presidio dedicato.
La governance della blockchain
Nonostante la mancanza di un forte presidio sulla tecnologia, le banche stanno puntando ad accrescere cultura e competenze tra le risorse, necessarie per affrontare questo percorso di innovazione.
Sono già stati avviati piani di formazione ed eventi di divulgazione, ma nei prossimi due anni prenderanno il via anche corsi mirati per il reskilling delle risorse interne.
Euro digitale: arriva la proposta di regolamento
A inizio luglio arrivano alcune novità sull’euro digitale. All’interno del Single Currency Package, infatti, è stata pubblicata la prima proposta di regolamento sul digital euro, che tocca più aspetti: dai pagamenti alla privacy.
La responsabilità di questa valuta è nelle mani della Banca Centrale, l’euro digitale avrà corso legale ma con alcune eccezioni per i piccoli merchant, che potrebbero anche pagare delle commissioni per le transazioni attraverso l’EUDI Wallet.
Il wallet verificherà l’identità degli utenti, gestirà i pagamenti e funzionerà anche offline. Inoltre, sarà distribuito obbligatoriamente dagli istituti di credito che offrono già account di pagamento, oltre che da quelle realtà che vorranno aprirsi a questo nuovo mercato e dai PSP.
Falsi miti: DLT energivora?
Uno dei temi al centro del dibattito sulla blockchain riguarda il consumo di energia: il meccanismo di consenso, infatti, ne richiede naturalmente l’uso e quindi per concludere una transazione si consumano chilowatt.
Tuttavia, la DLT, per via dell’uso che se ne fa, non presenta i livelli di costo della blockchain utilizzata per il mining delle criptovalute, dove la convalida dei blocchi richiede un impiego massiccio di energia, per motivi di sicurezza e stabilità del consenso.
Un esempio utile proviene dai dati condivisi sulla infrastruttura ABILabChain, che effettua circa 300 milioni di transazioni annue: i consumi energetici registrati sono nettamente inferiori alle altre tipologie di blockchain (rispettivamente 0,000129 Twh/anno contro 115,65 Twh/anno).
Stablecoin, cripto-attività e MiCAR
Lo scorso anno sono stati scambiati oltre 7mila miliardi di dollari di valore con le stablecoin.
Queste valute sono meno volatili rispetto a Bitcoin o Ethereum, per citare le due più diffuse, e si prestano maggiormente a essere utilizzate anche come mezzo di pagamento. Allo stesso tempo, però, questi strumenti non sono riusciti a mantenere sempre costante il proprio valore.
La commissione europea è quindi al lavoro per proteggere i consumatori esposti a questi strumenti: il MiCAR, Markets in Crypto-Assets Regulation, mira a stabilire norme comunitarie armonizzate per tute le cripto-attività per superare i principali rischi, ovvero l’estrema volatilità (è sufficiente dire cripto-inverno per intenderci), le frodi e la mancanza di trasparenza nella gestione dei fondi degli investitori.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di luglio/agosto 2023 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.