Il 41% delle aziende che operano nella tutela del credito sta utilizzando l’intelligenza artificiale. Il dato emerge dal Rapporto 2025 di Unirec, Unione Nazionale Imprese a Tutela del Credito, presentato a Roma negli scorsi giorni.
Tra i molti dati riportati (che approfondiremo sul numero di giugno di AziendaBanca, nello speciale NPL), emerge anche che il 14% delle aziende si è avvicinata dall’AI da appena sei mesi, contro un 9% che ha già almeno due anni di esperienza.
Tra gli ambiti di utilizzo spiccano il monitoraggio e l’analisi dei dati, con l’86%, e l’automazione dei processi per migliorare l’efficienza, 83%. Applicazioni, quindi, tutto sommato prevedibili, durante le prime fasi di applicazioni di questa tecnologia. Per quanto riguarda i vantaggi ottenuti, il 94% indica una maggiore rapidità di esecuzione e l’88% un maggiore controllo.
A margine della presentazione del Rapporto Unirec ho intervistato Andrea Giovanelli, country manager Italia di Hoist Finance, per commentare questi risultati in un episodio del nostro podcast #define banking, di cui questo testo è un adattamento testuale.
AG. Partiamo dai dati di scenario. Da un lato prosegue la concentrazione del settore, in cui si stanno creando grandi aziende generaliste e piccole realtà specializzate. Dall’altro, sta crescendo il numero degli occupati, con 16mila persone, e sempre più addetti si occupano di attività amministrative. Come sta cambiando il settore?
HOIST. È in corso una trasformazione interessante: la quota degli addetti alla relazione diretta con il cliente sta diminuendo. È qualcosa che è già accaduto nel settore bancario: la crescita dei requisiti di compliance fa aumentare anche lo staff amministrativo.
Vediamo un mercato fatto di molte operazioni, estremamente dinamico e competitivo. Il mondo degli NPL è diventato uno dei pilastri del settore finanziario ed è in qualche modo “embedded” al mondo bancario, grazie alla tecnologia e alle competenze.
Con le varie operazioni di fusione degli ultimi anni, credo che il mercato abbia preso la sua fisionomia. I grandi player si sono fusi tra loro, creando dei soggetti ancora più grandi e generalisti, capaci di generare efficienza ed economie di scala. I piccoli si sono specializzati, conquistandosi delle nicchie di attività. Ecco, forse tra i piccoli c’è spazio ancora per alcune aggregazioni e un maggiore consolidamento, per arrivare a realtà di media grandezza.
Per un investitore come Hoist questo scenario è ottimale, perché troviamo sul mercato aziende di riferimento importanti e molto diverse tra di loro per quanto riguarda la capacità di gestione. Se mi servono i volumi, mi rivolgo a un big, sapendo di dover scontare un approccio più generalista. Se ho bisogno di competenze specialistiche, posso trovare l’azienda adatta, con tutti gli svantaggi di una piccola realtà.
AG. L’intelligenza artificiale darà una mano a entrambe le categorie?
HOIST. Si potrebbe pensare che le tecnologie innovative siano più facilmente accessibili da parte dei grandi player, che hanno più risorse e capacità di investimento. Negli ultimi anni, però, l’innovazione è diventata rapidamente disponibile per tutti quanti e non è detto che le realtà più piccole siano realmente svantaggiate.
L’intelligenza artificiale, nello specifico, sta diventando poco costosa e facilmente accessibile. Qualcuno magari svilupperà una innovazione per primo, ma gli altri lo seguiranno rapidamente.
Il problema per le aziende sarà capire che domande fare alla risposta artificiale, per ottenerne delle risposte interessanti. Dobbiamo individuare i punti della nostra catena del valore in cui pensiamo che l’AI possa fare meglio degli esseri umani. E poi formarla, istruirla, come fosse un neoassunto, per insegnarle a fare un certo tipo di task.
Intuitivamente tra 10 anni tutti utilizzeremo abitualmente l’AI, ma per arrivarci nel prossimo futuro dovremo sperimentare in ogni direzione, con curiosità e capacità di investimento, per capire davvero come usarla.
AG. Dove continueremo, invece, a preferire l’intelligenza umana?
HOIST. In quello che non è facilmente standardizzabile. Quanto più una pratica è complessa, un cosiddetto single name, tantomeno riusciamo ad automatizzarla.
Non immagino l’intelligenza artificiale, poi, in quelle fasi di interazione tra umani. Siamo tutti colpiti dalla capacità di simulazione del nostro comportamento, ma interagire con un debitore e adattarsi all’universo di possibili risposte… lo vedo ancora un po’ difficile.
Mi sembra invece percorribile l’idea di analizzare le pratiche per ideare delle strategie di recupero e una proposta da fare al debitore. Che, a un primo sguardo, è un’attività molto creativa: richiede di esaminare una pratica e utilizzare la propria esperienza di gestore per elaborare una proposta.
Un gestore può avere un’esperienza ampia, di anni o decenni, ma non avrà mai a disposizione lo storico di tutte le pratiche mai esistite in azienda, con la capacità di analizzarle tutte in pochi secondi. Ecco quindi che l’AI, qui, potrà fare meglio di noi.
La proposta al debitore, però, verrà fatta dal gestore, in un’interazione tra esseri umani, con tutto l’aspetto emotivo e relazionale.
La comunicazione, specie su questi temi, ha diversi aspetti emotivi, umorali e culturali. Una tale complessità che mi chiedo come sarà possibile interpretarli rapidamente tutti per dare la risposta migliore e coerente.
AG. L’AI si nutre di dati. E il settore degli NPL soffre da tempo di un problema di qualità del dato. Qualche anno fa si era ipotizzato di risolverlo, almeno parzialmente, con la blockchain. La qualità del dato rischia di rallentare l’impatto positivo dell’AI?
HOIST. Credo parleremo di qualità del dato ancora per qualche tempo. Perché è l’elemento bloccante, il requisito che ancora manca, a tutti, per utilizzare in modo massivo la tecnologia, non solo l’intelligenza artificiale.
Certo, i nostri dati sono migliorati, nel complesso. Ma è grazie ai portafogli più freschi. Noi abbiamo in gestione crediti di 10 o 15 anni fa. In un processo di revisione del processo produttivo grazie all’intelligenza artificiale, dovrei avere l’ambizione di farlo su tutto.
Purtroppo, invece, più si va indietro nel tempo più i dati non sono di qualità. Noi stessi lavoriamo per arricchire i portafogli e la qualità in generale sta aumentando, ma le posizioni più vecchie sono complesse.
La normativa in ambito privacy e data protection giustamente fissa dei vincoli, che però in alcuni casi rallentano o impediscono l’arricchimento dei dati a nostra disposizione. In altre parole: o il lender acquisisce quel dato all’origine del debito oppure non ne disporrai mai.