I pagamenti digitali sono un ambito di forte presenza per le fintech. In un episodio del nostro podcast #define banking abbiamo incontrato Adyen, e per l’esattezza Gabriele Bellezze, Country Manager Italia.
Questo articolo è un adattamento testuale dell’episodio.
AG. Gabriele, iniziamo con una breve presentazione: come è posizionata Adyen in Italia?
GB. Adyen arriva in Italia nel 2018, con la fondazione della filiale italiana a Milano. I nostri uffici sono nel cuore del business cittadino, a Porta Nuova, e oggi abbiamo circa 35 dipendenti.
Gestiamo circa 150 merchant, spaziando da ITA Airways a Diesel, Furla e molti altri.
AG. In un recente comunicato stampa avete usato l’espressione “innovare nei pagamenti digitali”. A volte si ha l’impressione che i pagamenti digitali stiano diventando una commodity, offerta da moltissimi player, anche innovativi. E invece proprio questa grande competizione lascia immaginare il contrario. Puoi spiegarci meglio che cosa significa innovare nei pagamenti digitali?
GB. È vero, sentiamo spesso la parola commodity, ma dobbiamo sempre inserirla in un contesto. Se pensiamo al mondo dei pagamenti per piccole entità, oppure per business con esigenze molto semplici, effettivamente potremmo avvicinarci all’idea di una commodity.
Per merchant di dimensioni medie e grandi, invece, il pagamento assume un valore strategico, perché è una componente fondamentale dell’esperienza di acquisto del consumatore. Non solo: è anche una fonte di dati di qualità elevatissima.
Il pagamento informa su orario della transazione, dispositivo utilizzato, ammontare, strumento usato e molte altre cose che permettono di conoscere molto meglio i nostri shopper.
Il giusto provider, infine, deve supportare il merchant nello sviluppo di una strategia omnicanale, inteso come unione di più canali, non come loro semplice somma. Questo è un passaggio critico, perché oggi il consumatore ha aspettative elevate in questo senso.
Il nostro Retail Report 2024 ci dice che il 50% dei consumatori si aspetta di potere fare in negozio il reso di acquisti fatti online. Per il cliente è una banalità. Ma, a oggi, solo il 18% dei merchant ha attivato questo servizio.
E uno degli ostacoli sono le tecnologie usate dai merchant, che hanno anche 20 o 30 anni di età. Ecco, questi sono i temi in cui si può innovare nei pagamenti.
AG. Qualche altro esempio di omnicanalità vera?
GB. Si sente spesso dire, anche in Italia, che il commercio elettronico cannibalizza i negozi fisici. Non è affatto così. Un modello innovativo di grande importanza è l’endless aisle, cioè il corridoio infinito, inteso come la corsia di un supermercato o di un negozio.
Che cosa è l’endless aisle? È l’esatto opposto della cannibalizzazione del fisico da parte del digitale, perché permette al negozio di vendere anche un articolo in rottura di stock, ma presente nei magazzini dell’azienda, garantendone la rapida consegna al domicilio dell’acquirente.
Il modello endless aisle può essere implementato se hai un provider di servizi di pagamento che abilita questo modello: se i sistemi si parlano tra loro, l’operatore di cassa in negozio può acquisire sul proprio terminale il pagamento di un determinato articolo che viene contestualmente spedito a casa dello shopper.
AG. A proposito di sistemi informatici che hanno ormai qualche decennio di vita. Anche le carte di pagamento non sono più giovanissime. Restano ancora lo strumento più utilizzato per i pagamenti digitali, ma ci sono delle alternative che si fanno strada. Nell’industria si guarda con interesse a wallet mobile, pagamenti account to account, BNPL e criptovalute. Voi su che cosa state lavorando?
GB. Iniziamo da qualche dato sui wallet. Qui il trend di adozione da parte del consumatore è fortissimo. Il nostro Retail Report 2024 ci dice che uno shopper su quattro non porta con sé il portafogli quando esce di casa. Se un negozio fisico non accetta i wallet NFC, perde un cliente.
Lo stesso Report ci dice che oltre il 60% dei clienti abbandona un carrello se non trova il proprio strumento di pagamento preferito al momento del checkout. E questo conferma l’importanza maniacale che il merchant deve avere per questa fase.
Il punto focale sono le richieste dei consumatori. E Adyen si muove proprio in questo senso. Offriamo più di 250 metodi di pagamento differenti coprendo, oserei dire, la quasi totalità delle opportunità e delle esigenze. Ci sono metodi internazionali e altri forti in alcuni mercati locali e questa è una complessità che sappiamo ormai gestire.
Noi implementiamo i servizi che il consumatore richiede alle aziende, non abbiamo un approccio proattivo. Per questo non offriamo l’accettazione di pagamenti cripto, che al momento non ci vengono richiesti dai merchant. Monitoriamo ciò che accade sul mercato, comunque, e integreremo queste soluzioni quando ci verranno richieste.
AG. E per il pagamento account to account?
GB. Anche in questo caso vale il medesimo discorso: il mercato si sta muovendo nell’ambito degli A2A e potremmo attenderci qualche evoluzione in futuro, se i merchant ce la chiederanno.
Da qualche settimana, invece, abbiamo annunciato una partnership con ScalaPay per abilitare il Buy Now Pay Later. La domanda da parte dei consumatori è in forte crescita, anche se solo il 16% dei merchant si è attrezzato per offrire questa modalità di pagamento. E quindi ci siamo mossi noi per offrirlo come integrazione della nostra piattaforma.
AG. Un tema determinante per il commercio elettronico, e le transazioni online in generale, è quello delle frodi. La criminalità informatica evolve rapidamente, forse più velocemente della nostra capacità di contrastarla. Qual è lo scenario che emerge dai vostri dati sul tema delle frodi?
GB. Nel 2023 le frodi in senso lato, cioè non solo legate ai pagamenti ma anche a fughe di dati etc., hanno pesato per circa 30 miliardi di euro sul comparto retail italiano. Una cifra record. Specie se pensiamo che, sempre nel 2023, le frodi a danno del consumatore sono triplicate, +225% in più rispetto agli anni precedenti.
Il nostro Retail Report ci dice che il 18% dei consumatori si sente meno sicuro rispetto agli acquisti online. Di fronte a frodi che si fanno più complesse e sofisticate, serve dotarsi di sistemi di sicurezza più adeguati.
Come provider di pagamento, con i nostri partner, abbiamo gli strumenti per analizzare nel dettaglio i pattern dei comportamenti fraudolenti, in modo da poterli identificare e sapere costruire la strategia antifrode più opportuna.
Una strategia, è importante sottolinearlo, che varia in base a ogni settore. Le frodi, infatti, cambiano in base alla categoria merceologica: non c’è una formula standard. Ogni azienda, in base al contesto in cui opera, può subire frodi differenti.
Il nostro strumento antifrode Revenue Protection prevede due livelli. Quello Base è in dotazione a tutti i clienti. Quello Premium, con dei costi aggiuntivi, sblocca il cosiddetto Shopper DNA, cioè un metodo di analisi del singolo shopper, in base al suo comportamento.
Ti faccio un esempio per capire come funziona lo Shopper DNA. Pensiamo a un acquirente che fa acquisti con diverse carte di pagamento. Un dato che potrebbe essere indicatore di una frode.
Il machine learning ci permette di capire se si tratta di uno shopper che banalmente ha più carte, oppure che acquista a volte per sé, a volte per un’azienda. Lo Shopper DNA ci consente di identificarlo come soggetto sicuro, a prescindere da filtri che, senza questa analisi personalizzata, potrebbero bloccare un pagamento.
Al contrario, l’analisi potrebbe dirci che quell’acquirente usa carte diverse perché le ha clonate, oppure perché ha fatto delle operazioni fraudolente. Ad esempio, utilizza più indirizzi di fatturazione, differenti da quelli di consegna, e così via. Siamo in grado di intercettare le traiettorie fraudolenti anche a prescindere da filtri statici che avrebbero classificato queste transazioni come legittime.
L’obiettivo finale è ottimizzare i tassi di autorizzazione, e quindi la profittabilità, bloccando solo le operazioni fraudolente. E il modo migliore per farlo è proprio con strategie personalizzate.
AG. Si conferma quell’approccio antifrode basato sui dati contestuali, che anche i circuiti di pagamento propugnano da qualche anno.
GB. Certamente sì e queste complessità si moltiplicano per i merchant che non lavorano solo con l’Italia, ma devono occuparsi delle specificità di decine di mercati esteri. Ed è impensabile farlo senza contare su provider in grado di offrire questi strumenti.