Fermo restando la diffusione graduale dei pagamenti digitali nel nostro Paese, cresce la consapevolezza sia tra gli operatori bancari, sia tra i retailer della necessità di un cambio di passo.

A essere rilevante non è più il numero tout court dei nuovi sistemi di pagamento, quanto piuttosto la promozione di una customer experience qualitativamente più elevata, resa possibile da processi di autorizzazione sempre più immediati e meno invasivi rispetto al contenuto del servizio. Ma quali sono gli pazi per poter innovare, posto che l’ampliamento del numero degli strumenti di pagamento in quanto tale non è più considerata un’opzione bensì una commodity? Quali sono i nuovi obiettivi che è possibile perseguire a livello di sistema e quanto conta invece anticipare il mercato per cogliere le opportunità di volta in volta offerte dai sistemi di pagamento alternativi, dall’open banking e dalla PSD2?
Largo ai New Digital Payments
A fare il punto della situazione, che ci vede ancora fra gli ultimi Paesi in termini di numero di transazioni, è Ivano Asaro, Head of Innovative Payments Observatory presso Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. «I pagamenti digitali in Italia ammontano a 240 miliardi di euro di valore nel 2018, con una crescita di 80 miliardi di euro. In senso assoluto, però, siamo al 36% del valore totale dei consumi degli italiani: il dato è, anche quest’anno, in crescita rispetto all’anno precedente. Aumenta del 16% il numero delle transazioni e questo indica che l’abitudine a pagare digitalmente è in crescita». Nonostante ciò, l’Italia resta il 24esimo Paese UE su un totale di 28 per numero di transazioni digitali pro-capite: nel 2017 si fermavano a 56 contro le 157 della media dell’Unione. A trainare la crescita sono i “New Digital Payments” per un valore di 80 miliardi di euro transati, pari al 33% del totale. «Si tratta di un crescita importante dato che nel 2017 era pari al 23%. Di questi 80 miliardi, 49 miliardi sono transati in situazioni di prossimità mentre 31 sono stati effettuati da remoto. Rispetto allo scorso anno, la novità più interessante è data dall’avanzata dei pagamenti in modalità contactless, che hanno registrato 47 miliardi di euro di transato: ormai il 50% delle transazioni in store, in presenza di carte e POS abilitati, avviene in modalità contactless. Stiamo andando verso la maturità dei pagamenti contactless che nel 2021, secondo le stime, dovrebbero attestarsi tra i 75 e i 100 miliardi di euro di transato. L’e-commerce e l’e-payment hanno raggiunto complessivamente i 22 miliardi di transato. I mobile remote payments legati a servizi di pagamento quali ricariche telefoniche, bollette e servizi di mobilità, generano circa un miliardo di euro di transato ma il loro valore intrinseco non è legato all’importo generato, quanto all’aver contribuito almeno inizialmente a diffondere le nuove abitudini di acquisto».
Nuovi spazi per l’innovazione
Secondo Asaro, il potenziale innovativo dei pagamenti digitali non è più solo ed esclusivamente ancorato all’uso degli smartphone, bensì è destinato a essere ancora più pervasivo, «tanto che come Politecnico, oggi ci riferiamo al tema parlando di “Innovative Payments” e non solo più di mobile payments. Le Open API apriranno una serie di opportunità per tutti gli attori e potranno favorire collaborazioni interessanti. Una serie di nuove tecnologie si stanno facendo largo: l’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale, in primis nel back office, permetteranno inoltre di alzare i livelli di sicurezza e prevenire le frodi. I sistemi di assistenza vocale applicati a smart objects e sistemi di intelligenza artificiale potranno consentire non solo di avviare l’acquisto, ma anche di completare il pagamento una volta integrata nel processo l’autorizzazione preventiva all’acquisto dei prodotti da parte dell’utente. Un’altra area di innovazione è quella degli Instant Payments: partiti nel 2017, in un anno hanno già sviluppato 10 milioni di transazioni. In quest’ambito le Open API potrebbero facilitare la user experience anche se per ora occorre sciogliere il nodo della definizione del livello tariffario e della sua ripartizione tra i player. Se guardiamo alle infrastrutture abilitanti, invece, il tema blockchain è ancora tutto da esplorare anche se si fanno strada ipotesi legate all’efficientamento delle transazioni transfrontaliere, oltre al tema delle cryptovalute. Il trend che accomuna tuttavia queste diverse esperienze è quello che vede la progressiva scomparsa, agli occhi dell’utente, della fase di pagamento come processo».
Nuove sfide all’orizzonte
L’importanza in quest’ambito dello scambio di idee tra operatori è evidenziata da Luciano Cavazzana, EVP EMEA & Global Sales Banks & Acquirers Business Unit di Ingenico e co-fondatore dell’iniziativa PayLab. «PayLab è nato durante i tempi della war on cash, quando uno degli obiettivi era quello di stimolare e favorire le sinergie tra operatori al fine di fare crescere i pagamenti digitali. Circa nove anni fa i temi in discussione erano quelli legati alla diffusione della tecnologia, allo sviluppo del contactless e dell’NFC. Oggi invece il focus è sulla user experience, sulle piattaforme per i pagamenti, sui payments-as-a-service, sui cloud services, le API e altro ancora. Il contesto è completamente cambiato e anche noi, oggi, ci troviamo ad avere un posizionamento diverso: da semplici fornitori di terminali siamo diventati i facilitatori per l’integrazione dei pagamenti e interlocutori per l’erogazione di servizi di cui il pagamento, in quanto tale, costituisce solo un tassello, reso sempre più trasparente. Ci sembra quindi quasi doveroso sollevare un dubbio: ha ancora senso mantenere il termine “Pay” accanto a “Lab” per indicare questo momento di confronto, dato che il pagamento, come processo agli occhi dell’utente, è diventato quasi invisibile? Ciò di cui invece siamo certi è che sia ancora importante mantenere il contatto con il mercato e il rapporto tra gli operatori. In Italia eravamo fanalino di coda per numero di transazioni, ma oggi non lo siamo più, sia in termini di innovazione sia di progetti messi in campo, come ad esempio quelli che comprendono gli Smart POS e quelli dedicati agli Open Payments».
Customer experience al centro
«Tutti noi operatori finanziari abbiamo avviato diversi percorsi di sviluppo dei sistemi di pagamento digitali, innovativi e alternativi, in aggiunta alla tradizionale carta di pagamento – aggiunge Raffaella Mastrofilippo, Responsabile Piattaforme di Payment di Intesa Sanpaolo. Ci sono già diverse soluzioni sia lato buyer, sia lato merchant. In Intesa Sanpaolo crediamo, da sempre, nella potenzialità di adottare un percorso digitale. La vera sfida oggi è quella di rendere il processo di pagamento, oltre che semplice e sicuro, anche il più aderente possibile alle necessità dei clienti. Su questo riteniamo sia importante investire e mantenere il focus sullo sviluppo di app, che costituiscono un punto di contatto fondamentale, e di soluzioni omnichannel e omnipayments sia lato buyer, sia lato merchant». Per Widiba il fatto di essere su più piattaforme di pagamento non rappresenta un’opzione strategica «ma una precisa scelta di essere là dove sono i clienti, anticipandone i bisogni ove possibile – afferma Roberta Zurlo, Head of Banking & Payments di Widiba. La banca per noi è sempre più presente e trasversale nella vita di tutti i giorni, implicando una costante evoluzione di prodotto e canale. I pagamenti di per sé hanno bisogno di un ecosistema per svilupparsi, per cui in questo ambito l’innovazione può e dovrebbe essere di sistema. La differenza da un punto di vista competitivo sarà poi nel modo in cui, intorno ad esso, creeremo una strategia data driven per offrire servizi personali e rilevanti per ciascuno dei nostri clienti. La customer experience è il cuore della relazione con la clientela e quindi il luogo dove continueremo a distinguerci e a mantenere l’eccellenza che ci è stata riconosciuta negli anni». Per incrementare la diffusione dei nuovi strumenti di pagamento occorre ancora investire per sostenerne l’utilizzo da parte dell’utente finale. «Siamo consapevoli che, affinché i sistemi di pagamento in mobilità possano affermarsi, debbano essere sia diffusi, sia accettati. Per questo motivo Banca Mediolanum ha voluto contribuire promuovendo i servizi di mobile payment presso la clientela – precisa Zaid Jwad, Responsabile Mobile Banking e Mobile Payment di Banca Mediolanum. Per primi in Italia abbiamo infatti messo a disposizione dei nostri clienti tutti e tre i sistemi pagamento: Apple Pay, Samsung Pay e Google Pay. Il lancio di questi servizi è stato sostenuto da tre campagne di comunicazione full media che hanno contribuito non solo ad aumentarne l’adozione, ma anche a diffondere una cultura sull’utilizzo dello strumento presso tutto il pubblico. Contestualmente, sul fronte dell’accettazione, gli operatori di filiera hanno svolto un grande lavoro di abilitazione della rete. Gli ottimi risultati registrati ci confermano che la strada intrapresa è quella giusta, nonostante rimanga ancora ampio il divario rispetto all’utilizzo dei pagamenti tradizionali. Su questo versante sarà essenziale l’apporto dei dati resi disponibili dagli smartphone, che permetterà finalmente di fornire un valore aggiunto ai pagamenti effettuati attraverso i dispositivi mobili rispetto a quelli disposti con carte fisiche. Tutto questo senza tralasciare l’importanza della trasparenza e l’integrazione delle piattaforme che rimane la direzione verso cui tendere ». Il miglioramento della user experience ha costituito una spinta importante anche per Plick, che ha messo a punto un nuovo sistema di trasferimento di denaro tra privati. «Plick richiama l’esperienza d’uso dell’assegno, senza essere tuttavia un assegno – spiega Fabio Chiurazzi, Responsabile sviluppo prodotti di PayDo, the Plick company. Il nostro obiettivo era quello di arrivare a qualunque utente in Italia e in Europa, a prescindere dall’uso di un circuito di pagamento, in maniera completamente digitale. Lo strumento, che non richiede l’IBAN del beneficiario, ma solo la sua mail e il suo numero di cellulare, rappresenta un servizio che noi offriamo alle banche in veste di outsourcer. Siamo partiti poco più di un anno fa e la prima ad aderire offrendo questo strumento ai propri clienti è stata Banca Mediolanum, che ha registrato un ticket medio per le operazioni effettuate di circa 500 euro. Secondo noi a guidare la scelta dello strumento di pagamento sarà sempre la user experience. La comodità e la velocità di pagamento saranno sempre i criteri chiave in grado di guidare il consumatore, che non è comunque tenuto a conoscere tutte le caratteristiche tecnologiche sottostanti al prodotto da lui prescelto».
Verso l’Open Banking
«Da tempo stiamo lavorando su varie piattaforme e abbiamo abilitato evoluzioni importanti, grazie anche alla partnership con Mastercard che ci ha permesso di includere nella nostra offerta via via nuovi device e nuove soluzioni – racconta Paola Squarcia, Cards and Innovative Payments Manager di BNL BNP Paribas. Abbiamo sperimentato wearable come Garmin, mentre a breve metteremo a disposizione della clientela altri servizi su device legati al mondo del wellness. Secondo una logica di Open Banking, BNL Gruppo BNP Paribas sta stringendo partnership strategiche legate a una mobilità 4.0 che sfruttano le soluzioni di Open API dando ad altri player la possibilità di integrare il mondo del pagamento all’interno dei propri servizi. Abbiamo recentemente lanciato per la clientela consumer, insieme a Telepass, l’app Telepass Pay X in cui è stato incluso un conto di pagamento e una carta digitalizzata. Il tema di fondo è sempre quello non solo di rendere sempre più trasparente il pagamento, ma anche di renderlo fully integrated all’interno di un’app che comprende tutti i servizi tipici di una banca e non solo, per essere una vera e propria piattaforma di servizi e soluzioni utili per le esigenze del cliente».
Largo alle iniziative di sistema
Per Alessandro Bragazzi, Head of Payment Systems di UBI Banca, nel mondo dei pagamenti puntare su iniziative di sistema, collaborando in ambito precompetitivo, è necessario, da un lato, per far leva sulle economie di scala e, dall’altro, per poter offrire agli utenti sistemi di pagamento che hanno un valore perché largamente accettati. «È ormai un dato acquisito che il pagamento è solo un touchpoint da cui bisogna partire per costruire valore con servizi a corollario. Ogni volta che studiamo un sistema di pagamento non è quindi più possibile limitare il business case al pagamento in sé. È inoltre importante rendere il pagamento invisibile pur continuando a garantirne la sua sicurezza. Con il circuito Bancomat Pay stiamo cercando di far sparire agli occhi del cliente l’avvio del processo di pagamento, ma non la fase della sua conferma, utilizzando per l’autenticazione un gesto “spontaneo” che di solito il cliente compie all’interno di un determinato esercizio commerciale, come ad esempio utilizzare una carta fedeltà».
Le iniziative targate Bancomat
«Stiamo lavorando al lancio di nuovi servizi, avendo come riferimento la user experience del cliente e la convenienza economica per tutti gli attori della filiera – anticipa Oscar Occhipinti, Direttore Marketing & Commerciale di Bancomat. Questo mese lanceremo Samsung Pay con PagoBANCOMAT, che sarà tokenizzato sui device mobili. Stiamo lavorando per garantire un’accettazione adeguata fin dalla partenza sia per Bancomat Pay, sia per il PagoBANCOMAT tokenizzato. Sul fronte dell’accettazione il nostro obiettivo è quello di abilitare al contactless e al token il 50% del parco POS, pari a un milione di terminali entro la fine del 2019, fino ad arrivare all’85% a fine 2020, in modo da recuperare il gap di quanto fatto da altri operatori nel corso di circa un anno e mezzo. L’obiettivo è anche quello di incentivare i merchant a raggiungere la massa critica necessaria per avere un prodotto che sia di sistema. Nell’ultimo trimestre del 2019, con la dismissione di Jiffy e l’abilitazione di Bancomat Pay alle operazioni di pagamento presso gli esercenti, contiamo di arrivare a una base clienti doppia rispetto a quella ereditata. Dal 1 gennaio ad oggi, nel passaggio da Jiffy a Bancomat Pay, abbiamo registrato un incremento del 75% delle transazioni, a dimostrazione del fatto che l’iniziativa di sistema portata avanti con il brand di Bancomat, altamente riconoscibile e “trustable” dall’utenza, ha spinto la diffusione e l’utilizzo di questo nuovo strumento di pagamento».
L’ascesa del c-less
In questo contesto a crescere sono anche i pagamenti contactless, come ricorda Luca Corti, Vice President Business Development di Mastercard: «le transazioni contactless hanno rappresentato il 57% per Mastercard nel 2018 con una crescita del 111% rispetto all’anno precedente. Più di 40 milioni di carte Mastercard sono c-less per un ticket medio di 43,6 euro, che si è abbassato di circa 4 euro in linea con la tendenza generale. Lato accettazione, i POS sono per l’85% contactless e sono stati cambiati nell’arco di circa sei/sette anni. Oggi ci troviamo davanti a una rete di accettazione capillare che emerge anche dal numero di POS per milione di abitanti: in Italia sono circa 42mila contro i 36mila della media europea. In sintesi, nel nostro Paese a mancare non è la tecnologia bensì l’abitudine all’utilizzo, per una questione culturale all’uso di determinati strumenti. Basti pensare che il settore dei pagamenti digitali verso la P.A. presenti ancora ampi margini di crescita. Nell’ambito di una ricerca condotta sui nostri utenti, circa l’85% ha dichiarato di aver effettuato pagamenti digitali utilizzando anche il proprio smartphone, il 34% di averlo fatto spesso, mentre solo il 14% di averlo fatto quasi sempre».