La banca deve trasformarsi in piattaforma

Open banking

È dentro la banca il grande competitor nell’open banking. La resistenza della vecchia cultura aziendale, legata alla chiusura garantita dalla precedente normativa, può impedire di sviluppare strategie adeguate a fare della banca la piattaforma della vita finanziaria del cliente.

IBM Federico MatteiLa portata dell’impatto dell’open banking, spiega Federico Mattei, Financial Services Sector Technical and Innovation Manager di IBM, si comprende bene guardando all’accostamento tra due concetti un tempo agli antipodi: l’apertura, da un lato, e il business bancario dall’altro. «La banca si è sempre caratterizzata per la sua chiusura. Una chiusura positiva, perché sinonimo di protezione e sicurezza. E che ha resistito a lungo di fronte all’evoluzione della tecnologia e del business verso un mondo aperto e collaborativo. Finché il Regolatore ha scelto di imporre l’apertura, a favore del cliente finale. E ha dato il via al cambiamento».

Preservare il contatto con il cliente

Un cambiamento che legittima l’esistenza di nuovi attori e il loro ingresso in un settore che storicamente ha visto un numero relativamente basso di aziende. «Oggi, potenzialmente, la PSD2 permette a moltissimi soggetti di accedere ai dati dei clienti che risiedono presso le banche – prosegue Mattei – e questo apre, come noto, rischi e opportunità. Sicuramente le banche dovranno lavorare per preservare il contatto con il cliente, perché tra i nuovi competitor ce ne sono molti che sono abili nel gestire i dati per fornire servizi a valore aggiunto. Ma il vero rischio, per la banca, potrebbe essere all’interno dell’organizzazione».

Il grande rischio è dentro la banca

E questo pericolo endogeno si spiega proprio con la protezione che la normativa ha fornito per anni alle aziende bancarie. La PSD2 impone e, in un certo senso, ufficializza un comportamento che era già in atto non solo nella tecnologia, ma soprattutto nella mentalità del cliente. «Le opportunità allora stanno proprio nella capacità di sapersi trasformare – commenta Mattei. Il rischio è nel rimanere ancorati al vecchio modello; la banca deve essere capace di trasformarsi per ampliare la propria offerta con un modello di business basato su servizi a valore aggiunto, che migliorano la customer experience e la retention, aumentando i margini di commissione».

Dalla compliance alla strategia

Quest’attenzione ai nuovi modelli di business è stata particolarmente intensa un paio di anni fa, mentre dal 2018 a oggi le tempistiche dell’adempimento normativo hanno portato la banca a concentrarsi sulla compliance tecnica. «Dopo marzo, mi aspetto che si torni a ragionare in modo importante sull’aspetto strategico – afferma Mattei – non solo valutando come migliorare la conoscenza del cliente e individuare servizi con un buon potenziale di redditività, ma anche investendo nelle idee, coinvolgendo l’intera struttura. Ci sono già alcune banche particolarmente innovative e, in alcuni casi, anche di piccole dimensioni che stanno lavorando a piattaforme e a collaborazioni con le FinTech».

Mercato e centralità del cliente

Il mantra per lo sviluppo di nuove strategie resta la centralità del cliente. «E, di conseguenza, la capacità di conoscerlo meglio per offrirgli i servizi di cui ha bisogno – conferma Mattei. La concorrenza sarà molto forte, perché ogni competitor cercherà di conquistare uno spazio nella quotidianità degli attuali clienti della banca. E lo farà in diversi ambiti: pagamenti, asset management, gestione del risparmio anche nel mass market grazie al roboadvisor. Tecnologicamente molte cose sono possibili, sarà il mercato a decretarne il successo. La differenza la farà la capacità di profilare il cliente e qui le banche scontano un ritardo, dovuto ad anni in cui si sono concentrate più sulla gestione della crisi economica che sull’evoluzione dei bisogni dei clienti».

Perché collaborare con le FinTech

Le FinTech, invece, hanno la capacità di «conoscere e profilare il cliente anche con una quantità limitata di dati a loro disposizione – continua Mattei – identificandone chiaramente i bisogni. Non sono certo che le banche possano sviluppare in breve tempo questa sensibilità verso l’utente finale e la capacità di sviluppare agilmente nuovi servizi. In questi ambiti ha senso valutare collaborazioni con FinTech esterne su alcuni servizi specifici».

Diventare piattaforma della gestione finanziaria

L’importante è che la banca abbia una strategia per mantenere il proprio brand come punto di riferimento per il cliente. «La banca deve essere la piattaforma della gestione finanziaria – afferma Mattei – come Facebook è la piattaforma dei rapporti di amicizia e LinkedIn quella della vita professionale. Le FinTech hanno un’offerta specializzata e quindi frammentata, che potrebbe confondere il cliente. Serve un unico punto di ingresso e la banca deve posizionarsi come aggregatore, facendo lo sforzo culturale di riconoscere che un Third Party Provider possa fare alcune attività specifiche meglio, o a condizioni economiche migliori, della banca. Deve essere però il brand della banca a garantire la sicurezza della piattaforma, ad esempio, integrando rapidamente i servizi di terzi e fungendo da interfaccia unica, anche dal punto di vista tecnologico. Ci sono aspetti non banali da risolvere, come la gestione dell’identità digitale».

Ricordarsi di essere banca

Nel confronto con BigTech e Fin-Tech le banche dovranno però scontare un differente comportamento da parte del cliente. Che ha delle aspettative piuttosto elevate sul livello di sicurezza e di riservatezza dei dati offerti dalla banca. «Mentre è piuttosto tollerante quando si tratta di social network e aziende tecnologiche – osserva Mattei. Anche nel pieno rispetto del GDPR e della normativa, il cliente potrebbe essere infastidito dal fatto che la banca invii comunicazioni personalizzate, come quelle che invece accetta senza problemi dai giganti della tecnologia. La banca deve lavorare sulla data governance, ma ricordarsi di valorizzare la fiducia del cliente nella proposizione commerciale».

SCEGLIERE (BENE) AMICI E NEMICI

Imparare a scegliere i partner e a riconoscere i competitor. L’apertura portata dalla PSD2 costringerà le banche a imparare a selezionare i partner tecnologici. Qualcosa di abituale per le aziende IT, abituate a valutare strategicamente quando e come collaborare o, al contrario, competere. Anche con la medesima azienda, banca tradizionale, BigTech o FinTech che sia. Tutto dipenderà dallo specifico modello di business adottato da ciascuna banca. Tenendo a mente che la disruption portata da alcune FinTech ha portato un danno al mercato: offrendo “sottocosto” alcuni servizi, con strategie economicamente insostenibili nel medio e lungo termine, hanno contribuito a creare nel cliente l’idea pericolosa che un servizio sia gratuito, anche quando ha un costo industriale.