Riforma BCC, in arrivo dopo Natale?

Prosegue il dibattito sulla riforma delle BCC anche alla Leopolda. Federcasse ha respinto con forza la tesi che la numerosità e la dimensione delle BCC costituisca un problema, come ipotizzato dal Presidente del Consiglio, in occasione della Leopolda. Ogni BCC, sottolinea Federcasse, è inserita in una rete locale e nazionale che già genera economie di scala: la riforma sarà quindi un passaggio più avanzato nel far sistema.

La “grandezza” del Credito Cooperativo

Nascerà appunto un Gruppo Bancario Cooperativo, emblema di una coesione integrata adeguata ai tempi e all regole dell’Unione Bancaria e Federcasse, ricorda, ha già consegnato al Governo da oltre 4 mesi la propria organica proposta di riforma, condivisa con la Banca d’Italia. Sarà inoltre il primo gruppo italiano per capitali e il terzo per volumi complessivi: perché oggi il sistema delle BCC è solido (patrimonio di sistema a 20,5 miliardi; CET 1 Ratio 16,7) e anche le più piccole BCC sono state aiutate a restare nel mercato e a superare eventuali difficoltà. Dopo la riforma, che non ha l’obiettivo di ridurre il numero delle BCC, il sistema sarà ancora più competitivo e ancora più solido grazie a meccanismi di coesione integrata.

Federcasse prende distanza dalle 4 banche salvate

Federcasse chiede ancora una volta con forza di non assumersi quindi la responsabilità grave di associare la crisi delle 4 banche, per la cui risoluzione le BCC sono costrette a pagare nel giro di due settimane 225 milioni di euro, alla riforma delle stesse BCC attesa da mesi. Il decreto “salvabanche” è una misura congiunturale, il decreto che riformerà il sistema è invece strutturale. Posto all’attenzione anche quanto affermato dal Direttore Generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi che, nel corso della trasmissione televisiva “In mezz’ora”, ha sottolineato il ruolo storico e di sostegno alle economie locali delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali. Federcasse, a tal proposito, rimarca che le 4 banche portate a risoluzione non erano né tutte piccole né tutte di territorio: soprattutto non Banche di Credito Cooperativo. Le aziende bancarie (le cosiddette good banks) derivanti da quella misura di risoluzione sono tuttora operative e fanno concorrenza nei territori dove operano tutte le banche, soprattutto quelle territoriali e che hanno anche pagato per la loro risoluzione.

Cosa era successo durante la scorsa settimana

“Dopo Natale vogliamo consolidare le banche del credito cooperativo, facendone uno dei gruppi bancari più solidi sul modello del Crédit Agricole”. Matteo Renzi l’ha buttata lì nel mezzo di un’intervista a tutto tondo al Corriere della Sera, tra la Siria, la legge elettorale e le elezioni comunali di primavera. Ma la notizia è rilevante: la riforma delle BCC è in arrivo a gennaio? E, soprattutto, sarà il modello francese a fare da riferimento?

Apprezzamento di Federcasse

Federcasse, l’Associazione nazionale delle Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali, apprezza il rilancio del tema, dopo qualche mese di sonnolenza, in particolare per il riferimento a una scadenza temporale (per quanto non così precisa: dopo Natale, sì, ma quando?) e per l’indicazione di “favorire la costituzione di una realtà bancaria cooperativa originale e solida”.

Non “piace” il modello Crédit Agricole

Nel 2016, quindi, dovremmo conoscere il nuovo assetto del mondo bancario cooperativo. Ma, come sottolinea il Presidente di Federcasse, Alessandro Azzi, in una nota, “il Crédit Agricole è certamente un riferimento, ma la "via italiana" alla banca mutualistica che abbiamo elaborato è più moderna e più coerente con le caratteristiche del tessuto imprenditoriale e sociale del nostro Paese. Fra i 10 punti della nostra proposta, l'autonomia della singola BCC - che resta una cooperativa a mutualità prevalente, base della democrazia economica - sarà commisurata alla propria rischiosità. In Francia non è così. Le Casse locali hanno da decenni perso autonomia a beneficio delle Casse regionali. E ancora, la finalità mutualistica resta l'obiettivo della nascita di un Gruppo Bancario Cooperativo in Italia: supportare la capacità di servizio ai soci e di generare reddito da parte della singola BCC, di garantire stabilità, liquidità e conformità con le nuove insidiose e costose regole europee.

Quanti Gruppi ci saranno?

La questione, più importante è un’altra. Il “modello Crédit Agricole”, così come quello degli altri Gruppi Cooperativi europei, è in fase di revisione per venire incontro alla nuova regolamentazione europea e alla Vigilanza BCE. Il problema è che il Crédit Agricole non è la “Capogruppo unica” ipotizzata nei mesi scorsi e che tante polemiche aveva sollevato da parte dei “dissidenti” trentini e laziali. E sulla scelta definitiva tra modello multigruppo e monogruppo, ancora non ci sono certezze: bisognerà aspettare fino a dopo Natale. 

Aggiornamento del 14/12/2015

 

 

 

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