L’IT non è una legacy, ma il motore del cambiamento

Non inseguire la singola innovazione tecnologica, ma valutarla all’interno delle progettualità di gruppo. Marco Pozzi, AD e DG di Mediobanca Innovation Services e Group COO di Mediobanca, racconta come è cambiato il ruolo della società di servizi tra trasformazione digitale e riposizionamento del business del gruppo.
Mediobanca intervista 2018

Gestire l’innovazione tecnologica mantenendo un approccio progettuale di insieme orientato alla mission di servire tutte le aziende del Gruppo. Mediobanca Innovation Services (d’ora in poi MIS), nata nel 1993 come consorzio delle unità “organizzative” di diverse società del Gruppo Mediobanca, e trasformata poi nel 2013 nel Centro Servizi di Gruppo, interpreta così la propria mission di “presidiare le competenze, la gestione e lo sviluppo dell’ICT”. Un punto di svolta che ha visto l’IT assumere un ruolo crescente nelle strategie di crescita: il Piano Strategico 2016-2019 ha affiancato alla storica attività di banca d’affari due pilastri sinergici per riposizionare il business: il credito al consumo e il wealth management. E, come spiega ad AziendaBanca Marco Pozzi, l’IT è parte integrante di un cambiamento che è possibile realizzare solo facendo evolvere la macchina operativa, intervenendo sulle legacy “fisiche” e sulla cultura aziendale.

Domanda. Dottor Pozzi, da MIS passa circa il 50% dei 140 milioni di euro che il Gruppo Mediobanca investe annualmente in IT. Qual è il ruolo dell’azienda all’interno delle strategie di Mediobanca?
Risposta. In linea con il percorso di sviluppo ed evoluzione del sistema bancario italiano, anche Mediobanca sta vivendo un momento di forte e rapida trasformazione a supporto della spinta strategica su nuovi business. Ogni funzione, IT compresa, è parte di questa riorganizzazione. Mediobanca ha scelto un modello federato: il rafforzamento di MIS permette di centralizzare i servizi, alla ricerca di sinergia ed efficienza, con qualche eccezione. Si è scelto per alcune aziende del Gruppo come CheBanca! e Compass di mantenere le funzioni IT “locali”, garantendo un maggior presidio sulle specificità di business.

D. Come avete declinato concretamente l’obiettivo di perseguire sinergie ed efficienza?
R. MIS opera con una logica di mercato: come ogni azienda di servizi captive, dobbiamo migliorare costantemente la qualità del servizio erogato, ricercando al contempo efficienza e riduzione dei costi. Ci coordiniamo con le società del Gruppo per condividere ordine di priorità dei progetti e gli investimenti: alle implementazioni previste per il recepimento delle nuove normative si affiancano i nuovi progetti richiesti dal business. E in questo svolgiamo un ruolo fondamentale per conciliare l’esigenza di un continuo rinnovamento dell’infrastruttura con una sana gestione del patrimonio IT. Per farlo abbiamo riorganizzato la nostra struttura interna, affidando a Mauro Restelli e Cristina Boschesi, i due Vice Direttori Generali di MIS, rispettivamente le competenze sul Technical Partner Management e sulle Piattaforme Applicative di Gruppo, e ad Alessandro Campanini la responsabilità in Mediobanca della Governance IT a livello di Gruppo.

D. E poi c’è l’outsourcing. A inizio 2018, IBM ha preso in carico la gestione dell’infrastruttura IT e di tutti i servizi di end-user, connettività dati e sistemi periferici IT verso le aziende del Gruppo. Come siete arrivati a questa scelta?
R. Con IBM abbiamo costruito un percorso di consolidamento, ottimizzazione e innovazione nella direzione di un ambiente integrato, una vera roadmap per la trasformazione digitale. MIS supervisionerà costantemente l’outsourcer per confermare e migliorare gli standard qualitativi dell’infrastruttura tecnologica al servizio del Gruppo, garantendo la massima efficienza e sicurezza nel servizio al business. La scelta di esternalizzare è stata difficile ma obbligata. L’evoluzione del contesto di business e il rapido mutamento dei trend tecnologici impongono, e continueranno a imporre in futuro, un aggiornamento continuo delle strategie e dei modelli operativi IT. Grazie a un partner esterno possiamo accedere a tecnologie che, per la sola Mediobanca, avrebbero richiesto investimenti difficilmente sostenibili. Grazie a questa partnership, nel corso di un decennio otterremo vantaggi economici, migliorando la qualità del servizio e tenendo il passo con l’innovazione. L’operazione di esternalizzazione verso IBM ha inoltre coinciso con una serie di azioni di cambiamento interno di MIS: un ripensamento a 360° della propria organizzazione e dei propri processi. Innanzitutto si è lavorato al rafforzamento della pianificazione e dei processi di controllo, a partire dalla standardizzazione e revisione degli input fino alla riscrittura delle regole di allocazione dei costi verso i clienti interni. Il nuovo disegno promuove chiarezza nelle modalità di allocazione, aumenta la granularità dei servizi e apre la strada alla possibilità di confrontarsi con le Società Clienti su come e dove agire per migliorare la gestione della spesa IT.

Mediobanca intervista

D. Affronterete anche un problema noto dell’industria bancaria, quello dei sistemi legacy.
R. La partnership con IBM ci permetterà di gestire l’obsolescenza dell’infrastruttura e del software di base, andando verso un modello open, agile e cloud-ready. Oggi utilizziamo piattaforme cloud in ambiti non core o in aspetti strettamente legati alla clientela, come il CRM e prevediamo sviluppi hybrid cloud a supporto del business private. Come MIS affronteremo poi anche un percorso di modernizzazione del parco applicativo: legacy significa anche sistemi obsoleti, release non aggiornate, difficoltà di evoluzione, applicazioni da dismettere in prospettiva. Questo è un ostacolo all’evoluzione digitale. La “legacy” però non è solo tecnologica, ma può essere anche legata ad un certo retaggio culturale proprio dell’organizzazione.

D. Che intende?
R. Non c’è dubbio che sistemi informativi antiquati limitano la capacità di trasformazione della banca. Ma spesso anche la mentalità aziendale è di ostacolo. La resistenza al cambiamento, a volte fortissima, nasce proprio da questo retaggio culturale. L’IT non ha bisogno solo di tecnologia, ma anche di soft skill: dobbiamo concentrarci sul modo di pensare delle nostre risorse.

D. Un salto culturale importante è invece richiesto da uno dei grandi cambiamenti in atto nel settore bancario. Quello verso l’open banking, imposto dalla PSD2. Che impatti avrà, secondo Lei, questo cambiamento?
R. L’accesso ai dati transazionali dei conti dei clienti su altre banche apre la possibilità di conoscere la situazione finanziaria e i comportamenti del cliente ben oltre i rapporti aperti con il proprio istituto, portando ad esempio a migliorare la profilazione, lo scoring e il rating del cliente stesso analizzando questi dati aggiuntivi. Sicuramente le FinTech e gli OTT sono nelle migliori condizioni per fornire idee e risorse per implementare servizi innovativi. E se le banche vorranno diventare player attivi in questi nuovi ecosistemi e non farsi relegare al ruolo di fornitori di dati, dovranno sposare a pieno la filosofia collaborativa dell’open banking.

D. Per l’attività di MIS, nello specifico, che impatto avrà l’open banking?
R. Se Mediobanca – per la specificità del proprio business - è evidentemente lontana da essere e diventare open bank, all’interno del Gruppo vantiamo l’esperienza di CheBanca!, che si è invece mossa in largo anticipo rispetto all’entrata in vigore della PSD2. Già qualche anno fa in un’ottica lungimirante abbiamo supportato la banca nel ridisegno dell’home banking e della app per dispositivi mobili, partecipando alla creazione di un API Gateway: oggi la normativa sta diventando efficace, ma la banca è pronta già da diverso tempo a cogliere le opportunità in arrivo.

D. La normativa resta comunque un driver fondamentale per gli investimenti IT del settore bancario. Come gestite la continua evoluzione della regolamentazione?
R. Le richieste normative in questa fase sono preponderanti, ma si concentrano su alcune aree in continua evoluzione, per via anche dell’introduzione di componenti tecnologiche nuove. Pensiamo in particolare a nuovi prodotti, piattaforme, social e applicazioni che hanno reso necessario l’introduzione di norme per l’utilizzo e la protezione dei dati, come il GDPR, ma anche di regole per le operazioni di acquisizione, fusione ed esternalizzazione dell’IT, su cui è intervenuta anche EBA. È stato lo sviluppo del mercato dei pagamenti a rendere necessaria la PSD2, avviando la trasformazione verso l’open banking, come abbiamo visto. Poiché la normativa determina impatti significativi sulla gestione di un’infrastruttura IT sempre più complessa e diversificata - spesso con ricadute sul livello di rischio cyber della banca - è fondamentale avviare specifici programmi di adeguamento, che evidenzino le implicazioni che i cambiamenti nella regolamentazione, nella gestione dei dati e nella digitalizzazione hanno e avranno anche in futuro sull’intera tecnologia bancaria.

D. L’azione normativa e l’evoluzione del business hanno reso necessario per tutte le aziende, e per le banche in particolare, un ripensamento dell’approccio al tema della sicurezza informatica. Come state lavorando su questi aspetti?
R. Garantire la sicurezza dei dati e dei sistemi è un aspetto cruciale per le strutture IT: è un tema trasversale, con problematiche legate ad ambiti diversi, dalla gestione del rischio alla sicurezza software. I programmi aziendali di sicurezza IT vanno integrati con molti elementi innovativi, adottando un paradigma proattivo, ad esempio, con un framework di controlli outsourcing-centrico e sistemi di threat intelligence che correlino eventi di sicurezza a indicatori di compromissione e comportamenti. Senza dimenticarsi che un piano di cybersecurity al passo con le minacce non considera più solo l’elemento tecnologico, ma anche quello umano.

D. La sicurezza e la normativa sono molto attente a un aspetto assolutamente strategico anche per il business: i dati.
R. Parlando di dati, l’aspetto davvero fondamentale è la loro qualità. Il rispetto della normativa è un tema molto delicato e che assorbe molte energie. Il Regolatore chiede ormai alle banche di inviare segnalazioni sempre più tempestive. Serve quindi un dato di qualità, cioè aggiornato e corretto. Il Gruppo si è dotato di un Chief Data Officer la cui core missione è proprio la qualità del dato: il progetto più importante vuole realizzare un singolo datawarehouse di Gruppo, che consenta l’accesso di tutte le funzioni a una “single source of truth”, un repository in grado di garantire l’accuratezza, la granularità e il tempestivo aggiornamento dei dati rilevanti.

D. Nel programma di trasformazione dei prossimi anni figurano anche i servizi di cognitive computing. In quali ambiti ritiene più interessante l’applicazione dell’intelligenza artificiale?
R. Con CheBanca! stiamo testando un chatbot, basato sul sistema di AI di IBM “Watson”, che si dedicherà all’assistenza della clientela rispondendo direttamente alle richieste o smistandole, grazie alla routing intelligence, sul competence center di riferimento. C’è un progetto ampio in previsione per la riorganizzazione dei processi e delle attività del service desk infrastrutturale a disposizione di tutti i dipendenti del Gruppo. Il disegno target prevede una chat come canale base di comunicazione con l’help desk: i tempi di risposta saranno immediati, perché la gestione sarà affidata a Watson. Un operatore potrà comunque intervenire da remoto in ogni momento, se necessario, per risolvere il problema e scalare a una chiamata telefonica.

D. L’intelligenza artificiale non è solo chatbot. State lavorando anche sull’analisi automatica dei dati?
R. All’interno del cognitive computing abbiamo fatto una POC sull’analisi semantica di fonti interne ed esterne volte a individuare “liquidity events” - ovvero situazioni di generazione prospettica di liquidità di un potenziale cliente - che orienti e supporti i private banker nella ricerca e nel contatto con i prospect. In questo caso l’analisi di testi e di fonti informative pubbliche e a pagamento dovrebbe rendere estremamente più efficiente il lavoro di ricerca e messa in relazione di notizie e dati – attualmente svolto in modo manuale - incrementando drammaticamente il numero dei prospect identificati e l’efficacia della relazione. L’Intelligenza Artificiale viene anche attivamente utilizzata dalle nostre società di alternative asset management, CAIRN Capital a Londra e RAM AIa Ginevra, boutique specializzata nella gestione di sistematici, ovvero fondi che utilizzano SW e algoritmi sofisticati per generare rendimenti superiori alla media.

D. E per quanto riguarda l’automazione dei processi di back office, altro leit motiv degli ultimi mesi, quali progetti avete in cantiere?
R. Sul robotic process automation nel 2018 c’è stata un’accelerazione, con un test in corso da alcuni mesi che sta dando buoni risultati. Basandoci su regole e utilizzando modelli di dati, abbiamo sostituito alcune operazioni manuali e ripetitive con processi rapidi e a limitato rischio operativo. Il razionale strategico vuole evolvere verso una gestione sempre più automatizzata dal back office interno. Non si tratta di ridurre le risorse umane impiegate, piuttosto di liberare tempo delle nostre risorse da attività meccaniche e di routine. L’RPA, a parte casi molto rari, non sostituisce le persone ma gestisce processi banali e poco gratificanti, in cui l’elemento umano è meramente operativo.

D. Oltre a questi temi già strategici, quali innovazioni tecnologiche ritiene saranno determinanti nel futuro delle banche?
Stiamo valutando con attenzione diversi ambiti, comprese per esempio blockchain e DLT, anche se in questo caso con un atteggiamento attendista: con CheBanca! abbiamo partecipato ad alcuni progetti di sistema ma la blockchain a oggi non è una priorità, attendiamo eventuali use case che supportino un investimento in questo ambito. Al di là delle singole innovazioni tecnologiche, credo che l’importante sia selezionare gli investimenti, con un approccio corretto all’innovazione digitale: il day by day per noi va affrontato tenendo presenti la progettualità e l’imprenditorialità.

MIS Mediobanca Innovation Services serve tutte le principali società del Gruppo Mediobanca, a partire da Mediobanca, CheBanca! e Compass fino ad arrivare a Compagnie Monegasque de Banque (la private bank del Principato di Monaco) e Cairn Capital (l’Alternative Asset Manager di Londra).

L'articolo è tratto dal numero di novembre 2018 di AziendaBanca