Consorzio Agrario del Piemonte Orientale vittorioso sulla definizione fiscale in liquidazione coatta

Gli avvocati Alessandro Scheda e Cinzia De Micheli hanno assistito Consorzio Agrario del Piemonte Orientale Soc. Coop.; gli avvocati Mario Martelli e Giovanni Caliceti hanno rappresentato Banca IFIS S.p.A.

La controversia di cui alla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. V civile n. 31973/2025 (RG n. 10481/2020), ha visto quale parte ricorrente l’Agenzia delle Entrate e come controricorrenti il Consorzio Agrario del Piemonte Orientale Soc. Coop. e Banca IFIS S.p.A.

Il contenzioso trae origine da un avviso di accertamento IRPEG/IRES, relativo al periodo 1995-2011, notificato dall’Agenzia delle Entrate al Consorzio dopo una verifica fiscale volta a rideterminare il reddito d’impresa per il cosiddetto maxi-periodo fallimentare successivo alla liquidazione coatta amministrativa della società.

La vicenda ha inizio con la messa in liquidazione coatta amministrativa del Consorzio, avvenuta nel settembre 1995, con autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impresa. Dopo l’omologazione di un concordato nel 2011, con cui il Consorzio è rientrato in bonis, l’Agenzia delle Entrate ha riqualificato la situazione dichiarando, al posto della perdita dichiarata dal Consorzio, un reddito imponibile di oltre 1,8 milioni di euro, ritenendo che l’integrale soddisfacimento dei creditori previsto dal piano di concordato dovesse essere immediatamente rilevante ai fini fiscali. Successivamente, parte dei crediti fiscali vantati dal Consorzio sono stati ceduti a Banca IFIS.

In primo grado la Commissione Tributaria Provinciale di Torino aveva accolto la tesi difensiva del Consorzio, annullando l’avviso di accertamento. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate non aveva trovato esito favorevole presso la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che aveva confermato la decisione di annullamento.

Contro questa sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione. Il cuore della questione giuridica si è incentrato sull’interpretazione dell’art. 183, comma 2, TUIR (D.P.R. 917/1986), e in particolare sulla nozione di "residuo attivo" ai fini della determinazione del reddito d’impresa alla chiusura della procedura concorsuale. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che il residuo attivo dovesse essere calcolato come il valore dei cespiti al costo fiscalmente riconosciuto delle immobilizzazioni, assumendo che il concordato avesse già prodotto integrale soddisfacimento dei creditori.

La Cassazione invece ha ribadito che, nel caso di chiusura tramite concordato con rientro in bonis, il residuo attivo va calcolato tenendo conto delle passività ancora da soddisfare, non potendosi ritenere integrale l’estinzione dei debiti esclusivamente per effetto dell’omologazione del concordato.

La Suprema Corte ha quindi rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando l’annullamento dell’avviso di accertamento e statuendo che in simili casi la differenza tra residuo attivo e patrimonio netto debba essere calcolata secondo la reale situazione patrimoniale, inclusiva delle passività non ancora soddisfatte al termine della procedura. Le spese sono state integralmente compensate in ragione della novità della questione trattata. Questa decisione consolida l’orientamento secondo cui il rientro in bonis per effetto del concordato non equivale, dal punto di vista fiscale, all’integrale soddisfazione dei creditori.

Professionisti coinvolti nell'operazione: Caliceti Giovanni - Martelli Caliceti & Associati ; Martelli Mario - Martelli Caliceti & Associati ;

Studi Legali: Martelli Caliceti & Associati ;

Clienti: Banca IFIS;

 

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