La transizione energetica sarà esattamente come la crisi climatica: un problema globale, con molte soluzioni locali e differenziate. E anche il settore finanziario si adegua allo scenario, preparandosi a investire con una strategia differenziata.
L’approccio buoni vs. cattivi, green vs. brown, è “semplicistico” e non permetterà di raggiungere gli obiettivi che il mondo si è dato. Né, probabilmente, rendimenti interessanti.
È quanto emerge da una ricerca di PGIM, divisione di gestione degli investimenti di Prudential Financial, “Fueling the Future: Investing Across the Global Energy Landscape", che ha sintetizzato le strategie di 30 professionisti PGIM su temi come l’elettrificazione e il mix energetico a basse emissioni di carbonio.
«Nessuna fonte di energia ed elettricità è perfetta – è il commento di Shehriyar Antia, Head of Thematic Research di PGIM. Indipendentemente dal fatto che un investitore abbia o meno obiettivi di decarbonizzazione, è fondamentale che capisca quali sono le aziende che ci consentiranno di alimentare la transizione energetica e quali sono le tecnologie che potrebbero non essere all'altezza delle aspettative».
E, allora, vediamo su quali megatrend puntano gli esperti di PGIM.
1. Componenti per infrastrutture di energia rinnovabile: tutto il mondo sta investendo nelle rinnovabili e mercati enormi, come India e America Latina, sono ancora ai primi passi. Da qui nascono opportunità nelle infrastrutture complementari, come la tramissione e lo storage dell’energia, i componenti della rete, o il rame sul fronte delle materie prime.
2. Il gas naturale: eh sì, il tanto discusso gas viene considerato, da sempre, un combustibile di transizione fondamentale nel passaggio da carbone e petrolio alle rinnovabili. PGIM prevede un +50% di domanda di gas naturale liquido (GNL) da qui al 2040, quando anche Cina e Asia meridionale avvieranno l’abbandono del carbone.
3. Evitare gli hype: ci sono tecnologie verdi molto promettenti ma le cui aspettative sono da verificare in termini di scalabilità e implementazione nel breve termine. Tre in particolare: idrogeno verde, fusione nucleare, cattura dell’anidride carbonica. In questi ambiti, tra l’altro, è tutto da dimostrare anche che le startup emergenti possano sostituire gli operatori già esistenti e affermati. Anzi.
4. Non abbandonate le compagnie petrolifere: le grandi aziende Oil&Gas hanno ottime capacità di ascolto del mercato e ancora più significative capacità di investimento. E si stanno già orientando per mantenere il loro ruolo di fornitori di energia, indipendentemente dalle fonti primarie.
5. Meglio il debito nei mercati maturi: in Europa e negli USA potrebbero esserci migliori opportunità nel debito che nell’azionario, perché il credito è meno abbondante.
6. Privilegiare idroelettrico e geotermico: tecnologie mature, meno esposte al rischio di obsolescenza rispetto a eolico e solare, ma anche meno soggetti a concorrenza. Il report cita qui l’Italia, che insieme alla Scandinavia sta entrando in un periodo di ricapitalizzazione dei progetti. Ma si costruisce anche ex novo in America Latina.
7. Negli emergenti, sarà boom rinnovabile: l’India è, oggi, il quarto consumatore di elettricità al mondo e il terzo produttore da fonte rinnovabile. PGIM vede oppportunità nelle aziende che hanno esperienza in progetti su larga scala e relazioni con le autorità di regolamentazione locali.
8. I metalli critici per il futuro: attenzione ai metalli e ai minerali essenziali per il futuro dell’energia. L’Australia fornisce la metà del litio grezzo del mondo e sta espandendo le proprie capacità di esportazione di minerali pronti per le batterie. Ma la ricerca scientifica sta lavorando su batterie che usano materiali meno rari e più facilmente reperibili, specie in Occidente.