Mentre oltreoceano il candidato repubblicano alla presidenza degli USA, Donald Trump, ha più volte dichiarato di fare degli Stati Uniti una nazione leader nell’ambito delle cryptovalute, sui media italiani rimbalza la dichiarazione del viceministro alle Finanze, Maurizio Leo, su una imposta sostitutiva al 42% su Bitcoin (e quindi forse, per estensione, sulle criptovalute?). A partire dal 2025, cioè da dopodomani.
Per l’esattezza, come riportano agenzie e quotidiani: «Un tema importante riguarda le plusvalenze da Bitcoin dove, visto che questo fenomeno va diffondendosi, prevediamo un aumento della ritenuta dal 26% al 42%».
Sorvolando sulla ratio di una maggiore tassazione di un “fenomeno che va diffondendosi”, che ai più maliziosi può ricordare l'atteggiamento punitivo delle misure sulle sigarette, l’ipotesi ha fatto sobbalzare la nascente industria cripto italiana. Il rischio è di spostare denaro sia verso piattaforme estere non regolate, sia verso strumenti come gli ETP, gli ETC e gli EFT su Bitcoin, che resterebbero tassati al 26%.
Tarpando le ali allo sviluppo di una industria cripto nazionale.
L’associazione ItaliaFintech si è detta preoccupata dalla proposta, evidenziando il rischio di una fuga di capitali verso l’estero. E sottolineando che, secondo i dati dell'Organismo Agenti e Mediatori (OAM), il mercato a giugno 2024 in Italia registrava solo 1.947.887 clienti con un valore medio di 1.645,76 euro per cliente.
Una simile tassazione, tra i più alti in Europa, sarebbe un duro colpo per il mercato nazionale delle criptovalute e per le sue prospettive di sviluppo. «Settori ad alto impatto di innovazione tecnologica come quello delle Crypto attraggono soprattutto giovani laureati con forti competenze tech, e sono un bacino potenziale di sviluppo e innovazione da custodire in Italia – dichiara il Presidente di ItaliaFintech, Michelangelo Bottesini. Questa misura rischia di incentivare ulteriormente la propensione di giovani brillanti laureati a cercare all'estero sbocchi lavorativi stimolanti nei contenuti e attrattivi in termini di percorso di carriera».
«L'imposta sostitutiva al 42% prevista per il 2025 sarebbe fiscalmente discriminatoria e quindi iniqua, probabilmente anche incostituzionale – ha commentato in una nota Ferdinando Ametrano, CEO e co-founder di CheckSig. Come tutte le idee mal concepite, avrebbe l'effetto dannoso di far fuggire i capitali cripto dall'Italia, creando distorsioni di mercato e inducendo gli investitori a realizzare il capital gain entro la fine del 2024».
Gli fa eco Gianluca Sommariva, CEO e co-fondatore di Hodlie. «Trovo sorprendente e preoccupante la dichiarazione del viceministro, soprattutto in una manovra finanziaria che dovrebbe sostenere famiglie e imprese. Un aumento della tassazione al 42% sulle plusvalenze rappresenterebbe un duro colpo, specialmente per i piccoli investitori, che si troverebbero a dover affrontare una delle tassazioni più alte a livello globale. Mentre gli investitori istituzionali potrebbero eludere il problema tramite ETF e derivati, che continuerebbero a essere tassati al 26%, le imprese tecnologiche e finanziarie, soprattutto le startup, rischierebbero di trasferirsi all'estero per condizioni fiscali più vantaggiose. Questo scenario potrebbe provocare una fuga di capitali e ostacolare l'attrazione di investimenti stranieri, piuttosto che incentivarli».
Il rischio di una fuga di capitali è sottolineato anche dal mondo degli ETF, teoricamente avvantaggiato dall'ipotesi di una ritenuta al 42%.«Questa misura creerà più paura tra gli investitori e rischi di fuga di capitali che entrate per il nostro Erario - afferma Massimo Siano, Managing Director e responsabile per il Sud Europa di 21Shares. Come riportato recentemente dalla CONSOB, il 18% degli investitori italiani detengono criptovalute nei loro portafogli. Anche se non c'è nessun aumento sul capital gain degli ETP sulle criptovalute – i prodotti della mia società - non esulto per questo provvedimento. E non esulterei neanche se avessi solo bond. Chi mi assicura che nel prossimo futuro non sarà lo stesso anche per altri strumenti finanziari e classi di attivo?».
Sempre 21Shares in un'altra nota, aveva ricordato che la scelta di puntare sugli ETF fatta dalla azienda aveva il fine «di proteggere gli investitori dai rischi non direttamente legati alla performance delle criptovalute, ma correlati al loro possesso diretto, come quelli, per fare degli esempi, connessi alla sicurezza informatica o semplicemente alla conservazione delle credenziali di accesso alla rete. Per avere un’idea chiara, basta pensare che è possibile perdere l’investimento a seguito della perdita delle password o di un attacco hacker […] tutela anche dal rischio di controparte: se l’emittente dovesse dichiarare bancarotta, l’investimento resterebbe valido. […] la decisione che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato oggi non fa altro che rafforzare questa convinzione. Infatti, se le plusvalenze generate dagli investimenti diretti in criptovalute saranno tassate al 42%, e non più al 26%, quelle da ETP saranno ancora tassate al 26%».