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Quale Certificato a Capitale Protetto scegliere?

Quale Certificato a Capitale Protetto scegliere?

In un mercato caratterizzato da incertezze, la protezione del capitale investito è rilevante per molti risparmiatori. L'andamento recente dello S&P 500 ne è prova: sebbene ci sia stato un recupero dopo il calo di marzo-aprile, i mercati non hanno riportato i livelli massimi precedenti, e la volatilità rimane un rischio significativo a causa delle variabili macroeconomiche e geopolitiche attuali.

In tale scenario, le strategie finalizzate alla protezione del capitale si rivelano non solo attrattive ma anche necessarie non solo per gli investitori più cauti, ma anche per coloro che cercano di mantenere i profitti accumulati in passato.

I certificati a capitale protetto rispondono a questa necessità: essi sono strumenti che consentono di partecipare alle oscillazioni di mercato offrendo, diversamente dai tradizionali strumenti finanziari, una protezione parziale o totale del capitale a una data di scadenza prefissata e ben documentata fin dall'emissione.

Tuttavia, il termine "protezione" non ha una sola interpretazione e può essere applicato in vari modi. I prodotti disponibili sul mercato presentano configurazioni di protezione diverse, con differenti implicazioni in termini di rischio, rendimento e ruolo nel portafoglio.

Prendiamo in considerazione i certificati a capitale protetto al 100%, che rappresentano la forma più basilare e completa di protezione offerta dal settore finanziario. Questi strumenti garantiscono, alla scadenza, il rimborso totale del capitale nominale investito, anche in presenza di andamenti negativi dell'attività sottostante.

Oltre a questa garanzia, i certificati capital protection offrono l'opportunità di trarre vantaggio da eventuali performance positive del mercato, di solito tramite un meccanismo di partecipazione lineare fino a un limite massimo (il c.d. Cap), o amplificata da un effetto leva rispetto al sottostante.

Per esempio, un investitore che desiderasse investire nell'indice azionario globale MSCI World, senza ricorrere a un ETF tradizionale, potrebbe considerare un certificato a capitale protetto al 100% della durata di tre anni, con una partecipazione totale all'indice e un Cap fissato al 130%. Ciò implica per l'investitore che, se alla scadenza l'indice azionario fosse cresciuto, il rimborso massimo sarebbe di 130 euro (a fronte di un investimento iniziale di 100 euro).

In caso contrario, se l'indice subisse una diminuzione, si riceverebbe comunque almeno i 100 euro dell'investimento originale. Si tratta di una soluzione destinata agli investitori prudenti, conservativi, che aspirano a rendimenti superiori a quelli offerti da titoli di Stato o conti di deposito, ma senza esporsi al rischio di perdite, anche minime.

Ci sono anche certificati "short" con capitale protetto, non solo "long" come nei casi precedenti, che invece offrono l'opportunità di beneficiare di un possibile calo del titolo o indice sottostante.

Un investitore che prevede un ribasso dell’S&P 500, per esempio, potrebbe optare per un certificato bearish con una protezione del 100%: se l'indice diminuisse, potrebbe ottenere un rendimento fino a un valore massimo stabilito; se, al contrario, l'indice risalisse rispetto al prezzo iniziale, l'investitore riceverebbe comunque un rimborso minimo del capitale investito.

Anche i certificati che offrono a scadenza una protezione parziale del capitale sono molto comuni, come ad esempio quelli con una copertura del 90%. In questo ambito, l'investitore accetta un rischio limitato (con perdite fino al 10%) in cambio di una partecipazione più significativa ai potenziali guadagni.

Riprendendo l'esempio dell'indice MSCI World, un certificato con una protezione del 90% potrebbe offrire un limite superiore al 130%, presentando quindi la possibilità di un rendimento più alto rispetto a una protezione totale.

Grazie alla vasta gamma di certificati a capitale protetto disponibili, ogni investitore può individuare un giusto equilibrio tra rischio e rendimento, aumentando così la propria flessibilità. Nella progettazione del prodotto, rinunciare a una certa protezione consente agli ingegneri finanziari di abbattere il costo, a vantaggio di un potenziale rendimento più elevato.

Una evoluzione recente nel panorama dei certificati è rappresentata dalla tipologia di capitale protetto chiamata certificato a capitale più che protetto, che non solo protegge il capitale in caso di andamento negativo del mercato, ma prevede anche una performance minima alla scadenza oltre al rimborso del capitale investito.

Ad esempio, prendiamo in considerazione un più che protetto che investe in un indice e prevede, alla scadenza, una performance proporzionale all'indice e un rimborso minimo del 107% del valore nominale.

Questo implica che, anche se il sottostante ha avuto un andamento sfavorevole, l'investitore riceverà comunque 107 euro per ogni 100 investiti alla scadenza, ad esempio, dopo cinque anni. Tuttavia, in cambio, la partecipazione ai profitti è più limitata, a causa del costo più elevato necessario per garantire tale protezione nella fase di creazione del certificato.

Infine, esistono certificati "ibridi" che si trovano tra quelli a capitale protetto e i tradizionali Cash Collect, unendo una forma di protezione (sia parziale che totale) del capitale con cedole periodiche, fisse e/o condizionate.

Un esempio potrebbe essere un certificato legato all'azione di Eni, che offre una protezione totale a scadenza e cedole mensili dell'0,3%, a patto che il titolo rimanga al di sopra della barriera fissata al 70% del valore iniziale. Strumenti come questi forniscono dunque un flusso di reddito interessate per investitori che apprezzano il mercato obbligazionario, abbinato alla tutela del capitale protetto, costituendo una valida opzione all'investimento diretto in azioni.

È fondamentale sottolineare che la garanzia del capitale è valida solo al termine dell'investimento e se l'emittente non va in default.

In un ambito caratterizzato da incertezze, dove restare inattivi può portare a perdite per via dell'inflazione o opportunità mancate, i certificati a capitale protetto offrono una strategia d'investimento di interesse potenziale per gli investitori con esperienza nel modo obbligazionario che desiderano approcciare e beneficiare di quello azionario, ma mantenendo la caratteristica di protezione del capitale proprio del primo.

Stando ai dati di ACEPI, questi strumenti rappresentano circa il 60% dell'emissione nel mercato primario per il 2024 e nella prima parte del 2025. Per massimizzare i risultati, è però fondamentale considerare con attenzione quale sia la struttura più adeguata al proprio profilo di rischio e ai propri obiettivi finanziari.