Siamo tornati a parlare del possibile rischio reputazione per il crowdfunding real estate, in un momento chiave per l’entrata in vigore del Regolamento europeo e l’oggettiva difficoltà di una parte del settore immobiliare, alle prese con rincaro delle materie prime, rialzo repentino dei tassi e difficoltà legate ai bonus fiscali.
Un periodo che certamente cambierà lo scenario del crowdfunding italiano e di cui abbiamo parlato con Lorenzo Pedotti, CEO di Concrete Investing.
AG. Lorenzo, come sta il crowdfunding immobiliare in Italia?
LP. Devo premettere che noi siamo operativi dal 2019 e ci occupiamo di equity crowdfunding, quindi siamo stati da subito regolati da Consob.
Ma per diversi anni sul mercato italiano c’è stata una differenza tra l’equity, con una normativa e una Vigilanza ben definite, e il lending, in cui il livello di regolamentazione era ben diverso.
Credo che questo abbia creato della confusione nell’investitore, a cui si è sommata una comunicazione sul rischio, da parte delle piattaforme, che in alcuni casi è stata debole.
Dobbiamo anche ammettere che il crowdfunding è un settore giovane. E, come tale, ci sta che ci siano degli errori che vengono poi corretti strada facendo, ad esempio grazie al Regolamento Europeo, ma anche grazie alle azioni volontarie di ogni piattaforma.
AG. Voi che scelte avete fatto, su questo fronte?
LP. Abbiamo scelto di fare solo equity crowdfunding, perché riteniamo che per il sottostante immobiliare il capitale di rischio sia la cosa migliore. Abbiamo scelto anche di specializzarci sulle operazioni di sostituzione edilizia, oppure di ristrutturazioni importanti, nel residenziale di Milano.
E infatti dal 2019 a oggi abbiamo raccolto 60 milioni di euro e finanziato 31 progetti di sviluppo e 29 sono a Milano. Gli altri due si collocano a Bergamo Alta e in Sardegna.
AG. Quanti di questi sono stati liquidati?
LP. A oggi 14, entro fine luglio 2024 saranno 15. L’obiettivo è arrivare intorno alla 20ina entro fine anno.
AG. In altre interviste con operatori del crowdfunding immobiliare è emerso il tema del profilo dell’investitore e delle sue competenze finanziarie. L’investimento immobiliare può davvero essere democratizzato e alla portata di tutti?
LP. Noi abbiamo sfruttato la normativa sul crowdfunding per sviluppare un modello “Club Deal”, cioè operazioni in cui pochi soci investono grandi cifre per sostenere un progetto, in questo caso immobiliare.
Abbiamo quindi scelto di fissare una soglia di investimento minimo più alta rispetto ad altri portali. Su Concrete Investing, il ticket minimo è di 5mila euro. La nostra idea è che a una maggiore disponibilità finanziaria corrispondesse una migliore competenza.
Allo stesso tempo, un investimento di 5mila euro comporta anche una valutazione più attenta da parte dell’utente, che passerà più tempo a leggere la documentazione relativa al progetto. Con cifre molto basse, si rischia di incoraggiare un modello più giocoso, in cui non vengono approfonditi i progetti e le aziende che si vanno a finanziare.
AG. Questo non vi ha risparmiato recensioni molto dure per i progetti in ritardo.
LP. Parliamo di numeri statisticamente irrilevanti, una manciata di recensioni lasciate in luoghi in cui chiunque può scrivere in modo anonimo.
Commissioniamo ad aziende indipendenti delle indagini sulla soddisfazione della clientela e queste ci dicono che l’87% dei clienti è soddisfatto degli investimenti e il 78% è disposto a investire nuovamente su Concrete Investing.
Quindi, osserviamo con attenzione ciò che viene detto online, anche sui social media, ma non presidiamo canali non ufficiali in cui pochi soggetti possono scrivere quello che vogliono, senza alcuna verifica.
AG. Ci sono però recensioni con riferimenti a operazioni precise, a ritardi, a presunte difficoltà di comunicazione. Sono utenti della piattaforma.
LP. Abbiamo imparato a distinguere tra gestione della performance e gestione della paura. Chi ha investito in crowdfunding immobiliare nel 2019, quando siamo partiti, ha trovato sulla sua strada il Covid, il conflitto russo-ucraino, l’impennata dell’inflazione, l’impatto del Superbonus sul settore edile.
C’è voluto coraggio per investire su uno strumento illiquido come il real estate crowdfunding, in cui non c’è un mercato secondario. Chi ha competenze finanziarie sa che la valutazione va fatta alla fine di un progetto, che può avere dei tempi di attesa lunghi e imprevisti.
In molti altri casi, invece, ci troviamo a gestire la paura di chi non conosce questi aspetti. Dal punto di vista formale, Concrete Investing è solo un collocatore, ma restiamo un punto di riferimento sia per chi ha investito sia per chi ha raccolto. Ogni sei mesi pubblichiamo un report su ogni operazione, comprensivo di scostamenti rispetto al business plan, con aggiornamenti sugli elementi fondamentali, come gli aspetti urbanistici e amministrativi, oppure l’andamento delle vendite.
Cerchiamo di lavorare sulla comprensione del prodotto. Ci sono investitori arrabbiatissimi per exit in ritardo di sei mesi. I conti nel real estate si devono fare alla fine e le paure che sorgono nell’holding period possono essere rivalutate alla fine. Anche se difficilmente questi utenti investiranno di nuovo.
AG. Agli imprevisti di cui sopra dobbiamo aggiungere le inchieste della Procura del 2024. Anche queste sono state oggetti di commenti sui forum e sui social.
LP. Uno degli effetti positivi dell’avere scelto un ticket minimo di investimento più elevato è che ci permette di rivolgerci a operatori immobiliari strutturati, con relazioni bancarie consolidate, che guardavano al crowdfunding come una sorta di “colletta”. Il nostro posizionamento ha conquistato realtà con esperienze decennali.
I progetti che hanno raccolto su Concrete Investing hanno avuto l’appoggio di banche e operatori del real estate i cui investimenti si quantificano in milioni di euro. Tutti questi professionisti hanno sbagliato la valutazione dei progetti, Comune compreso?
AG. Con il Regolamento Crowdfunding sono cambiate le regole del gioco. Che impatto vi aspettate sul quadro competitivo in Italia? C’è spazio per tutte queste piattaforme, nel nostro Paese?
LP. Vediamo già una prima discontinuità. La nuova regolamentazione ha stretto le maglie e ha ridotto il numero di piattaforme autorizzate, siamo tra le 20 e le 25 (non solo di crowdfunding immobiliare, NdR).
Gli operatori vengono responsabilizzati su temi come la consapevolezza degli investitori e la sua comprensione dei rischi. In fase di onboarding il cliente deve compilare un questionario di sostenibilità di eventuali perdite e un questionario di appropriatezza, con tanto di domande di controllo e di coerenza. Faccio notare che quest’ultimo aspetto è un caso unico italiano, a cui non sono sottoposti gli operatori esteri passaportati.
Ci sono poi delle verifiche sui requisiti patrimoniali e dei meccanismi per limitare le possibilità di investimento per gli utenti che palesemente non capiscono il funzionamento del crowdfunding.
Noi, ad esempio, non permettiamo nessun investimento per 30 giorni e poi permettiamo di ricompilare i questionari. È un modo di lavorare sulla consapevolezza.
Penso che consolidamento nel nostro Paese sia inevitabile: pensiamo che la Francia, che nel 2023 ha raccolto 2 miliardi di euro col crowdfunding (non solo immobiliare, NdR) ha 15 portali autorizzati, mentre l’Italia con 120 milioni di raccolta ne ha già più di 20.
AG. Al di là della normativa, si può fare meglio per comunicare con il cliente?
LP. Credo che la vera sfida del crowdfunding real estate sia diventare più istituzionale. Confrontarsi con realtà medio-grandi che confrontano il rendimento di un’operazione con il benchmark. E investe di nuovo, se la prima operazione è andata bene.
Il cliente retail ragiona in modo diverso. Valuta anche gli aspetti relazionali: tempi e modalità di risposte alle email, l’assistenza sulle tematiche fiscali e così via. Il prodotto è nuovo e sta maturando.
Anche le piattaforme hanno fatto errori e tutti dovremo migliorare sugli aspetti legati all’esperienza. Penso che in questo il consolidamento del mercato avrà effetti positivi: i claim e le campagne di comunicazione sono tutti molto simili e sottolineano soprattutto le prospettive di ritorno finale. C’è il rischio di confondere il piccolo investitore.
Ci penserà anche il mercato: chi ha promesso performance e non le ha realizzate, verrà penalizzato.
AG. Oltre alla normativa cambia anche il mercato. State pensando di espandervi in altri comparti o tipologie di operazioni?
LP. Conosciamo bene il mercato milanese e siamo in grado di valutarlo. Restiamo convinti che la specializzazione sia una marcia in più per le piattaforme.
Stiamo guardando anche a operazioni non urbanisticamente complesse, come i frazionamenti di interi immobili da parte di un operatore, che va poi a vendere le singole unità.
E valutiamo anche destinazioni di utilizzo diverse dal residenziale, come quelle commerciali e asset dedicati all’hospitality, ovviamente nei limiti di raccolta, fissati dalla normativa in 5 milioni di euro. Anche fuori da Milano.