Tutela del Credito: dalla Direttiva UE un’opportunità per ridurre i tempi di recupero ed essere più efficienti

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Consolidamento ed evoluzione. Sono due parole chiave dell’edizione 2022 dell’Annual di Unirec, Unione Nazionale Imprese a Tutela del Credito.

Perché il settore, che ha continuato a crescere anche durante la pandemia, si deve ora confrontare con il recepimento, entro fine 2023, della direttiva UE “Credit servicers and credit purchasers”.

Il cui impatto andrà a sommarsi a uno scenario di mercato che mette sotto pressione soprattutto le realtà medie e medio-piccole.

Le diversità rispetto all’Europa

Il settore italiano della tutela del credito, fotografato da una ricerca di The European House Ambrosetti, ha infatti caratteristiche peculiari.

In primis, ha molti più attori di quanto non accade negli altri principali mercati europei. Il quadruplo della Francia e il triplo del Regno Unito.

Il fatturato medio, però, è decisamente più basso: 5,8 milioni di euro in Germania; 4,65 nel Regno Unito e appena 1,8 milioni in Italia.

Numeri alla mano, i player italiani del settore sono di dimensioni minori rispetto a quanto accade altrove e il mercato è frammentato.

Alcune difficoltà tutte italiane

Le nostre imprese operano però di fronte a complessità presenti solo in Italia. Con tre elementi che distinguono il mercato nazionale dagli altri big europei.

Il primo sono le tempistiche del sistema giudiziario, assai più lunghe che altrove: il cosiddetto Disposition Time delle cause civili e commerciali con contenzioso in primo grado è 2,1 volte più lungo della media europea. Metterci oltre il doppio del tempo ad agire per le vie legali è un elemento che si fa sentire.

Un secondo elemento è il tasso di educazione finanziaria, che ci vede al penultimo posto in UE.

Terzo: la scarsa diffusione della consulenza finanziaria indipendente e gratuita.

Una domanda che resterà inevitabilmente senza risposta, ma che è comunque opportuno farsi, è se la frammentazione del mercato e la sua complessità siano due fenomeni indipendenti oppure collegati da una relazione causa-effetto.

E quale delle due sia la causa dell’altra.

Che cosa cambia con la direttiva UE

Una spinta verso il cambiamento verrà dal recepimento, previsto entro fine 2023, della direttiva europea “Credit servicers and credit purchasers”, che introduce diverse novità.

Tra queste, l’obbligo di disclosure pre-vendita e post vendita, con un format standard che consentirà di avere maggiori informazioni sui portafogli oggetto di cessione.

Poi, figura anche un maggiore controllo sulle operazioni di acquisto, con comunicazioni al Regolatore. Di fatto, una supervisione del mercato secondario.

Altri elementi di innovazione riguardano l’introduzione di una licenza (che è a titolo personale in Italia, aziendale in Germania e Regno Unito, mentre non è necessaria una licenza in Francia e Spagna), l’applicazione delle regole della normativa antiriciclaggio (al momento in vigore solo in Italia) e una maggiore omogeneità per costi e modalità di accesso ai dati relativi alle posizioni.

I numeri del settore

Intanto, lo stock di crediti affidati per il recupero alle imprese associate Unirec ha raggiunto nel 2021 i 160 miliardi di euro, ma con un rallentamento rispetto gli ultimi anni.

In compenso, migliora la performance di recupero, arrivata nel 2021 al 40% sul numero di pratiche e all’11% degli importi.

Per il settore appare quindi fondamentale la capacità di mantenere e migliorare il livello di servizio nei prossimi anni.

«In questo scenario ambivalente e in via di evoluzione che entro fine 2023 l’Italia dovrà recepire la Direttiva Europea Credit servicers and credit purchasers – osserva Francesco Vovk, Presidente di Unirec. Questa pur essendo verticale sul settore degli NPL va a toccare il comparto eterogeneo e composito delle aziende della tutela del credito ancora oggi regolate dal Regio Decreto del 1931, una normativa, che limita in alcuni aspetti l’operato e lo sviluppo del settore. Si tratta di una occasione importante da cogliere come opportunità di evoluzione per permetter alla nostra industria di diventare ancora più moderna ed efficace, a favore del circolo virtuoso dell’economia, riducendo i tempi di recupero di quasi il 40%».

Per chi arriva il cambiamento

Nel settore operano più di 1.050 aziende: le 50 maggiori realizzano il 78% del fatturato e le prime 100 l’89%. Tre anni fa le percentuali erano di poco più alte, rispettivamente l’81% e il 90%.

La coesistenza di imprese di diverse dimensioni è un vantaggio per il settore. I player minori sono infatti molto agili e flessibili nel proporsi come sub servicer, riuscendo a farsi affidare la gestione di una parte dei portafogli.

In generale, è in crescita il ruolo delle realtà specializzate nel recupero di particolari categorie di crediti.

Le aziende di dimensioni medie sembrano invece quelle potenzialmente interessate da una fase di consolidamento del mercato. La presenza di costi fissi rilevanti, infatti, le rende meno agili e reattive al cambiamento, lasciando invece margini di miglioramento sul fronte delle economie di scala.

 

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