#define banking next

Le imprese italiane nel 2024 tra incertezza e default in risalita

Prospettive 2024 PMI italiane

Luca D’Amico, CEO di CRIF Ratings

Per le PMI italiane, gli ultimi anni sono stati tutt’altro che facili. Nel 2022 è nata l’espressione permacrisi, per indicare la presenza di molteplici e acute situazioni di emergenza sia in Europa, sia nel mondo.

Nel 2023 è invece emersa un’altra espressione, permaottimismo, una spinta a considerare la situazione di crisi permanente come una opportunità per rinascere e reinventarsi.

Ma come stanno davvero le imprese italiane? Abbiamo approfondito il tema con Luca D’Amico, CEO di CRIF Ratings, in un episodio di #define banking next, il podcast sulla banca del futuro che AziendaBanca realizza insieme a CRIF, di cui questa intervista è un adattamento in formato testuale.

AG. Luca, qual è lo stato di salute delle imprese italiane?

LDA. Partiamo sempre dai dati dell'Osservatorio Imprese di CRIF che ci dicono che nel 2023 le imprese italiane hanno continuato ad affrontare sfide significative legate alla instabilità economica e alle incertezze geopolitiche che tutti conosciamo.

Inoltre, anche nel 2024 le imprese continueranno a muoversi in uno scenario complesso e in rapido cambiamento. Le imprese devono quindi individuare delle strategie di adattamento e innovazione, per riuscire a sopravvivere prima e ad avere successo, poi.

I dati di CRIF fanno vedere due direttive molto evidenti per quanto riguarda lo stato di salute dell’imprenditoria italiana. Il primo è che prosegue il trend al rialzo dei tassi di default: in altre parole, aumentano le imprese che manifestano gravi stati di insolvenza (sofferenze, perdite ecc.) o scaduto/sconfino continuativo di 90 giorni

Il secondo è la crescita delle erogazioni di credito rispetto al 2022. Nel 2023, quindi, complessivamente è stato fornito più credito alle imprese: il 5,4% in più, in termini assoluti.

Questo dato ci dice che le imprese hanno avuto più bisogno di credito, probabilmente anche per il venire meno delle misure di sostegno governative varate durante la pandemia.

C’è un altro aspetto interessante e riguarda l’importo finanziato, che è cresciuto solo dell’1,7%. E questo ci dice che le imprese non vogliono indebitarsi per importi elevati, perché il debito è più oneroso, ora che i tassi di interesse sono aumentati.

A trainare questa domanda di credito sono le società di capitali, cioè quelle di maggiori dimensioni: il numero di finanziamenti attivati cresce dell’8,7% e l’importo richiesto di circa il 4%.

Le società più piccole, invece, sono colpite maggiormente dall’aumento dei tassi di interesse e continuano a richiedere credito, ma per un importo nettamente minore.

AG. Dal quadro che hai tracciato emergono appunto due trend molto diversi. Da un lato c’è una crescita nell’erogazione del credito, su cui ci hai fornito un po’ di numeri, dall’altro però c’è quell’aumento del tasso di default che sicuramente desta qualche preoccupazione. Hai qualche dato in più su questo? Che sta succedendo?

LDA. Succede che le misure di sostegno varate dal Governo durante la pandemia hanno contributo per molto tempo a contenere il tasso di default. Come ricordiamo, per un lungo periodo il tasso di default è stato in discesa, proprio grazie alle misure del governo.

Già nel 2022, però, avevamo visto dei segnali di una controtendenza. Nel 2023 siamo arrivati a una media del 2,39%, che conferma un trend rialzista, lento ma costante, rilevato in maniera generalizzata su tutte le categorie di imprese.

Questo significa che ogni 100 aziende quasi 2,5 non riescono a ripagare i debiti, oppure li pagano parzialmente e con gravi ritardi.

Questo trend al rialzo lo riscontriamo in maniera generalizzata su tutte le categorie di imprese: individuali, di persone e di capitali.

Purtroppo, la maggiore rischiosità delle imprese viene confermata anche dal più recente Studio Pagamenti di CRIF, che analizza l’andamento dei pagamenti commerciali.

Nel 2023 solo il 41,1% delle imprese ha pagato puntualmente, mentre i pagamenti con oltre 30 giorni di ritardo, rispetto alla data di scadenza della fattura, sfiora il 10%. Anche il fenomeno dei ritardi di pagamento è in crescita rispetto al 2022.

AG. Proprio con l’inizio della permacrisi abbiamo imparato che i dati complessivi sono cosa diversa dall’andamento dei diversi settori o addirittura di una singola impresa, che a volte riesce ad andare controcorrente grazie a idee e modelli particolarmente innovativi. Restiamo a livello di settori: ce ne sono alcuni che mostrano un andamento specifico e diverso rispetto agli altri?

LDA. Sì, ci sono alcuni settori su cui è opportuno dare qualche informazione in più, perché la risalita dei default non è stata omogenea a livello settoriale e alcuni dati confermano dei fenomeni che sono in atto già dal 2022.

Ci sono settori in cui il tasso di default, per le società di capitali, ha superato il 3%, con conseguenze importanti sulle richieste di credito fatte al sistema bancario.

Il primo è il Leisure, quindi le attività legate al tempo libero, che si conferma il settore più esposto al rischio. Qui il tasso di default è al 3,86%, con un picco nella ristorazione, dove si sfiora il 5%. La rischiosità più elevata della media è confermata anche dai ritardi nei pagamenti commerciali, che superano il mese nel 10% dei casi.

Peggiora la situazione per il settore Trasporti e Logistica, che ha un tasso di default del 3,64%. E in questo caso vediamo chiaramente un effetto delle instabilità politiche degli ultimi anni, che hanno conseguenze sul commercio e sui trasporti internazionali. L’ultima crisi è quella nel Mar Rosso, ma ci sono state molte difficoltà negli ultimi anni.

Peggiorano anche le Costruzioni, con un tasso di default del 3,2%. Qui ci attendiamo degli effetti negativi dopo la fine del Superbonus e la revisione dei bonus fiscali. E vediamo una dinamica negativa anche sull’andamento dei pagamenti commerciali.

Si segnala anche il settore del commercio di autoveicoli, in cui il rischio è elevato, con un tasso di default al 3,07%, ma tutto sommato stabile rispetto al 2022, quando era al 2,87%. Parliamo di un settore in forte trasformazione tecnologica e che dal punto di vista delle vendite risente di alcune difficoltà ormai da qualche anno.

AG. Questo per quanto riguarda il tasso di default. E che cosa è avvenuto, invece, per l’erogazione del credito a questi settori?

LDA. È giusto ribadire che questi settori hanno visto un forte rialzo del rischio di default, parliamo di circa 1 punto percentuale in 12 mesi, perché hanno affrontato l’impatto dell’instabilità sociopolitica e dei cambiamenti normativi e questo ha influenzato in modo negativo la loro situazione finanziaria.

Di conseguenza, è aumentato inevitabilmente il loro bisogno di credito, nel corso del 2023.

Nel Leisure, quindi le attività per il tempo libero, il numero di finanziamenti erogati è cresciuto del 10% circa, ma gli importi sono aumentati di poco, cioè dell’1,4%.

Nel settore Trasporti e Logistica abbiamo visto un aumento del numero di finanziamenti ( 13,5%), e degli importi, 9,6%. Questo sia per la situazione sociopolitica sia per la necessità di investire per ammodernare le flotte, in linea con le nuove normative europee sulla riconversione energetica.

Le Costruzioni, come anticipato prima, risentono del rallentamento degli incentivi. Il numero di finanziamenti attivati è cresciuto solo dell’1,4% e gli importi sono addirittura diminuiti, con una decrescita del 2,3%.

Vale la pena commentare in modo approfondito il settore Automobilistico. Perché è stato uno dei principali beneficiari della crescita dei finanziamenti nel 2023: quasi il 24% in più per numero di erogazioni e poco meno, il 22,2% in più, per l’importo.

Si tratta di segnali di ripresa del settore, che ha meno difficoltà nell’approvvigionamento. Anche i produttori hanno parzialmente smaltito il backlog, dopo anni di difficoltà per la pandemia prima e lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina poi.

In particolare, sul mercato c’è una domanda crescente di autoveicoli per le flotte aziendali. I finanziamenti finalizzati all’acquisto di auto sono aumentati del 7,6%, mentre vanno molto meglio quelli legati ai noleggi, che crescono del 13% circa, e al leasing auto, circa 18% di crescita.

AG. Tutti questi dati riguardano gli ultimi mesi. Che cosa vi aspettate per il 2024 per quanto riguarda il tasso di default delle imprese e l’accesso al credito?

LDA. Come CRIF Ratings, per il 2024 ci aspettiamo ancora un aumento della rischiosità per le società di capitali italiane, con un tasso di default intorno al 3,5%. Torneremo, così, intorno al livello pre-pandemia.

Vediamo che le imprese italiane si muovono in un contesto ancora instabile. Ci sono molti elementi di incertezza a livello globale: le tensioni in Medio Oriente, le decisioni di politica monetaria delle banche centrali, le elezioni negli Stati Uniti e per il Parlamento Europeo, la traiettoria economica e politica della Cina.

E a questo si aggiunge lo scenario domestico, ancora fragile.

Nel 2024 l’osservato speciale sarà il settore delle Costruzioni, già classificato ad alto rischio default. Nel corso di questo anno inizieranno a gravare i rimborsi della finanza agevolata ottenuta durante il periodo della pandemia e si ridurranno gli effetti delle misure di supporto straordinarie dell’ultimo triennio.

AG. In questo contesto così difficile, il sistema bancario e finanziario come può gestire al meglio il cliente impresa?

LDA. C’è una grande sfida evidente ed è quella del monitoraggio attento del profilo di rischio delle imprese e della sua evoluzione. Quando necessario, servirà agevolare il ricorso a strumenti di mitigazione del rischio delle PMI.

Si tratta di efficientare e potenziare i sistemi di valutazione creditizia con metodologie sempre aggiornate per intercettare al meglio i segnali di crisi attuali e prospettivi, qualcosa che come CRIF Ratings facciamo quotidianamente.

Bisognerà anche ridurre l’esposizione a rischio del portafoglio della banca e qui è utile assistere le imprese nella ricerca di fonti finanziarie complementari, come ad esempio i fondi governativi di finanza agevolata. Anche qui come CRIF collaboriamo con molte realtà per una gestione end-to-end dell’intero processo per ottenere questi contributi.