Tra fallimenti e liquidazioni volontarie, nel primo semestre del 2023 in Italia sono andati persi oltre 80mila posti di lavoro e un miliardo di euro di valore aggiunto, stando a uno studio condotto da Cerved.
Per la prima volta dopo un anno e mezzo di decrescita, nel secondo trimestre del 2023 sono tornati ad aumentare i fallimenti delle imprese italiane. Le liquidazioni volontarie hanno visto un’impennata di oltre il 25%.
In particolare, soffrono le ditte individuali e le PMI, come già evidenziato nel 2022 dalla crisi di liquidità e dall’allungamento dei tempi di pagamento verso i fornitori, che spesso sfocia in ritardi e mancati pagamenti.
A guidare i fallimenti sono soprattutto le ditte individuali. Le società di capitali fanno registrare nel complesso un lieve aumento, trainato dalla fascia di aziende tra i 2 e i 10 milioni di euro di fatturato.
I comparti più colpiti sono l’industria e i servizi, in particolare i prodotti da forno, gli alberghi e i prodotti all’ingrosso per le costruzioni, che già nel 2022 avevano registrato livelli elevati di indebitamento e un peggioramento delle abitudini di pagamento. La crescita maggiore si registra nel Nord-est e al Centro.
Sono le principali evidenze dello studio “Le chiusure di impresa nel 2q 2023 e gli impatti sull’economia reale” realizzato da Cerved. Fallimenti e liquidazioni volontarie sono due fenomeni distinti che riflettono cause diverse.
I primi sono il risultato di un processo di deterioramento dei fondamentali finanziari che avviene nel corso del tempo ed è quasi sempre anticipato da una riduzione del giro d’affari dell’impresa. Le seconde riflettono in maniera più istantanea il peggioramento delle aspettative imprenditoriali, dal momento che la chiusura in bonis è in genere legata a margini attesi non sufficienti a proseguire l’attività imprenditoriale.
«Nel triennio 2020-22, gli effetti delle crisi e del rallentamento congiunturale non si sono tradotti in un aumento delle uscite dal mercato e delle chiusure di impresa, che hanno registrato sei trimestri consecutivi di riduzione mantenendosi su livelli ampiamente inferiori al pre-Covid – afferma Andrea Mignanelli, Amministratore Delegato di Cerved. Tuttavia, i dati del 2023 fanno emergere una chiara inversione di tendenza. L’impennata dell’inflazione si è manifestata in modo asimmetrico sulle imprese. Intercettare tempestivamente segnali di allarme e gestire situazioni di crisi, avvalendosi di dati, algoritmi predittivi e tecnologia, è fondamentale».