Dati CRIF

Effetto moratoria sui fallimenti: +43,6% nel 2021, in calo sul 2019

CRIF-fallimenti-imprese-2021

In uno scenario ancora condizionato dalle ripercussioni della pandemia sull’economia reale, la moratoria che ha consentito di sospendere il pagamento delle rate sui finanziamenti in essere ha contribuito in modo determinante a evitare un drastico peggioramento della rischiosità delle imprese. Questo risulta evidente anche analizzando l’andamento dei fallimenti rispetto agli anni pre-Covid.

Difficile confrontarsi con il 2020

Nello specifico, secondo un’analisi realizzata da CRIBIS - società del gruppo CRIF specializzata nella business information - nei primi nove mesi del 2021 sono state 6.761 le imprese italiane costrette a portare i libri in tribunale. Se questo dato risulta sensibilmente maggiore rispetto ai 4.709 fallimenti dello stesso periodo 2020, va però evidenziato come il confronto risulti relativamente significativo vista la sospensione dell’attività dei tribunali durante lo scorso anno a causa della diffusione del Covid e del conseguente lockdown. Facendo invece un confronto con il corrispondente periodo del 2019, il dato rilevato a fine settembre evidenzia una diminuzione del -15,9%, quando i fallimenti registrati erano stati 8.042. Analoga dinamica anche per gli anni precedenti.

CRIF grafico

Soffrono commercio, edilizia e industria

Per quanto riguarda i settori maggiormente colpiti, fra gennaio e settembre 2021 è il commercio ad aver fatto segnare il maggior numero di fallimenti (con 1.955 casi), seguito dai servizi (1.659), dall’edilizia (1.235) e dall’industria (1.084). Le regioni che invece hanno fatto registrare la maggiore incidenza di fallimenti sul totale delle aziende attive sul territorio regionale sono nell’ordine Lazio, Lombardia, Toscana, Sicilia e Sardegna, mentre quelle con l’incidenza più bassa sono Trentino Alto Adige, Molise, Friuli - Venezia Giulia e Calabria. Lo studio di CRIBIS ha analizzato anche i concordati preventivi, che nei primi 9 mesi dell’anno in corso sono stati 360, un dato in crescita del +20,4% rispetto all’analogo periodo del 2020, quando le procedure erano state 299, ma inferiore rispetto ai 402 del 2019.

Il ruolo delle moratorie (ma l’effetto si sta riducendo)

Sull’andamento dei fallimenti ha inciso non solo il rallentamento dell’attività dei tribunali ma, indubbiamente, un ruolo di rilievo è stato giocato anche dall’entrata in vigore della moratoria che ha consentito di sospendere il rimborso delle rate alle imprese messe in difficoltà dalla pandemia.

A questo riguardo, relativamente al comparto business la dinamica registrata da CRIF nell’ultima rilevazione disponibile mette in luce come alla fine di settembre la sospensione dei crediti rateali risultava ancora attiva sull’8,7% dei contratti di credito delle imprese, in deciso calo rispetto al picco del 24,1% che si registrava a fine ottobre 2020. Nello specifico, il 75,8% delle moratorie risulta ancora applicata ai finanziamenti riconducibili a società di capitali, con in particolare le SRL intestatarie di quasi il 56% del totale dei contratti. L’incidenza delle società di persone sul totale è invece complessivamente pari al 21% (con un 8,6% di contratti con le rate ancora congelate) mentre quello delle ditte individuali spiega il 3% del totale (il restante 0,2% non è attribuibile).

Per quanto riguarda l’importo medio della rata mensile e il debito residuo, risultano pari rispettivamente a 2.423 euro e 167.411 euro, a conferma del fatto che il provvedimento è ancora applicato sui finanziamenti di entità più significativa.

Per le società di capitali la rata media mensile sospesa risulta pari a 2.689 euro a fronte di un importo residuo per estinguere il finanziamento di poco superiore ai 180mila euro. Decisamente più contenuto il valore della rata oggetto di sospensione da parte delle società di persone, pari 1.437 euro, e delle ditte individuali, con 814 euro.

Analizzando nel dettaglio le diverse forme giuridiche delle imprese, il dato che balza agli occhi è quello delle società cooperative, con una quota di contratti ancora congelati pari all’11% del totale dei finanziamenti attivi. L’analisi condotta da CRIF fa emergere anche che il 23,7% del totale dei contratti delle imprese sui quali risulta ancora attiva la moratoria è rappresentato da mutui immobiliari, contro il 9,8% di prestiti personali, l’8,6% dei contratti di leasing, l’8,5% dei mutui di liquidità e il 2,7% dei prestiti finalizzati.

L’ammontare delle rate medie congelate

Entrando nel dettaglio, per i mutui immobiliari riconducibili a imprese la rata media mensile che risulta congelata è pari a 3.316 euro mentre l’importo residuo ancora da rimborsare è di 407.632 euro.

Per i mutui di liquidità, la rata media che ancora risulta sospesa è pari a 3.197 euro a fronte di un debito residuo di oltre 141mila euro. Per i prestiti personali la rata sospesa dei contratti ancora in moratoria è pari a 1.895 euro, a fronte di un debito residuo di oltre 38mila euro, contro i 1.276 euro dei contratti di leasing e ai 492 euro dei prestiti finalizzati. Riguardo la distribuzione dei contratti ai quali è stata applicata la moratoria nelle differenti regioni del Paese, il 23,3% del totale riguarda imprese della Lombardia, regione nella quale il 9,5% dei contratti di finanziamento ancora beneficia della sospensione delle rate (a fronte di un picco vicino al 30%). Seguono il Lazio, con il 12,7%, e l’Emilia Romagna, con il 10,1%. Le regioni nelle quali è più elevata l’incidenza dei contratti sospesi grazie alla moratoria sono, però, il Lazio e la Valle d’Aosta, entrambe con una quota pari al 12,8% del totale, l’Abruzzo, con il 12,7%, e l’Umbria, con l’11,6%. In tutte queste regioni, nella fase di picco la quota di contratti sospesi superava abbondantemente il 30%.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di dicembre 2021 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop