La composizione negoziata: l’asso nella manica del Codice della crisi d’impresa?

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Da sinistra: Valeria Mazzoletti e Paolo Pototschnig, Partner dello Studio Orsingher Ortu

L’attenzione del nostro legislatore è stata spesso rivolta alla crisi d’impresa, con numerose riforme che hanno perseguito l’obbiettivo di conservare i valori aziendali espressi dalla sua attività caratteristica, prevenendo il momento in cui l’unica strada percorribile divenga quella di una sua liquidazione atomistica.

Culmine di questa stagione riformatrice sarà il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza che, il 15 luglio, manda in soffitta la legge fallimentare dopo quasi ottant’anni di vigenza. Ed è intuitivo che qualsiasi soluzione della crisi d’impresa può rivelarsi efficace solo se le difficoltà, legate a criticità finanziarie o di business, non assumano connotati tali da compromettere irrimediabilmente il destino aziendale.

In questa prospettiva, un ruolo centrale dovrebbe essere assegnato alla composizione negoziata, strumento introdotto nello scorso mese di novembre, che troverà una collocazione istituzionale nella prima parte del Codice, sostituendo e, nella sostanza, riproducendo il sistema dell’allerta e della composizione della crisi.

Che cosa è la composizione negoziata

Ma in cosa si sostanzia la composizione negoziata? Si tratta di uno strumento agevolativo di possibili accordi tra impresa e creditori, rispetto al quale dovrebbe risultare marginale il ruolo dell’Autorità giudiziaria e assumere invece rilevanza centrale una nuova figura professionale che, con espressione forse un po’ enfatica, è definita come l’esperto.

Che cosa fa l’esperto

Il suo ruolo è quello di svolgere un’opera di cooperazione con l’impresa in crisi per individuare le possibili soluzioni che possano portare ad una intesa con i creditori, favorendo e poi seguendo le trattative nella direzione del risanamento.

L’esperto deve essere dotato di particolari qualifiche professionali ed è nominato da una commissione, istituita presso le Camere di Commercio dei capoluoghi di Regione, tra gli iscritti in un elenco tenuto dagli stessi enti.

Particolare enfasi è posta anche sull’indipendenza dell’esperto, nonché sulla riservatezza che deve connotare la sua attività, anche successivamente alla conclusione delle trattative che possono sfociare in accordi privatistici o nel ricorso agli strumenti alternativi alle procedure di insolvenza, quali gli accordi di ristrutturazione o i concordati preventivi, solo per menzionare i più diffusi.

La nomina via piattaforma digitale

In epoca di digitalizzazione, il legislatore si è anche preoccupato di favorire il ricorso alla composizione negoziata istituendo una piattaforma dove l’imprenditore deve inserire la domanda di nomina dell’esperto, che dà il via al procedimento, e la documentazione prescritta, e può anche effettuare un test sulle prospettive di risanamento, oltre a trovare altri riferimenti utili per condurre il tentativo di ristrutturazione aziendale.

265 istanze al 10 giugno

Siamo di fronte a uno strumento che si pone a pieno titolo nel solco dell’obiettivo del legislatore, ma che inevitabilmente sconta il carattere della novità.

Al 10 giugno 2022 risultano presentate 256 istanze per la nomina dell’esperto: è certamente prematuro tracciare un primo bilancio del funzionamento dell’istituto, ma è comunque possibile fin d’ora segnalare alcuni aspetti nevralgici relativi al suo funzionamento.

L’efficienza dei presidi legislativi

In primo luogo, occorrerà verificare l’efficienza dei presidi legislativi che dovrebbero favorire il ricorso allo strumento.

Muovendo dalla oggettiva constatazione della fisiologica, seppur talora comprensibile, ritrosia degli imprenditori a riconoscere la crisi e soprattutto ad attivarsi tempestivamente, un ruolo centrale appare affidato agli organi di controllo societario ai quali è attribuito un dovere di segnalazione agli amministratori in caso di inerzia o ritardi da parte di questi ultimi.

Un effettivo, ma anche equilibrato e informato, rispetto di questo dovere dovrebbe fungere da sprone, mentre meno pregnante si presenta, almeno all’apparenza, il sistema delle segnalazioni dei cosiddetti creditori pubblici qualificati, l’Agenzia delle Entrate, Agente per la Riscossione e l’INPS (Il Codice aggiungerà anche l’INAIL), in caso di debiti scaduti, perché i criteri stabiliti per regolare l’obbligo potrebbero rendere le segnalazioni spesso intempestive.

Rari gli esperti dirigenti

Dai dati più aggiornati risulta poi che, degli iscritti come esperti, oltre l’81% sono dottori commercialisti e oltre il 17% sono avvocati, mentre i dirigenti d’azienda superano a stento l’1%.

Nel momento in cui si vuole evitare che la crisi risulti irreversibile, è quasi sempre indispensabile che l’esperto debba conoscere il settore industriale o commerciale di riferimento, competenza che può rivelarsi ben più significativa rispetto a quella contabile. Il punto non è sfuggito al legislatore che ha rimarcato come l’esperto debba avere adeguate competenze e possa farsi assistere da altri professionisti in ragione delle esigenze del caso concreto, dei cui costi si deve però far carico l’esperto stesso.

Ma è proprio la possibile carenza di figure preparate sul piano aziendalistico che potrebbe costituire un vulnus per la composizione negoziata, anche sotto il profilo della credibilità verso creditori che devono essere selezionati in base alle esigenze di risanamento, nonché persuasi della opportunità di partecipare alle trattative e della convenienza prospettica di un accordo.

La diffidenza dei creditori

E veniamo a questi ultimi, che potrebbero nutrire una certa diffidenza verso la composizione negoziata non solo per la novità dello strumento, ma anche perché dalle prime esperienze emergono non infrequenti iniziative dal sapore dilatorio, che, come già accaduto in passato per il concordato preventivo, potrebbero far pensare a utilizzi strumentali tesi solo a bloccare le attività di recupero dei crediti, nonché a giungere al concordato semplificato, una nuova figura prettamente liquidatoria in cui però, contraddittoriamente, non è richiesta alcuna adesione da parte dei creditori.

Su questo fronte sembra assumere una portata molto significativa l’intervento dell’Autorità giudiziaria. Si è detto che il coinvolgimento dei tribunali dovrebbe essere circoscritto e risultare limitato, oltre che alle autorizzazioni a determinati atti gestori, a un provvedimento che può confermare o meno misure protettive e cautelari che consentano lo svolgimento delle trattative “a bocce ferme” nei rapporti con i creditori.

Tuttavia, l’elevata percentuale di casi in cui all’istanza di accesso all’istituto si accompagna la richiesta di misure protettive (il 66% al 10 giugno 2022), fa sì che in quella sede, che vede coinvolti il giudice, l’esperto e i creditori destinatari delle misure, si rivelino le reali prospettive di risanamento. E ciò che si constata è un approccio severo da parte dei Tribunali nel verificare i presupposti del ricorso alla composizione negoziata, approccio condivisibile in quanto, di fatto, atto a stroncare sul nascere tentativi di risanamento impercorribili.

L’aspetto delle responsabilità

Su tutto l’istituto aleggia comunque un aspetto potenzialmente decisivo per il successo o meno della composizione negoziata, quello delle responsabilità.

Il nuovo strumento poggia su una base prettamente volontaristica: sulla carta l’imprenditore è libero di accedervi così come i creditori non sono vincolati ad avviare le trattative e concludere un accordo.

Tuttavia, guardando al contesto complessivo del Codice, le norme possono prestarsi ad interpretazioni che, nel caso concreto, ravvisino nel ricorso a questo strumento un comportamento quasi doveroso, tenuto conto delle previsioni sull’adeguatezza degli assetti organizzativi dell’impresa rispetto alla rilevazione dei segnali di crisi e sugli obblighi di tempestiva adozione di iniziative dirette al risanamento.

Per altro verso, vi sono disposizioni che impegnano i creditori a comportamenti collaborativi e informati nel corso delle trattative avviate, mentre il sistema delle protezioni per gli atti nel frattempo compiuti non sembra disegnato nel modo più rassicurante per i creditori stessi.

Sotto entrambi i profili, è opportuno che prevalgano applicazioni delle norme equilibrate e non penalizzanti per la composizione negoziata, quali potrebbero essere interpretazioni di questi doveri troppo severe e non coerenti con lo spirito della riforma.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di luglio/agosto 2022 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop

 

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