Italia. Economia circolare in meno di 1 piccola impresa su 3

Circular Economy Report 2023
Davide Chiaroni, Responsabile scientifico del Report e co-fondatore di Energy&Strategy

Rallenta l’espansione della circular economy e aumenta lo scetticismo a riguardo, mentre l’Italia rimane il fanalino di coda europeo per investimenti privati.

Questo lo spettro che emerge dal Circular Economy Report 2023 della Energy&Strategy - School of Management del Politecnico di Milano.

I numeri nel dettaglio

Come sottolinea lo studio, i risparmi ottenuti in Italia nell’ultimo anno grazie all’adozione di pratiche di economia circolare equivalgono a 1,2 miliardi di euro, per il 57% nelle costruzioni, che fanno salire il totale a 15,6 miliardi, cioè appena il 15% dell’obiettivo di 103 miliardi fissato al 2030.

Resta quindi un gap di quasi 88 miliardi, che significa che per colmarlo bisognerebbe risparmiarne circa 11 miliardi all’anno, decuplicando l’attuale sforzo.

L’Italia infatti è al penultimo posto tra i grandi Paesi europei per gli investimenti privati in Economia circolare (e purtroppo nelle piccole imprese crescono coloro che non intendono farli, saliti in un anno dal 38% al 47%) e il suo posizionamento complessivo è sostenuto principalmente dalla capacità di riciclare i rifiuti, attività virtuosa ma del tutto insufficiente, visto che dal riciclo sarebbe tempo di passare al riuso.

«L’Economia circolare è uno dei due pilastri fondamentali della transizione ecologica – commenta Davide Chiaroni, Responsabile scientifico del Report e co-fondatore di Energy&Strategy. Senza soluzioni strutturali che ci consentano di soddisfare la domanda in crescita di beni e servizi con una riduzione del fabbisogno di materie prime, soprattutto quelle critiche, non potremmo mantenere la sostenibilità del sistema economico.

Eppure, rispetto alla decarbonizzazione per la quale è indispensabile (sfruttandola appieno, al 2030 la Circular economy porterebbe a una riduzione delle emissioni pari a circa 6,2 MtCO2eq, mentre al ritmo attuale non si andrebbe oltre i 2,2 MtCO2eq), l’economia circolare non ha l’attenzione che merita.

Specialmente in Italia, dove è spesso identificata solo con il riciclo dei rifiuti e dove le difficoltà economiche hanno portato ad accantonarla, soprattutto nel caso delle imprese più piccole. È necessario invertire subito questa tendenza, anche tramite maggiori investimenti pubblici e un quadro normativo stabile e incentivante».

Segnali incoraggianti

Nonostante il gap con l’Europa, non mancano segnali incoraggianti. L’Italia è seconda in Europa per numero totale di brevetti relativi all’Economia circolare e sono 210 le startup circolari che hanno raccolto 122,7 milioni di euro di finanziamenti, circa un quinto di quelli ottenuti da realtà climate-tech ma ancora un’inezia se si considerano i 2,4 miliardi andati nel solo 2022 al totale delle startup italiane.

La survey sul livello di adozione dell’Economia circolare tra le imprese italiane

Il Circular Economy Report riporta i risultati di una survey sull’adozione dell’Economia circolare condotta intervistando le imprese italiane di 7 settori chiave: quasi il 60% delle grandi aziende ha adottato almeno una pratica (e si sale all’87% includendo chi lo farà), ma si scende al 29% nelle piccole, dove al contrario crescono del 9% gli “scettici” che non ne vogliono sapere, passati dal 38% del 2022 al 47% del 2023.

La transizione verso l’Economia circolare per il 70% delle imprese è ancora ai primi passi (appena il 2% afferma di averla completata), con un livello medio di 2,06 in una scala da un minimo di 1 a un massimo di 5.

L’impegno delle aziende è orientato alla valorizzazione del fine vita dei prodotti traendo materie prime seconde dagli scarti, a scapito delle pratiche incentrate su design ed estensione dell’utilizzo.

Aumenta il tasso di riciclo, ma ancora bassi gli investimenti

Tuttavia, negli ultimi anni si è allargata la forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e il tasso di riciclo: nel 2010 erano rispettivamente il 35,3% e il 34%, mentre nel 2021 hanno raggiunto il 64% e il 48,1% (fonte ISPRA), dimostrando che un flusso omogeneo in termini di raccolta è condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere elevati tassi di riciclo.

Il livello degli investimenti privati è ancora troppo basso, in più della metà dei casi inferiore ai 50mila euro: questo favorisce il tempo di rientro (entro l’anno per il 41% delle imprese) ma ciò accade perché riguarda interventi semplici e non strutturali su processi e prodotti.

Gli ostacoli, specifica il report, vanno cercati negli elevati costi di investimento, correlati all’alto tempo di rientro, e nell’incertezza legata alla normativa e agli incentivi.

Uno sguardo ai settori

Quanto ai settori, emergono disomogeneità in termini di adozione delle pratiche e di livello della transizione: Building & Construction e Impiantistica Industriale sono quelli che registrano più progetti (rispettivamente il 61% e il 48% di imprese hanno adottato almeno una pratica manageriale), mentre l’Automotive è fanalino di coda con meno di un’impresa su quattro che si è attivata, nonostante il significativo potenziale. Le tecnologie digitali si confermano fondamentali, a partire dai sistemi avanzati di gestione dei dati.

Ammettendo che la diffusione dell’Economia circolare prosegua alla velocità che ha ora, si avrebbe una riduzione delle emissioni al 2030 pari a circa 2,2 MtCO2eq: di questi, oltre 1 MtCO2eq, cioè a quasi il 46%, deriverebbe dal settore Building&Construction, seguito da Food&Beverage e Automotive (rispettivamente oltre il 21% e il 20%), mentre Arredamento e Impiantistica Industriale darebbero il minor contributo.

Innovazione tecnologica, bene il Nord

L’analisi delle startup circolari italiane ha identificato 210 realtà ad alto contenuto innovativo fondate tra gennaio 2018 e maggio 2023, collocate per il 65% al Nord, in particolare in Lombardia (34%, pari a 71 startup) e il 35% raggruppato in tre città: Milano (45), Torino (15) e Roma (15). Metà di esse è concentrata in quattro settori economici: Agroalimentare (39), Tessile (33), Energia (20) e Gestione rifiuti (18).

Sotto il profilo tecnologico predominano realtà legate ad attività di riciclo/recupero energetico per i settori dell’Energia e della Gestione dei rifiuti, ma sono rilevanti anche la riprogettazione dei processi di produzione e dei modelli di consumo (ecodesign) per Tessile, Costruzioni e Trasporti, nonché l’estensione della vita dei prodotti con attività di riuso/riparazione per Tessile, Elettronica (ricondizionamento) e Trasporti (sharing e riuso).

Le startup che gestiscono soluzioni di matrice organica sono invece prevalenti nella sostituzione delle materie primeutilizzate, favorendo quelle biologiche o di scarto, specialmente nei settori Agroalimentare, Costruzioni ed Healthcare.

Energia e Agroalimentare capitalizzano i finanziamenti

Sebbene lo studio sottolinei la necessità di potenziare i finanziamenti, questi risultano concentrati per lo più nel settore energetico (62 milioni di euro) e agroalimentare (21, con il maggior numero di startup finanziate, 19 su 39).

La regione dove si colloca la maggior parte delle startup finanziate risulta la Lombardia (88 milioni di euro, pari al 70%), seguita da Piemonte (6,9 milioni) e Veneto (5,9).

 

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