I tre fattori che cambieranno il risparmio gestito

La tecnologia, il comportamento dei nativi digitali e la nuova regolamentazione sono i tre fattori chiave che rivoluzioneranno il settore del risparmio gestito nel medio periodo, secondo un report pubblicato da CACEIS, asset servicing del gruppo Crédit Agricole, e pubblicato con PwC Luxemburg.

Tecnologia e normativa cambiano il risparmio gestito

#1: i nativi digitali

Uno dei fattori più imprevedibili è la “Generazione Y”, cioè i nativi digitali nati a cavallo del III Millennio e cresciuti vivendo la tecnologia digitale come qualcosa di naturale. Il report individua tra i rischi quello di ridurre l’attività di distribuzione dei fondi a una funzione tecnologica e poco di più. Un timore incarnato dalla crescita dei robo-advisor: secondo i dati di Corporate Insight, questi strumenti a fine 2014 gestivano direttamente già 19 miliardi di dollari. Come si compete con uno strumento che in automatico alloca il portafoglio, gestisce il rischio in modo personalizzato e permette un accesso 24/7 ai mercati da dispositivo mobile, con fee più contenute?

Come dare valore alla consulenza umana?

La risposta sembra banale: fornendo valore al cliente tramite il servizio di consulenza “umana”. Poi tradurla in realtà è un’altra questione. La “Generazione Y” è anche quella del “tutto gratis” che ha già scardinato i modelli di business analogici del settore musicale e cinematografico (molto meno, però, nel caso di quello editoriale-librario: e varrebbe la pena rifletterci meglio per trarne qualche lesson learned). Chiedere a un nativo digitale di “pagare per qualcosa” significa potergli offrire un valore importante. Come? Una possibile risorsa potrebbero essere i cosiddetti big data: elaborando le folli quantità di informazioni disponibili sul cliente per fornire soluzioni personalizzate sui suoi bisogni. Ma anche fornendogli una “guida” in una tempesta di dati finanziari (provenienti da social media, blog, canali TV, portali online e così via): aiutandolo cioè a capire come investire i propri soldi. Trasformando i dati in informazioni: potrebbe essere un altro modo di declinare la consulenza.

#2: la tecnologia (e i player tecnologici)

Intanto, player tradizionali e potenziali nuove entranti prendono posizione lungo la catena del valore. Gli asset manager puntano sulle app per conquistare un posto al sole sugli smartphone dei loro clienti: con qualche ritardo, probabilmente, rispetto ad altri ambiti del Finance come i pagamenti. Mentre clienti e promotori parleranno sempre di più tramite smartphone, tablet e social media. Una strategia multicanale di contatto passerà dalle piattaforme e dai dispositivi che il cliente utilizza ogni giorno, da Facebook a Twitter fino a YouTube, potenzialmente strumento di elezione per informare clienti e intermediari sui temi finanziari del momento.

#3: la normativa

La regolamentazione è senza dubbio la meno glamour tra le tre sfide del settore. Il report di Caceis individua due normative particolarmente importanti: l’introduzione, a gennaio 2013, della RDR in UK e, successivamente, in Australia, Singapore, Sud Africa e Olanda, e l’entrata in vigore della MiFID II nel 2017. Queste hanno un impatto non solo sui modelli distributivi, ma anche sull’attività dell’intermediario, chiamato a spiegare al cliente in maniera chiara e trasparente il livello e la tipologia di consulenza, il grado di autonomia e di indipendenza che riesce a garantire esplicitando il compenso che il cliente deve essere disposto a pagare. Inevitabilmente un investitore retail chiederà massima trasparenza per quanto riguarda le politiche commissionali e finirà per favorire i prodotti più convenienti e le soluzioni personalizzate. E sarà interessante vedere come queste richieste potrebbero trovare una risposta vincente integrando consulenza e tecnologia.