I DATI DEL POLIMI

Lo smart working sul piatto della bilancia. Tra benefici e criticità

smart working banca

Da una parte un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, più efficienza e anche maggiore fiducia e autonomia. Dall’altro, stress tecnologico, over-working e mancato diritto alla disconnessione. Tra vantaggi e difficoltà, lo smart working prosegue la sua evoluzione.

Dallo smart working non si torna indietro. È vero, gli uffici stanno riaprendo e si stanno ripopolando. Ma questo graduale rientro in presenza non segna il declino dello smart working, che piuttosto viene rimodulato alla ricerca di un migliore equilibrio tra lavoro in sede e a distanza: ed ecco che quasi tutte le grandi imprese danno la possibilità di lavorare 2 giorni a settimana in ufficio e i restanti da remoto, o viceversa. Ponendo i primi passi per la realizzazione di un modello di lavoro ibrido.

Perché proseguire con lo smart working?

La scelta di proseguire con lo smart working è motivata da una serie di benefici, riscontrati sia dai lavoratori, sia dalle aziende: primo fra tutti, il famoso work-life balance, il delicato equilibrio tra vita lavorativa e privata, che è migliorato per le grandi imprese, finance incluso, e per i lavoratori (dati Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano). Inoltre, anche analizzando le motivazioni che spingono i lavoratori a scegliere un’azienda piuttosto che un’altra, la flessibilità assume un ruolo sempre più importante (prioritario per il 12% dei lavoratori italiani), mentre uno su cinque guarda ancora al compenso (dati “The Working Future”, Bain & Company, 2022). Gli smart worker affermano inoltre che si sentono più efficienti nello svolgere le proprie mansioni, oltre che più efficaci. Ed è inoltre cresciuta la fiducia fra manager e collaboratori e la comunicazione tra colleghi: la tecnologia, infatti, ha sopperito in modo efficiente alla diminuzione dei contatti di persona (dati ”Lavoro liquido: a che punto siamo tra Smartworking e nuova governance”, Reverse, 2022).

Stress tecnologico e over-working

Questo non vuol dire che lo smart working, soprattutto quello emergenziale e quindi forzato, non abbia avuto delle conseguenze negative. È diminuita infatti la percentuale di smart worker pienamente ingaggiati, ovvero legati all’azienda e attaccati al proprio lavoro, oltre che soddisfatti (dal 18% al 7%). Il tecno-stress, cioè gli impatti negativi a livello comportamentale o psicologico causati dall’uso delle tecnologie, ha interessato un lavoratore su 4: in particolare donne e responsabili. E molti lavoratori, in particolare i manager, hanno sofferto di over-working: ovvero, hanno dedicato un’alta quantità del loro tempo ad attività lavorative, trascurando i momenti di riposo (dati Osservatorio Smart Working).

Le tutele: dal diritto alla disconnessione alle dotazioni tecnologiche

Servono dunque delle tutele importanti, che devono essere definite da policy aziendale, come il rispetto del diritto alla disconnessione. Gli smart worker lamentano infatti che, lavorando da casa, hanno dovuto essere maggiormente disponibili online, e gli HR Manager si stanno muovendo quindi per trovare la corretta gestione della reperibilità di chi lavora da remoto, attraverso azioni di diverso tipo: come ufficializzare un ampliamento dell’orario di reperibilità e promuovere una gestione autonoma dei team. La regolamentazione è naturalmente necessaria per entrambe le parti, per evitare screzi e rendere tutto più sicuro. Inoltre, la maggior parte dei lavoratori vorrebbe che l’azienda partecipasse alle spese sostenute da chi lavora da casa (per es. la connessione a internet, la postazione di lavoro, etc.), anche se non tutte le aziende sono pronte a modificare il contratto per includere una partecipazione alle spese di smart working (dati “The Working Future”).

Si lavora per obiettivi

Questa nuova modalità di lavoro ibrida richiede di ripensare la valutazione delle performance in azienda. Molte banche hanno già riprogrammato il lavoro su obiettivi per agevolare il lavoro, in particolare da remoto: l’orario, in questo modo, è fluido e non bisogna rispettare i tradizionali orari di timbratura del cartellino, ad esempio, a beneficio del work-life balance.

La formazione: tra digital skill e qualità umane

Le aziende pongono sempre più attenzione inoltre ai percorsi di formazione, attivati anche in periodi pre-pandemici, che ora si svolgono su piattaforme di e-learning, attraverso webinar a frequenza obbligatoria e, in alcuni casi, partecipando a delle Academy online. Tra i temi approfonditi spiccano quelli di leadership, che esaltano qualità umane come la capacità di risolvere i problemi ma anche l’empatia e la creatività, e l’affinamento delle digital skill. L’obiettivo è infatti sviluppare ulteriormente il talento, per avere personale formato e capace di muoversi in un nuovo contesto lavorativo e di mercato.

I nuovi spazi di lavoro

Infine, la nuova modalità ibrida, richiede un ripensamento degli spazi di lavoro. Un restyling per niente affatto banale, dove la tecnologia fa da padrona: ecco quindi nascere open space dove le scrivanie si prenotano via app, postazioni arricchite da strumenti per video conferenze che permettono a tutti, in presenza o da remoto, di partecipare, etc. Con portate diverse da azienda ad azienda: c’è infatti chi ha scelto di ottimizzare gli spazi già presenti, chi invece è in procinto di allargare il numero di sedi così da raggiungere, e accontentare, una maggiore platea di lavoratori che deve organizzarsi tra lavoro in sede e da remoto.

Benefici sociali e ambientali dello smart working

I benefici e le opportunità che derivano dallo smart working riguardano anche una maggiore sostenibilità sociale e ambientale. Secondo l’indagine del Politecnico di Milano, per le grandi imprese la sua applicazione su larga scala favorisce l’inclusione delle persone che vivono lontano dalla sede di lavoro (81%), dei genitori (79%) e di chi si prende cura di anziani e disabili (63%). La possibilità di lavorare in media 2,5 giorni a settimana da casa porterà poi a significativi risparmi di tempo e risorse per gli spostamenti: 123 ore l’anno e 1.450 euro in meno per ogni lavoratore che usa l’automobile per recarsi in ufficio. In termini di impatto ambientale, infine, si stima che il ricorso allo smart working dopo la pandemia dovrebbe comportare minori emissioni di CO2: circa 1,8 milioni di tonnellate, pari all’anidride carbonica che potrebbero assorbire 51 milioni di alberi.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio 2022 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop