Survey Willis Towers Watson

Più smart working, minore retribuzione?

Dallo smart working non si torna indietro. Ma potrebbe cambiare la retribuzione. Ecco quanto emerso dalla survey “Flexible Work and Rewards Survey” condotta da Willis Towers Watson.

retribuzione smart working Willis Tower Watson

Le imprese europee prevedono per i prossimi tre anni che un terzo (29%) dei propri dipendenti continui a lavorare da casa, con una riduzione contenuta rispetto al dato attuale (38%) legato naturalmente alla pandemia.

Lo smart working è strategia

Ma anche se alcuni dipendenti torneranno in ufficio, non appena ci sarà maggiore sicurezza, il lavoro da remoto, che tre anni fa riguardava appena il 6% della popolazione aziendale, diventerà una trasformazione strategica di lungo periodo.

Le prospettive in Italia

Eppure c’è un timore, già annunciato da alcune grandi aziende: la possibilità di pagare diversamente le persona a seconda del luogo in cui lavora. Ma guardiamo ai numeri dell’Italia e alle prospettive: il 94% delle aziende (85% la media europea) pagherà i dipendenti che lavorano da remoto quanto quelli che lavorano in ufficio, a prescindere dal luogo di lavoro quindi.

Mentre il 6% (5% la medie UE) differenzierà la retribuzione in base a dove i dipendenti da remoto effettivamente vivono.

Il 42% delle aziende ha poi affermato di non essere interessato a dove viene svolto il lavoro (39% per la media europea).

Delocalizzazioni in vista

Le aziende tuttavia stanno considerando alcune delocalizzazioni del lavoro all’estero. Il 33% dei ruoli che adesso sono gestiti con un’organizzazione flessibile del lavoro sarà trasferito in altri Paesi nel corso dei prossimi tre anni (14% per la media UE), mentre il 12% delle aziende afferma che non delocalizzerà alcun posto di lavoro di questo tipo (29%, la media UE).

Manca ancora una policy ufficiale per lo smart working

Il 27% dei datori di lavoro non ha inoltre ancora una policy ufficiale per la gestione flessibile del lavoro (34% la media europea).