Una quota minima di genere del 33% negli organi di amministrazione e controllo. È la novità più forte in tema di Risorse Umane, dell’aggiornamento delle Disposizioni di vigilanza sul governo societario delle banche, la “285” di Banca d’Italia.
Se le banche quotate partono in vantaggio, almeno per quanto riguarda il CdA, grazie all’ormai decennale esperienza della Legge Golfo Mosca, per tutte le altre realtà dotate di licenza bancaria l’obiettivo è ancora lontano, come ci spiega Roberta Sapia, Responsabile Financial Services di Mercer.
AG. Roberta, a che punto sono le banche italiane rispetto alla quota del 33% fissata dall’ultimo aggiornamento della 285?
RS. Tra le aziende Finance quotate al FTSE MIB la quota di donne è al 37,44%, per effetto della Legge Golfo Mosca, ma le Disposizioni di Banca d’Italia si occupano di un framework più ampio. Se guardiamo alla prima linea, al top management, vediamo che in assenza di una legge la percentuale femminile cala velocemente, anche tra le quotate: siamo al 10% nel Finance, contro il 16% delle aziende non finanziarie. Nei quadri, la quota di donne sale al 32% per passare poi in maggioranza, il 55%, tra gli impiegati.
AG. Nella nota che accompagnava l’aggiornamento della 285 Banca d’Italia ha sottolineato che le modifiche sono arrivate dopo altre azioni che puntavano a uno spontaneo riequilibrio tra i generi in banca.
RS. L’incoraggiamento non è bastato, c’è voluta una norma. E se guardiamo all’esperienza della Golfo Mosca, vediamo che dieci anni dopo siamo arrivati al 37% di donne nel CdA: cioè appena sopra quanto imposto dalla norma. Non c’è stato un ribilanciamento verso la parità, ma ci si è limitati al rispetto della quota.
AG. Concretamente, che cosa cambia ora per le banche?
RS. Dovranno raggiungere la quota del 33% di donne negli organismi di amministrazione e controllo, non oltre il primo rinnovo integrale del consiglio. Se questo è previsto dopo il 1 gennaio 2022, l’obiettivo va raggiunto comunque entro il 1 giugno 2024. Per le realtà di dimensioni minori sono previste tempistiche diverse: entro il 1 giugno 2024 va raggiunta la quota del 20% ed entro il 2027 quella del 33%.
AG. Per le banche più piccole, la tematica della rappresentanza di genere negli organismi di amministrazione e controllo sembra più difficile. Perché secondo te?
RS. Le modalità di indicazione e di scelta dei partecipanti al Consiglio di Amministrazione, nelle aziende territoriali, vede, tra le altre tematiche, la rappresentanza di diversi interessi locali e proprio per questo si osserva un turn over meno accelerato rispetto alle realtà più grandi. In cui il tema è più sentito anche per ragioni di comunicazione: le grandi istituzioni finanziarie sono abituate a dovere rispondere anche del tema dell’uguaglianza di genere a investitori e opinione pubblica.
AG. Parliamo comunque di un 33% di donne nei Consigli di Amministrazione. Mentre nella prima linea manageriale, come abbiamo visto prima, solo 1 top manager su 10 è donna.
RS. La quota di donne negli esecutivi crescerà grazie alla pipeline, dall’interno. Il punto di vista di Mercer è che gli obblighi imposti dalla normativa possono dare un effetto propulsivo per le aziende. La Direttiva introduce anche tra i temi di rilevanza strategica le decisioni sui fattori ambientali, di governance e sociali, tra cui le tematiche Gender Pay Gap, Gender Balance (e anche il FinTech, NdR). La normativa fungerò da volano per superare i limiti attuali, ancor di più alla luce delle norme di cui è attesa a breve l’emanazione sulla gender neutrality in tema di politiche e prassi di remunerazione nel settore bancario.
AG. Ne parleremo sicuramente, a tempo debito. Ma a guardare i dati emerge un bilanciamento tra i generi tra gli impiegati, che poi scompare nella parte alta del management. È solo una questione culturale delle banche?
RS. Il passaggio dalle funzioni quadro a quelle dirigenziali prima e apicali poi, avviene, in genere, tra i 35 e i 45 anni. La normativa introduce principi di diversity nei vari processi della gestione HR. Servono sistemi di performance, di sviluppo, di non-bias, di ascolto di quello che avviene in azienda e fuori. Nel nostro Paese, ad esempio, sono stati introdotti solo di recente i congedi di paternità. Alcuni cambiamenti di paradigma richiedono molto tempo. E molte realtà che aggregano il mondo femminile in ottica di knowledge sharing, come ad esempio Valore D, facilitano lo sviluppo di una cultura diversa.
AG. Nel mondo FinTech, invece, la questione dell’uguaglianza di genere sembra porsi meno.
RS. A livello Europeo, per il settore startup, ci sono diversi incentivi per allineare i comportamenti delle aziende ai loro interessi. Penso agli incentivi per quelle realtà che hanno donne nel panel. Sicuramente nelle aziende della tecnologia e del digitale c’è maggiore consapevolezza che la diversità porta valore. La nuova normativa spingerà questo cambiamento anche nel banking.