Servizi finanziari, stipendi in crescita del 13,5% negli ultimi 3 anni in Italia

Servizi finanziari, stipendi in crescita del 13,5%
Marco Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia

Stipendi in crescita per chi lavora nei servizi finanziari in Italia. Grazie ai buoni risultati portati a casa dagli istituti finanziari, le retribuzioni hanno registrato una crescita del 13,5% nel triennio, per quanto riguarda la componente fissa.

Secondo lo studio Pan-European Financial Services Survey di Mercer, che in Italia ha coinvolto oltre 40 aziende e circa 7.500 osservazioni, la crescita degli utili lordi nel 2024 (+17% sul 2023), l’aumento della capitalizzazione di mercato (+25%), il consolidamento attraverso operazioni di M&A e il rinnovo dei contratti collettivi hanno contribuito a questa crescita.

Un incremento che, tuttavia, non è omogeneo: solo alcune professionalità, in particolare quelle legate al Finance e alla tecnologia ne hanno beneficiato maggiormente, entrambe con un salto del 20% in più nel periodo.

In questa fase di profonda trasformazione digitale, tecnologica e normativa, il turnover del settore è tornato ai minimi (2,9%), un dato positivo ma che rinnova l’attenzione a non disperdere competenze critiche in una fase così delicata.

Ampliamo lo sguardo

Se i servizi finanziari brillano per crescita dei salari, guardando al mercato del lavoro italiano, in generale, la competitività sul fronte retributivo continua a scemare e sempre meno salari sono adeguati all’inflazione. Un fenomeno che interessa il Sud Italia quanto il Nord, perché le differenze salariali tra le diverse aree geografiche si stanno assottigliando.

Trend in rallentamento

La nuova edizione dello studio Total Remuneration Survey di Mercer, business di Marsh McLennan, ha condotto un’analisi su un campione di 735 aziende italiane, per un totale di circa 270mila osservazioni retributive, ed evidenzia come il picco inflazionistico del 2022 abbia portato a un incremento dei budget per la revisione salariale.

Tuttavia, dal 2023 il trend è in rallentamento: si è passati dal 4% al 3,4% del 2025, con una previsione di stabilità per il 2026 nonostante un’inflazione stimata in lieve crescita.

Allo stesso tempo, si allarga la platea dei beneficiari delle revisioni: se prima del 2022 circa un terzo dei dipendenti percepiva aumenti di stipendio, nel 2025 la percentuale si è alzata al 55%, segno che le revisioni sono dettate dal cercare di sostenere il potere di acquisto dei salari, più che dal merito.

Salari in rialzo per le fasce retributive più basse

Nella fotografia delle variazioni a parità di ruolo emergono dinamiche di contenimento della crescita delle retribuzioni lungo la piramide organizzativa: gli impiegati registrano una crescita media del 4,8%, i junior/middle manager del 4,1%, mentre per la fascia executive ci si ferma al 3,5% e, per i senior manager, al 2,6%. È un segnale evidente di come le aziende stiano cercando di proteggere le fasce retributive più deboli.

Si assottigliano le differenze salariali a livello geografico

Un fenomeno simile si osserva anche a livello territoriale: Milano, che nel 2017 garantiva stipendi superiori del 9% rispetto alla media nazionale, oggi si ferma a un +3%.

Nel Mezzogiorno, il divario negativo si riduce dal -10% al -7%.

La geografia dunque pesa sempre meno nella competitività salariale: le aziende nelle aree periferiche sono oggi obbligate ad avvicinarsi alla media nazionale per poter attrarre le stesse competenze.

Il settore più competitivo: Life Science

Dal punto di vista settoriale, il comparto Life Science resta il settore più competitivo con retribuzioni fisse superiori del 7% alla media, mentre i servizi non finanziari registrano un significativo -9%; a livello di figure professionali, quelle Finance e Sales&Marketing si confermano le più premiate, mentre le funzioni Quality sono le meno competitive (-3%).

Gli stipendi dei professionisti tra i più bassi d’Europa

Lo studio traccia anche l’andamento delle retribuzioni di professionisti e degli executive rispetto al panorama europeo.

Nel nostro Paese le figure inquadrate come professional si collocano al penultimo posto nell’Unione, davanti solo alla Polonia, con una distanza del 24% rispetto alla media europea.

La posizione degli executive è leggermente migliore, ma il gap resta dell’11%. La struttura retributiva italiana è inoltre sbilanciata verso l’alto: la retribuzione di un executive vale in media 3,7 volte quella di un professional, un rapporto tra i peggiori in Europa e che, in uno scenario di piena Pay Transparency, diventerà sempre più difficile da sostenere.

«La trasparenza retributiva europea renderà inevitabile il confronto, e l'Italia oggi fatica a reggerlo in termini di competitività degli stipendi – commenta Marco Morelli, Amministratore Delegato di Mercer Italia. Le aziende possono impegnarsi su salari ed equità, ma devono anche fare i conti con la sostenibilità economica. Per colmare questo divario servono nuove modalità di lavoro e investimenti mirati sulle competenze, oltre a un’integrazione strategica dell’intelligenza artificiale. Solo così potremo aumentare produttività e valore delle persone».

 

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