GrowishPay punta ai pagamenti scolastici con ScuolaPay [PODCAST]

In questo episodio di #define banking torniamo a parlare di realtà innovative nel settore dei pagamenti, incontrando Claudio Cubito, CEO e co-founder di GrowishPay.

ScuolaPay app

Puoi leggere l'intervista in formato testuale o ascoltare l'episodio numero 20 di #define banking.

Ascolta "#20. FinTech alla conquista della scuola: GrowishPay lancia ScuolaPay" su Spreaker.

Domanda. Claudio, ci spieghi che cosa è GrowishPay e come è nata questa idea imprenditoriale?

Risposta. GrowishPay è una startup italiana nata per occuparsi di social payment, cioè quei pagamenti che avvengono tra persone, o tra una o più persone verso merchant, per occasioni di uso o community specifiche. Per farti qualche esempio: regali di compleanno, per la nascita di un bimbo o per una laurea. Ci siamo poi espansi nell’ambiti dei viaggi e delle liste nozze. E prossimamente arriveremo nel mondo della scuola.

D. Del lancio di ScuolaPay parliamo a brevissimo. Intanto, come funziona GrowishPay?
RPermettiamo alle persone di creare in modo semplice, con un click, una sorta di busta virtuale per fare delle collette online. Almeno, questo nella primissima versione del progetto. Nel 2015 abbiamo infatti creato una versione migliorata della nostra tecnologia per listenozzeonline.com, che permette agli sposi di gestire diversi aspetti delle nozze. I tavoli, la lista degli invitati e così via. Dietro a tutto questo c’è un conto di pagamento elettronica su cui gli invitati possono versare la propria quota con carta di credito o bonifico bancario. Gli sposi possono anche simulare una lista dei desideri e chiedere agli invitati di contribuire al raggiungimento di obiettivi come un viaggio da sogno o gli elettrodomestici. I soldi finiscono comunque in un wallet di moneta elettronica intestato agli sposi.

D. Che cosa possono farci, i beneficiari, con questi soldi?
R. Possono incassarli sul conto corrente oppure spenderlo presso dei circuiti convenzionati o chiusi, come il sistema di liste nozze destinato alle agenzie di viaggi.

D. Come è nata questa idea? A che bisogno volevate dare risposta?
R. Siamo partiti da esigenze che avevamo vissuto sulla nostra pelle. Poi, con un’indagine di mercato, abbiamo scoperto che l’87% degli italiani partecipa almeno una volta l’anno a un regalo di gruppo e il 75% ad almeno tre regali. Abbiamo pensato a come dare una veste digitale a questa attività fatta ancora principalmente in contanti. E in un secondo momento ci siamo resi conto che la nostra tecnologia funzionava anche in white label, con un modello B2B2C, e abbiamo collaborato con agenzie viaggi e, di recente, con MediaWorld per la sua soluzione per le liste nozze.

D. Parliamo comunque di un caso di uso molto specifico.
R. La differenza tra i social payment e i pagamenti tradizionale è proprio il loro legame con una community o una occasione di uso. All’inizio di GrowishPay puntavamo a pagamenti di gruppo, con più persone coinvolte contemporaneamente. Oggi lavoriamo anche su pagamenti individuali verso un singolo merchant, ma sempre all’interno di contesti d’uso precisi. Non siamo in concorrenza con altre soluzioni oggi sul mercato dei pagamenti digitali: non ci proponiamo a tutti i clienti ma a community come i 200mila sposi all’anno i gli 8 milioni di persone che hanno figli che vanno a scuola.

D. Come nasce GrowishPay?
R. Il progetto nasce all’interno dell’incubatore Digital Magics, in cui sono arrivato dopo una lunga carriera nel settore chimico. All’inizio, volevamo realizzare una lista dei desideri universale, poi il progetto è evoluto verso i pagamenti e oggi siamo arrivati a gestire 23 milioni di transazioni, 85mila utenti e mille merchant. E tutto è nato dalla passione, dalla curiosità, dallo studio del mercato, visto che a differenza di altri startupper del FinTech non sono un ex bancario, e soprattutto dalla capacità di ascoltare i clienti.

D. Chi sono gli investitori?
R. C’è un gruppo di investitori storici, tra cui Digital Magics. Io sono uno degli investitori iniziali, che si sono recentemente riuniti in un’azienda che si chiama R301 Capital. Nel 2016 sono entrati il Club degli Investitori di Torino e Banca Sella, che in seguito ha trasferito la propria partecipazione a Fabrick. Abbiamo chiuso recentemente la nostra prima attività di crowdfunding, un’esperienza sicuramente molto positiva.

D. Il crowdfunding ha permesso di raccogliere 600mila euro a sostegno di ScuolaPay. Che obiettivi ha questo progetto?
R. ScuolaPay è uno strumento innovativo per oltre 6 milioni di italiani che pagano 2,8 miliardi di euro relativi al mondo scolastico. Un modo fatto di moltissime cose: rette, gite, casse comuni, regali alla maestra, acquisti in cartoleria e quant’altro. Non esiste un prodotto così verticale per questo ambito e abbiamo iniziato a lavorarci dopo avere visto quanti genitori e rappresentanti di classe utilizzino già le nostre soluzioni per gestire le casse comuni delle classi. Il nostro obiettivo è portare la app di ScuolaPay sugli smartphone di tutti i genitori. Per pagare non solo queste attività spontanee ma anche la scuola e i classici merchant del mondo scolastico, come musei o librerie. È un progetto importante e ci proponiamo alle scuole usando una versione di Bill di SisalPay con modifiche autorizzate da Banca d’Italia.

D. Vi muovete su un doppio binario: un mondo per così dire informale e spontaneo fatto di collette dei genitori, ma anche le transazioni se vogliamo ufficiali, verso le scuole e i fornitori. Come vi state muovendo per parlare con questi soggetti?
R. Vogliamo coinvolgere non solo le scuole, ma tutti gli attori del mondo scolastico: musei, mense fino alle vending machine nelle scuole. Convincere una scuola ad accettare un sistema come il nostro è sicuramente una disruption forte: puntiamo sulla spinta importante dei genitori, che vorranno usare ScuolaPay non solo per le collette ma anche per inviare direttamente il denaro raccolto. Abbiamo lavorato molto sull’integrazione di ScuolaPay con i sistemi contabili scolastici: penso soprattutto alle scuole private, che possono inviare dal sistema contabile le notifiche di pagamento alle app dei genitori. Che, a loro volta, pagano con un click: l’incasso viene registrato automaticamente e riconciliato, facendo risparmiare davvero molto tempo alle scuole.

D. Poi ci sono i merchant. Musei, vending machine, cartolerie, librerie: non è un lavoro banale, come sanno altre app di pagamento.
R. La vera sfida, per tutti i player emergenti, è costruire un circuito in grado di essere realmente alternativo a quelli delle carte. Per ora, e sottolineo per ora, la soluzione è un circuito privativo. Solo convinto che in futuro arriverà una soluzione trasversale che non richiederà più a ciascuna realtà di andare a convenzionare ogni singolo merchant. Il lavoro che sta svolgendo Satispay in questo senso è davvero molto importante. Noi potremo fare leva sui merchant convenzionati con Bill di SisalPay: non con tutti, ovviamente, ma con quelli che hanno a che fare con il mondo delle scuole.

D. Che rapporto avete con i player del mondo bancario?
R. Il Gruppo Sella è stato tra i nostri primi investitori e questo sicuramente è un segnale. Manteniamo un rapporto con l’ecosistema Fabrick, ovviamente. Il nostro modello di business è creare un layer di soluzioni che si interfacciano con l’open banking: vogliamo usare le API delle banche per creare soluzioni pronte all’uso da destinare a community di merchant che, in breve tempo, possono creare in white label una soluzione ai loro problemi specifici. Noi siamo ovviamente aperti alla collaborazione con le banche, ma mi sembra che le banche siano in ritardo su questi temi. Anche le istituzioni più evolute si sono concentrate, negli ultimi 12-18 mesi, ai lavori di compliance alla PSD2: quelle più arretrate per adeguarsi, quelle più avanzate per vendere alle prime i servizi che hanno sviluppato. Questo è molto ragionevole dal punto di vista del business ma ha rallentato la sperimentazione che credo ripartirà rapida nei prossimi mesi.