Stanno cambiando il loro modello di business e fanno rotta verso il B2B2C. In questi anni le wealthtech hanno capito che, con costi d’ingresso minimi e intense campagne di marketing, la redditività è un traguardo lontano.
Diventano centrali quindi le collaborazioni con le banche, come dimostrano i vari accordi in questi anni di player come Moneyfarm che conta, tra le altre, UniCredit e Banca Sella.
Sono pochi invece gli istituti tradizionali che offrono un servizio di robo advisory alla clientela retail.
I player tradizionali che hanno un servizio robo
Fanno eccezione alcune iniziative, come Tinaba di Banca Profilo, Gimme 5, Smart Advisory di Crédit Agricole e altre.
Ma la preferenza ricade sul robo4advisory, che prevede l’impiego del robo nella consulenza evoluta, per supportare l’advisor nel definire la migliore proposta di investimento al cliente, appoggiandosi a tecnologie innovative e analisi dei dati basate sull’AI.
L’investimento automatizzato e la componente emozionale
L’Italia è il quarto Paese in Europa per concentrazione di fintech attive nelle tecnologie per gli investimenti (dati Report sul mondo Fintech, Area Studi Mediobanca, 2023) e cresce di anno in anno la consapevolezza del robo advisory tra gli italiani, anche se la componente emozionale e quindi la possibilità di avere a disposizione un referente con cui parlare allontana ancora una parte di investitori.
Banalmente anche solo per il timore di aver perso il controllo del proprio account, si vuole parlare con qualcuno.
Cosa piace del robo advisory
Tra gli elementi più apprezzati dell’investimento robo, risaltano l’assenza di emotività al momento dell’investimento che viene proposto come un consiglio oggettivo da parte di un algoritmo; ma anche l’accesso e il monitoraggio automatizzato del proprio portafoglio di investimento in ogni momento.
Mano ai conti
Tuttavia, l’Area Studi Mediobanca ha messo a confronto i profili reddituali degli operatori tradizionali con quelli dei player digitali e, nonostante i vantaggi offerti dalle piattaforme digital e dalle procedure automatizzate, i risultati sul fronte della redditività non sono brillanti, seppure migliori rispetto al triennio precedente, anche in termini di ricavi.
Gli operatori tradizionali vantano invece una ottima redditività, con ricavi e attivi di bilancio maggiori.
Troppi costi per un business digitale
Soprattutto, le società digital scontano costi operativi superiori, maggiore costo del lavoro e di costi operativi al rialzo.
Eppure l’operatività digital dovrebbe contribuire all’abbattimento dei costi di esercizio, limitando gli organici aziendali e contenere, inoltre, le spese di struttura. Insomma, con un canale esclusivamente virtuale, non è necessario aprire sportelli o agenzie per un presidio capillare del mercato.
Raggiungere la redditività...
Ma il modello di business volume-driven non giova alle startup wealthtech, che vogliono raggiungere il break-even ampliando la base clienti, mettendo in piedi onerose campagne di marketing che si riflettono poi sull’aumento dei costi operativi.
… seguendo nuove rotte
Inoltre, le commissioni di ingresso, nettamente inferiori rispetto a quelle applicate dai player tradizionali, non aiutano e il wealthtech deve quindi scegliere.
Incrementare le masse gestite diversificando il proprio business, oppure lanciare nuovi prodotti ed estendere l’attività a nuovi segmenti di clientela attraverso collaborazioni in ottica B2B2C.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio 2024 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop.