CRYPTO ASSET & CRIMINE

Perché il riscatto del rapimento Balland era tracciabile (e non è stato fatto in BTC)

Perché il riscatto di David Balland era tracciabile

Sta rimbalzando sui media generalisti di mezzo mondo la storia di David Balland, miliardario co-fondatore della startup di criptovalute Ledger. Si tratta dell’ennesimo personaggio del mondo cripto che viene messo nel mirino da parte di gruppi criminali.

Una vicenda in cui rimbalzano molti pregiudizi e parecchie totali inesattezze sul mondo delle criptovalute. Cerchiamo di capire che cosa è successo e come interpretare questa vicenda, anche grazie al contributo di alcuni esperti del settore che abbiamo interpellato.

Il rapimento Balland

Martedì 21 gennaio 2025, David Balland è stato sequestrato nella sua villa nel centro della Francia, insieme a sua moglie. I rapitori hanno separato i due, portando Balland a Châteauroux, mentre sua moglie è stata trasferita in un altro luogo.

Poco dopo Eric Larchevêque, co-fondatore di Ledger e amico di Balland, ha ricevuto un video che mostrava un dito mutilato di Balland, accompagnato da una richiesta di riscatto in Tether (USDT) (non in Bitcoin, come invece riportato da molti media generalisti).

Durante le trattative, una parte del riscatto è stata effettivamente versata, ma dato che Tether è un sistema centralizzato, le criptovalute sono poi state sequestrate. Segno che la “banda” non era poi così esperta degli aspetti tecnici.

Balland è stato poi liberato grazie a un intervento mirato delle forze speciali, che ha portato all'arresto di due sospetti. La moglie di Balland, invece, è stata trovata legata nel bagagliaio di un'auto a Étampes, a oltre 150 km dalla loro abitazione.

Un fenomeno in crescita?

Il ministro dell'Interno francese, Bruno Retailleau, ha espresso preoccupazione per la crescente "messicanizzazione" della Francia, riferendosi all'aumento dei rapimenti mirati a imprenditori e influencer nel settore delle criptovalute. Dal 15 dicembre 2024, sono stati registrati circa dieci casi simili, evidenziando un trend certamente preoccupante per chi lavora nel settore. E che non riguarda solo i cittadini francesi. Basti pensare a quante persone hanno acquisito notorietà nel mondo cripto negli ultimi anni.

"Neoricchi" che potrebbero attirare l'attenzione della criminalità, specie se si parla di delinquenti poco esperti degli aspetti tecnici e che danno retta ai resoconti mediatici più mainstream e superficiali. In cui si trova la solita idea che il Bitcoin sia lo strumento preferito dei criminali, per una presunta difficoltà nel tracciare le transazioni in criptovalute.  In realtà, la questione è più complessa.

«David Balland è un caso particolare – precisa Michele Mandelli, Managing Partner di CheckSig –, perché parliamo del co-fondatore di Ledger, uno dei principali hardware wallet per crypto. Un’azienda francese che ha avuto un successo planetario grazie al prodotto giusto al momento giusto. Soprattutto, un simbolo della self custody. I malviventi potevano quindi avere la certezza che Balland disponesse di una cifra importante sui propri wallet». In questo caso Bitcoin, come qualunque asset al portatore, espone al rischio di aggressione fisica a scopo di estorsione. «Ma questo è vero per qualunque altro bene al portatore – osserva Mandelli – come i contanti o i lingotti d’oro. Nessuno di noi cammina per strada con un milione di euro cash in tasca. Allo stesso modo, se tieni i tuoi Bitcoin in una app del tuo smartphone ti esponi al rischio di una rapina, soprattutto se sei un personaggio noto del mondo crypto».

Il Bitcoin è tracciabile e tracciato

Va poi sfatato il mito che una transazione in Bitcoin non sia tracciabile, ampiamente ripreso negli articoli dei mass media generalisti che hanno raccontato la vicenda. «Chiedere un riscatto in Bitcoin non è un'idea furba – sottolinea Mandelli – perché ormai le soluzioni di forensica on chain consentono di tracciare le cripto collegate ad attività criminose. Queste diventano “tainted”, sporche, e nessun soggetto vigilato le accetterà. Noi di CheckSig, ad esempio, verifichiamo on chain le cripto in ingresso e quelle “tainted” vengono confiscate. La cosa ancora più buffa è che questi visitatori hanno chiesto un riscatto in Tether, che però è un sistema centralizzato. E infatti autorità hanno sequestrato tutto appena liberati i rapiti».

«Come exchange centralizzato, siamo un alleato chiave nella lotta ai crimini legati alle criptovalute – aggiunge Lorenzo Palombi, Head of Legal Young Platform & Of Counsel GPD Lex – eventuali riscatti in Bitcoin, per essere convertiti in valuta fiat, possono passare da un CEX, dove KYC e AML tracciano i responsabili e li segnalano alle autorità. Anche un indirizzo BTC può essere monitorato a vita, collegando i flussi al reo o a prestanome. Il vero ostacolo resta la mancanza di trasparenza in alcuni Stati, ma lavoriamo per superare queste barriere e garantire sicurezza».

Le transazioni on chain sono quindi visibili e tracciabili. Anzi, è proprio nella natura della blockchain tenere traccia di tutte le operazioni. A fare la differenza è la creazione di un ecosistema regolamentato e vigilato, almeno in alcuni Paesi, che impedisce a questi cryptoasset di essere "ripuliti" e usati per scopi che non transazioni criminali nel dark web, il deposito presso operatori non regolamentati o in Paesi in cui non esiste alcuna normativa sui crypto asset.