#define banking

Profit Farm. Il crowdlending per investire in crediti fiscali e giudiziali

Profit Farm. Il crowdlending per investire in crediti fiscali e giudiziali

Roberto Macina, co-founder di Profit Farm

In questo episodio di #define banking vi presentiamo Profit Farm, una realtà italiana che porta l’idea di crowdinvesting in un ambito diverso, a conferma del fatto che il modello “crowd” può ancora trovare diverse applicazioni.

È con noi Roberto Macina, co-founder di Profit Farm.

banner episodi podcast

Alberto Grisoni. Roberto, puoi spiegarci che cosa è Profit Farm, chi l’ha fondata e come è nata l’idea?

Roberto Macina. Io sono un informatico con la passione delle startup. Nel 2010 ho fondato Qurami, applicazione che permetteva di prenotarsi e “saltare la fila” in diversi luoghi, dagli Ospedali ai Comuni fino alle Università. Fu una bella esperienza che si concluse nel 2018 con una exit. 

Poi è avvenuto un incontro che ha fatto nascere l’idea alla base di Profit Farm, cioè quello con l’avvocato Tofani, di un importante studio legale di Roma, specializzato in materia di crediti e di NPL. È lui che ha capito come il crowdfunding potrebbe crescere nei prossimi anni. In Italia il mercato è ancora piccolo, pur con tassi di crescita molto elevati, perché è relativamente ancora poco conosciuto.

Nasce così Profit Farm, una piattaforma di lending crowdfunding dove gli utenti possono finanziare l’acquisto di crediti giudiziali o fiscali. Ad esempio, l’IVA generata da fallimenti o crediti non riscossi che piccole imprese vantano verso la Pubblica Amministrazione. Un prodotto finora riservato a investitori istituzionali, inaccessibile al piccolo risparmiatore privato. 

AG. Di piattaforme crowd in Italia ce ne sono già diverse. In che modo vi differenziate dagli altri?

RM. Per il sottostante, sicuramente. Oggi le piattaforme di lending e di equity investono principalmente su due prodotti: immobili, un investimento che agli italiani piace moltissimo, e startup, soprattutto in forma equity. 

Noi invece permettiamo di finanziare l’acquisto di crediti verso la pubblica amministrazione e altri debitori solidi. E possiamo quindi garantire un ritorno dell’investimento molto interessante, fino all’8% annuo, su un prodotto che presenta un profilo di rischio basso.

AG. Restiamo sull’oggetto dell’investimento. Rendere disponibile al piccolo risparmiatore privato qualcosa che prima gli era inaccessibile rientra nel filone della democratizzazione del risparmio, uno dei punti di forza del FinTech. Qual è il cliente-tipo che avete in mente?

RM. Il nostro target è molto ben definito. Cioè il risparmiatore che oggi non trova sul mercato dei prodotti che possano fare crescere i suoi risparmi. Sappiamo che c’è voglia di strumenti come i BTP decennali, che al momento rendono davvero poco, o i prodotti di deposito, anche vincolati, che offrono tassi di interessi minimi. 

Questo risparmiatore vorrebbe ovviamente di più. Ma magari non vuole o non può entrare nel mondo del trading, che richiede certamente delle competenze, e neanche in quello delle cryptovalute, particolarmente volatile e capace di portare grandi guadagni ma anche grandi perdite.

Noi gli offriamo un prodotto alternativo, a tassi comunque interessanti e con un basso rischio. Un prodotto che va capito, certo, ma che è anche relativamente noioso: garantisce quel ritorno sull’investimento selezionando solo crediti esigibili e già oggetto di sentenza definitiva a favore del creditore. La domanda non è se il credito verrà recuperato, ma quando. 

AG. State valutando partnership con il mondo bancario o con altre FinTech?

RM. Profit Farm è partita da pochissima in un mercato ancora poco sviluppato. Abbiamo appena chiuso la settima operazione e presto metteremo online l’ottava: stanno aumentando sia il numero degli investitori, sia la dimensione degli investimenti. Finora proponiamo singole operazioni su singoli crediti.

Nei prossimi mesi, quando avremo rinforzato il brand e la conoscenza del nostro prodotto sul mercato, penso che questo singolo credito potrebbe diventare un prodotto finanziario, incorporando più crediti, offrendo alle banche una nuova soluzione per i risparmi dei loro clienti. 

L’ecosistema FinTech, allo stesso tempo, è importante e in crescita, anche in Italia. Sarebbe sicuramente utile offrire il nostro prodotto ai clienti di altre FinTech e non ti nascondo che stiamo parlando con alcune aziende per creare partnership di questo tipo. 

AG. BTP, conti deposito e immobili sono investimenti noti all’italiano medio. Voi invece offrite un prodotto particolare, nuovo. Sconosciuto. Come lavorate sulla comunicazione e sull’educazione finanziaria?

RM. Usiamo in primis i social. Al lancio di Profit Farm c’è stata una comprensibile reticenza verso la nostra offerta, proprio perché riguarda qualcosa che si conosce poco. Quindi abbiamo comunicato molto per raccontare, spiegare il prodotto. Resta molto da fare. Ancora oggi online offriamo una specie di dizionario, in cui spieghiamo che cosa è un credito esigibile, una sentenza passata in giudicato, sicurezza dell’incasso, etc. 

Termini che per chi conosce questo mondo sono chiari, ma che per il piccolo risparmiatore devono essere spiegati. 

Nella piattaforma Profit Farm si trovano le risposte alle domande più frequenti, mentre ogni singolo deal presenta dei documenti allegati, molto tecnici, che dimostrano che quel credito esiste realmente; e altri documenti, meno tecnici, per consentire anche ai meno esperti da dove origina quel credito, perché matura quel tipo di interesse e perché stimiamo una certa data di rientro. Queste informazioni tranquillizzano i nostri utenti e lo vediamo dalla curva di crescita degli investimenti.

Abbiamo anche già restituito i soldi ricevuti in una prima operazione e questo ha creato fiducia nel nostro modello, se ne è parlato nei forum di settore e gradualmente non saremo più una novità.

Facciamo anche education sul singolo utente, prestando grande attenzione al customer care e alle richieste che ci arrivano tramite i social.