Semplificare e digitalizzare le attività di investimento e di gestione dei propri risparmi è un obiettivo di molti player fintech che abbiamo intervistato in questi ultimi anni. E alla digitalizzazione guarda anche il mondo della consulenza finanziaria indipendente.
Ne abbiamo parlato con Luca Lixi, consulente finanziario indipendente e fondatore della piattaforma di consulenza iscritta all’albo OCM Plannix, in un episodio del nostro podcast “#define banking”, di cui questo articolo è un adattamento testuale.
AG. Che cosa è Plannix e come funziona?
LL. Faccio il consulente finanziario indipendente da diversi anni. E nelle precedenti attività mie e degli altri fondatori abbiamo fornito consigli di pianificazione finanziaria alle persone, ottenendo dei buoni risultati.
Ci siamo quindi chiesti se potevamo sfruttare la tecnologia per fornire al meglio quante più persone possibile in un verticale specifico come quello della consulenza finanziaria indipendente.
Che, diciamolo, in Italia sta lentamente crescendo ma è ancora un fenomeno oggettivamente di nicchia rispetto a mercati più evoluti, come possono essere Stati Uniti o Regno Unito, ma anche Spagna, Francia e Germania. In questo scenario in divenire vogliamo essere tra i player che si stanno dando da fare per fare crescere la consulenza finanziaria indipendente.
AG. Mettiamoci nei panni di chi ci ascolta e non vi conosce. Se adesso vado sul vostro sito, che cosa posso fare? Che servizi trovo?
LL. Plannix è un servizio tecnologico, quindi in ogni momento è sempre alla sua miglior versione, ma tra tre o sei mesi sarà diverso da quello che è oggi. Questa evoluzione costante fa parte della natura della tecnologia.
Quindi oggi Plannix comprende una parte formativa, in cui io e il nostro team di consulenti spieghiamo al cliente come costruire un piano finanziario. Questo concetto è per noi un mantra: prima viene il piano finanziario, poi si passa a portafogli e investimenti. Il cliente va messo nelle condizioni di individuare le sue necessità e i suoi obiettivi per costruire la propria pianificazione finanziaria.
Non è una novità per il settore, ma molte realtà lo usano solo come claim commerciale da una industria finanziaria che resta prodotto-centrica. La pianificazione viene fatta poco, o non viene fatta affatto, per poi passare a collocare prodotti.
Noi, come consulenti indipendenti, vogliamo innanzitutto formare il cliente alla pianificazione finanziaria. E la nostra piattaforma aiuta a tenere tracciate le proprie risorse e investimenti, facendo delle simulazioni in modo semplice e trasparente.
Il nostro obiettivo, come consulenti, è rendere tutto estremamente chiaro. E usiamo la tecnologia come uno strumento facilitatore. Penso, però, che l’industria, in Italia e in Europa, stia sottovalutando il desiderio umano di avere a che fare con altre persone, quando si tratta di cose estremamente importanti come il proprio denaro.
Un totem self service può andare bene per ordinare un panino, ma quando devo decidere come investire i risparmi di una vita serve un professionista che ti aiuti a capire quali fattori tenere in considerazione. E questo inevitabilmente, comporta un costo per mantenere una cornice di profittabilità.
Stando però attenti a non commettere un altro errore tipico dei player tradizionali, cioè creare un modello troppo complesso e costoso rispetto alle esigenze del cliente.
AG. Torniamo al potenziale utente che sta scoprendo Plannix oggi, insieme a noi. Una volta registrato e aperto un account, che cosa succede se ho già, ad esempio, un PAC presso una banca, dei fondi su una app di trading per investire un po’ di testa mia e, magari, una gestione patrimoniale digitale? Come si sviluppa l’attività di consulenza?
LL. Plannix è ancora in MVP, quindi al momento non permettiamo di investire tramite la nostra piattaforma. A oggi ti aiutiamo a tenere tutto monitorato, siamo un tracker, come ne esistono anche altri in Europa.
È importante quindi inserire su Plannix tutti i dati possibili su investimenti e risparmi, per avere una rendicontazione e delle metriche accurate.
C’è anche un prodotto consulenziale che offriamo ai clienti con patrimoni più elevati, perché in al di sotto di una determinata soglia di risparmio il servizio puà risultare superfluo o troppo costoso.
L’indipendenza sta anche nel dire che un servizio non è necessario. E un consulente finanziario indipendente è l’unica figura che può dare consigli veramente imparziali sull’investimento: non abbiamo nessun vantaggio nello scoraggiare un cliente dal dirigere il suo denaro su una asset class anziché su un’altra.
Vuoi un roboadvisor? Mi va bene. Ti piace fare trading con una parte dei tuoi risparmi? Ottimo. Il cliente ha la certezza che io non ottengo margini dai soldi che mi dà in gestione, ma dalla consulenza che gli offro. Per questo è opportuno dargli tutte le informazioni sulle scelte fatte negli anni, per avere una visione olistica e completa.
Un investimento non è sbagliato se viene ricondotto a una pianificazione corretta per obiettivi e orizzonti temporali. Chiaramente per la grande parte del capitale abbiamo portafogli modello basati sulle nostre linee di investimento: ma l’abilita di costruire portafogli diversificati per asset class e profili di rischio, per l’industria, è ormai una sorta di commodity. Non è lì che si crea valore.
AG. Si sente spesso parlare della scarsa educazione finanziaria degli italiani. Quali sono, secondo voi, le tematiche su cui serve più divulgazione?
LL. Le statistiche sulle competenze finanziarie degli italiani valutano alcuni aspetti come la comprensione di concetti come inflazione, rischio/rendimento, diversificazione, o interesse composto.
Parliamo di cose che oggettivamente un adulto, oggi, sicuramente ha sentito nominare. E che, probabilmente, capisce anche, da un punto di vista prettamente intellettuale. Potrebbe anche darsi che qualcuno glielo abbia spiegato.
Il problema è come applicare queste conoscenze nelle scelte quotidiane. Perché siamo essere umani e se un’offerta commerciale ci viene ben presentata, magari da una persona carismatica, la nostra razionalità vacilla. Come umani, siamo attratti da guagagni sicuri, facili e veloci. Il nostro cervello ritiene queste promesse attrarenti.
Ci vuole educazione per ricordare sempre che il mondo non funziona così. Che il rendimento è proporzionale al rischio e che per controllarlo devo diversificare.
AG. La divulgazione finanziaria, sui social media, è stato lasciato nelle mani di influencer e divulgatori. Quali rischi e opportunità vedi in questo fenomeno
LL. Io stesso ho iniziato a fare divulgazione finanziaria, una decina di anni fa, raccontando quello che sapevo per finalità commerciali. Dichiarare i propri incentivi è qualcosa di apprezzabile. Plannix è un’azienda e noi ci spieghiamo concetti finanziari alle persone perché abbiamo anche degli obiettivi commerciali, non solo per passione.
Affermarlo significa aiutare le persone a capire che nessuno fa niente per nulla. Non si fa divulgazione finanziaria per beneficenza e non c’è nulla di male, se si dichiara in trasparenza come si viene retribuiti.
Sono quindi molto contento che ci siano molti content creator, spesso oggettivamente molto bravi. Il livello su sta alzando e chi divulga buoni concetti contribuisce a fare crescere il mercato per tutti.
La domanda è: chi può fare divulgazione finanziaria? Influencer e content creator, anche dal punto di vista regolatorio, non possono fornire consigli finanziari. Ci sono le banche, certo, e poi ci sono i consulenti finanziari indipendenti, come noi. L’importante, lo ripeto, è che ci sia trasparenza sul modello di business e sul perché si creano dei contenuti.
AG. Abbiamo detto che un consulente finanziario indipendente valuta ogni investimento in coerenza con il piano finanziario del cliente e non come buono o cattivo in sé. Che cosa ne pensi delle criptovalute?
LL. La mia opinione è sempre stata la stessa: è un asset class super interessante. Bisogna essere agnostici su prodotti e strumenti finanziari. Le criptovalute sono un asset class certamente ad altissima volatilità, che vuol dire anche potenziale alto rendimento.
Questa volatilità non è di per sé negativa, se la rilego a quote marginali del mio patrimonio. Però, attenzione, se ho deciso di assegnare al mondo crypto il 5% o il 2% dei miei investimenti, allora devo dedicargli anche la stessa proporzione del mio tempo.
I cripto asset sono un mondo divertente e innovativo, ma il restante 95% del portafoglio deve essere noioso, qualcosa che ci permette di guagagnare nel corso del tempo senza prendere rischi inutili. Fermo restando che anche nell’azionario c’è moltissimo potenziale di rendimento.