Neuroprofiler

Le neuroscienze possono cambiare l’educazione finanziaria (e la consulenza)

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Tiphaine Saltini, co-founder di Neuroprofiler

Mettere i principi della psicologia cognitiva al servizio dell’educazione finanziaria. È la missione di Neuroprofiler, startup fintech di nazionalità francese che unisce psicologia, machine learning e competenze finanziarie per proporre una nuova idea di “financial literacy” al mercato europeo.

Ci siamo fatti raccontare come funziona da Tiphaine Saltini, co-founder dell’azienda, con un PhD in cognitive science and behavioural finance.

AG. Tiphaine, che cosa è Neuroprofiler?

TS. Neuroprofiler è un’azienda che porta i principi delle scienze cognitive in ambito finanziario. Nelle mie precedenti esperienze lavorative mi sono occupata sia di consulenza sia di banking e mi sono resa conto che la psicologia cognitiva poteva aiutare a comprendere meglio gli investitori, identificarne la personalità e i bias, accompagnarli nell’apprendimento.

Ho così creato Neuroprofiler insieme a Julien Revelle, che ha delle competenze complementari alle mie, nell’ambito della finanza e del machine learning.

AG. Che cosa offre Neuroprofiler, in particolare?

TS. Al momento abbiamo tre linee di offerta. La prima riguarda l’educazione finanziaria del cliente. La seconda, la profilazione dei clienti dei servizi di investimento. La terza, ben collegata alla precedente, è per consigliare nuovi investimenti o modifiche del portafoglio alla clientela già acquisita.

AG. Ottobre, in Italia, è il mese dell’educazione finanziaria. Concentriamoci quindi su questo aspetto: come possono le scienze cognitive migliorare le attuali iniziative di “financial literacy” avviate da banche, associazioni, istituzioni etc.?

TS. I metodi e le tecnologie didattiche stanno evolvendo molto grazie ai risultati delle neuroscienze e della psicologia cognitiva. Capire come gli esseri umani imparano permette di insegnare meglio, ovviamente.

Sappiamo, ad esempio, che impariamo meglio quando abbiamo un ruolo attivo. Una grande conferenza in cui tante persone si siedono e ascoltano funziona poco. Bisogna fare, esercitarsi, e soprattutto sbagliare. Si impara moltissimo sbagliando.

E il modo migliore per imparare sbagliando è in una simulazione. La gamification, quindi, è un trend su cui puntiamo molto, anche perché quando gioco posso verificare in tempo reale la correttezza delle mie azioni. Ricevo un premio o una punizione, all’interno di un gioco. E questo feedback immediato è eccellente, per imparare dai nostri errori.

La gamification è anche in linea con le aspettative dei più giovani. E qui c’è una questione di linguaggio. Non posso rivolgermi nello stesso modo a studenti delle scuole medie e universitari.

AG. Come state lavorando con le banche?

TS. Abbiamo diversi prospect in Europa e anche in altre regioni. Le banche hanno ben chiaro il problema dell’educazione finanziaria. Ma, giustamente, sono aziende che devono fare business e ci chiedono: qual è il modello di business?

AG. Questo è un punto interessante: che cosa ne viene, alla banca, da spiegare queste cose ai clienti? Qual è il ritorno dell’investimento nel fare educazione finanziaria?

TS. Esatto. E allora, parliamo di business. Educare i clienti permette alle banche di vendere più prodotti. La nostra app può essere usata per generare lead: quando capisci che un determinato prodotto risponde a una tua necessità, la tua motivazione ad acquistarlo, o a investire, cresce.

Possiamo anche prevedere, in app, la possibilità di entrare in contatto con un consulente. Questo dipende dalla singola banca: ogni realtà può definire diversi obiettivi in termini di lead e di clienti da servire.

AG. E sul fronte della compliance, è tutto a posto?

TS. Il rispetto della normativa è un nostro business case di punta, in Europa. La MiFID impone di accertare le conoscenze del cliente. Prima era sufficiente il self assessment che, come noto, a volte portava a una compilazione congiunta dei questionari, in cui il consulente affiancava il cliente.

Su questo aspetto l’attenzione del Regolatore è estremamente forte. E un quiz, soprattutto se affiancato da una piattaforma educativa, è un ottimo modo sia di colmare le lacune nelle competenze del cliente sia di tenere traccia delle risposte fornite.

Per le banche digitali, poi, i servizi di investimento offrono un grande potenziale per conquistare redditività. Ma vanno ripensati molti processi, compresa la compilazione del questionario MiFID. Credo che per i player 100% digitali l’educazione del cliente sia l’unica via.

AG. Ma che contenuti ci sono su questa piattaforma?

TS. Al momento abbiamo oltre 100 lezioni diverse, che spaziano dalla gestione del budget personale alla finanza sostenibile, dai prodotti di investimento alla previdenza.

L’impianto della piattaforma è completamente modulare ed è la banca a scegliere quali contenuti presentare ai propri clienti. Ogni lezione guida l’utente nella comprensione dei concetti e propone una serie di quiz e di attività.

AG. E come applicate questi principi delle neuroscienze alla profilazione del cliente e alla formulazione delle proposte di investimento?

TS. La nostra competenza core è l’analisi del comportamento delle persone. Noi non ci occupiamo di prodotti: quello è il lavoro della banca, lo sa fare benissimo.

Noi, invece, vogliamo capire i valori del cliente, le sue aspettative, la sua propensione al rischio, l’impatto che vuole avere con i suoi investimenti. La finanza comportamentale ci aiuta a porre le domande nel modo giusto per fare emergere bias e pregiudizi.

E andiamo poi a fare un match tra il cliente, le sue aspettative e i prodotti.

Questa associazione viene poi monitorata nel tempo. Grazie anche al questionario MiFID e alla misurazione della propensione al rischio, sappiamo già che al verificarsi di determinate condizioni quel cliente potrebbe comportarsi in un determinato modo.

Il caso tipico è quello di una forte reazione alle perdite, il più classico dei bias comportamentali, per il quale si compra quando i prezzi sono al massimo e si vende quando scendono al minimo. Sapere quali clienti sono più sensibili consente alla banca e ai player digitali di comunicare con loro in modo più efficace.