SCENARI

La presunta crisi di Klarna non è la fine del Buy Now Pay Later

La presunta crisi di Klarna non è la fine del Buy Now Pay Later

Klarna ha annunciato perdite significative nel primo trimestre del 2025, sollevando dubbi sulla sostenibilità del suo modello di business e sui piani per una potenziale IPO. E, più in generale, scatenando il consueto polverone social e mediatico sul Buy Now, Pay Later.

Le perdite nette hanno superato i 99 milioni di dollari, più del doppio rispetto all'anno precedente, principalmente a causa dell'aumento dei crediti inesigibili. In totale, le perdite sui "crediti" forniti ai consumatori hanno raggiunto i 136 milioni di dollari, con un +17% su base annua. Una bella incidenza su un fatturato che ammonta a 701 milioni di dollari, con un aumento del 13% sempre anno su anno.

I tifosi (e i gufi) del Buy Now Pay Later

Non è certo la prima volta che Klarna, e il BNPL in generale, finiscono sotto la lente di ingrandimento. Come accade anche per altre fintech (una su tutti, l'italiana Satispay) tra gli addetti ai lavori e nel mondo social-giornalistico non mancano tifosi e detrattori, che amplificano la portata delle notizie che sembrano confermare le loro opinioni e ignorano qualunque dato a esse ostile.

La facilità di accesso alla dilazione di pagamento, spesso senza un'adeguata valutazione del merito creditizio, ha portato a un aumento dei mancati pagamenti. Un sondaggio ha rivelato che il 41% degli utenti BNPL ha pagato in ritardo almeno una volta nell'ultimo anno, un aumento rispetto al 34% del 2024.

Ma, prima di attaccare Gen Z e ragazzini, va osservato che il sondaggio rivela una sorpresa: sarebbero gli utenti con redditi più alti a essere meno puntuali nei pagamenti. Inoltre, un utente su quattro ha dichiarato di aver attivato almeno tre prestiti contemporaneamente. Emerge, comunque, una tendenza all'uso del BNPL anche per l'acquisto di beni essenziali, come gli alimentari, o per piccole spese.

Clamorosa, in questo senso, la possibilità di dilazionare in tre rate l'importo di un pasto consegnato a casa mediante alcune app di delivery: salvo ordinazioni presso un ristorante stellato, non se ne capisce il senso. Soprattutto per il merchant.

E resta il problema dei consumatori che, in assenza di un database centralizzato sulle dilazioni di pagamento attive, si trovano a dover pagare rate mensili a diversi fornitori di BNPL: ciascuna di esse sarebbe economicamente sostenibile, ma la loro somma non lo è affatto.

E, a proposito di Gen Z e Alpha, va sottolineato il demenziale trend social "Klarna Debts" in cui gli utenti postano video, reel e quant'altro si vantano (e suggeriscono) di pagare solo la prima rata a Klarna, ovviamente ignorando del tutto le conseguenze. Costringendo i media a cercare di diffondere del buon senso, anche in Italia.

Perché il BNPL non è alla frutta

Nonostante, tutto questo, parlare di fine del BNPL mi sembra davvero eccessivo. E questo per diverse ragioni.

Primo. Non c'è dubbio che il Buy Now Pay Later abbia bisogno di regole nuove. In Unione Europea, ci penserà la revisione della Direttiva sul Credito al Consumo, ma stanno anche provvedendo i principali player di mercato. Accanto ad alcune fintech di successo (di cui parliamo a breve), infatti, sul mercato sono arrivate le iniziative, assai strutturate, di banche e istituzioni finanziarie tradizionali. Che, certo, spesso intendono il BNPL come prodotto di acquisizione di nuovi clienti su cui andare poi a fare upselling: ma hanno anche un approccio più "olistico" alla valutazione del merito creditizio.

Secondo. Questo strumento di pagamento sta entrando nelle abitudini di molti consumatori, dei merchant e persino delle imprese. Che apprezzano la possibilità di dilazionare in tre rate alcuni acquisti, anche di importo elevato, senza interessi aggiuntivi, gestendo meglio la loro liquidità. La domanda di BNPL al checkout resterà, bisogna capire chi saprà servirla al meglio. La nuova normativa, compresi i maggiori controlli, dovrebbero filtrare gli operatori meno solidi e i clienti più a rischio. Evitando quella selezione avversa di cui il BNPL viene accusato dal primo giorno: gli scrocconi troveranno altri sistemi.

Terzo. Il BNPL è un prodotto che si presta a essere integrato in un'offerta più ampia di servizi finanziari. E le fintech hanno già iniziato a muoversi in questo senso. Klarna sta diversificando da tempo la propria offerta, andando oltre il BNPL, per spaziare nel commercio elettronico, nella loyalty (ha recentemente integrato nella sua app il leggendario servizio Stocard), addirittura nei conti deposito (con e senza vincolo) dedicandosi alla raccolta. Anche l'italiana Scalapay sta lavorando per diversificare il modello di business: recenti gli accordi con Deutsche Bank e l'acquisizione dell'istituto di pagamento Cabel IP, ora ribattezzato Scalapay IP.

È quindi molto probabile che il BNPL rimarrà tra noi, in una forma più regolata, solida e testata sul campo. E, soprattutto, in un ecosistema più ampio di servizi e non come prodotto verticale: ma, alla fine, iperspecializzarsi in un prodotto per poi differenziare è tra le basi di qualunque strategia fintech, non dovrebbe sorprendersene nessuno.

E ora, Klarna?

Ovviamente, per Klarna il polverone continuerà ancora per qualche tempo. I piani della fintech per un'offerta pubblica iniziale (IPO) negli Stati Uniti, si evidenza nella maggioranza degli articoli che ho letto rimangono in sospeso a causa delle "instabili condizioni di mercato". Che non riguardano solo i suoi conti, ma includono anche il marasma in corso sui mercati finanziari internazionali, con le borse di tutto il pianeta sulle montagne russe e dazi stellari annunciati il venerdì e smentiti la domenica.

Anche Klarna ci ha messo del suo, con l'annuncio di un taglio del 40% dell'organico dovuto all'implementazione dell'intelligenza artificiale (auguri), salvo poi fare un parziale dietro front. Ma le difficoltà, anche mediatiche, della singola azienda difficilmente fermeranno l'evoluzione di un prodotto che, anche grazie a momenti come questo, sta progressivamente trovando una sua maturità.