Il 2024 sarà l’anno di istituzionalizzazione del Bitcoin, da cui prenderà il via una nuova era per i cripto asset e il Web3?
Se ne è parlato in una tavola rotonda organizzata da Binance a Milano lo scorso 21 maggio, a cui hanno preso parte, oltre a Gianluigi Guida, country manager Italia per l’exchange, anche Valeria Portale del Politecnico di Milano, Silvia Attanasio di ABI, Francesco Paolo Patti dell’Università Bocconi e Luca Boiardi, fondatore e amministratore del portale The Crypto Gateway.
Un panel che è un mix di fintech, banche tradizionali, player digitali e università che sintetizza bene il cambiamento in corso.
Dal 30 dicembre di questo anno sarà infatti pienamente applicato il MicaR, (con una prima tranche il 30 giugno per i titoli III e IV), che porta una regolamentazione europea definita e comune per tutti. E crea le condizioni affinché le banche, e il sistema finanziario nel suo complesso, possano decidere di offrire alla clientela finale dei servizi di investimento in cripto asset.
Questo articolo riprende alcuni dei temi affrontati durante la tavola rotonda, integrandoli con alcune considerazioni della Redazione.
Investimenti cripto in rampa di lancio
Questo, da un lato, rafforzerà la posizione del bitcoin, entrato in una cripto primavera dopo il via libera agli ETF negli Stati Uniti. Dall’altro, porterà a una selezione naturale dei player fintech che a oggi offrono servizi di exchange e/o custodia con modelli B2B o B2B2C.
L’arrivo di precisi requirement normativi stabiliti a livello europeo è un passo decisamente più rilevante rispetto all’obbligo di registrazione all’OAM: i player consolidati sul mercato stanno già investendo in compliance, in termini sia di sistemi sia di risorse, per fare fronte alla nuova richiesta.
Il lancio di un’offerta di investimenti cripto non riguarderà tutte le banche: alcune decideranno di non entrare nella partita, almeno in una prima fase. Altre potrebbero sviluppare internamente soluzioni di acquisto e custodia di cripto asset, magari da offrire ad altre banche.
Altre ancora, infine, opteranno per partnership con attori specializzati e, a questo punto, vigilati. E non è da escludere che possano esserci investimenti diretti con acquisizioni o partecipazioni, magari per sostenere la crescita di qualche player nazionale.
I rumour di contatti in corso per nuove partnership, d’altronde, ci sono da tempo. E il nuovo quadro normativo alza l’asticella della competizione, imponendo investimenti ai player esistenti e rendendo più difficile la nascita di nuovi.
Mentre resta possibile l’arrivo di qualche iniziativa bancaria, magari consortile, o lo sbarco in Italia di attori esteri con le spalle larghe, fintech o bigtech che siano.
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È solo il primo passo
Ma l’istituzionalizzazione del bitcoin potrebbe essere solo il primo passo di un percorso molto più ampio che riguarda i cripto asset e, in seconda battuta, l’evoluzione verso un Web3 basato su blockchain.
Nella tarda serata del 23 maggio, dagli USA, è arrivato il via libera della SEC anche per un ETF su Ethereum. E questo rafforza il processo di istituzionalizzazione dei cripto asset in generale, non solo di bitcoin.
Che faranno i duri e puri?
Il che, va detto, non necessariamente piacerà a tutti. Anzi. Occorre chiedersi che cosa farà la componente anti-sistema, lo zoccolo duro della comunità che si è creata intorno a bitcoin già dalle sue origini. E che nel mantra “hodl” non vede solo la promessa di rendimenti in grado di dare una svolta alla propria vita, ma anche una presa netta di posizione contro il sistema finanziario esistente, a favore di un modello decentralizzato.
È probabile che questi utenti, già esperti, creino una nicchia di mercato, optando per l’autocustodia e lasciando ad altri segmenti di nuova clientela i wallet commerciali e gli ETF. Vedremo che cosa accadrà, ma per lo spirito anarchico di bitcoin è certamente una svolta.
Non solo bitcoin
La regolamentazione Mica non apre la strada, ovviamente, “solo” alle cryptovalute. Nell’ambito dei sistemi di pagamento si moltiplicano i progetti legati di player del calibro di PayPal in ambito StableCoin (termine che, tra l’altro, la MicaR non contempla, a favore degli Electronic Money Token).
Gli EMT garantiscono un valore stabile, in quanto ancorati a una valuta fiat di riferimento, ma possono essere scambiati real time, con costi di transazione minimi. E potrebbero trovare applicazione in una ampia gamma di servizi.
Si apre poi la strada alla tokenizzazione degli asset, con la possibilità di sviluppare servizi finanziari inediti.
Verso il Web3
E, portando lo sguardo a un orizzonte ancora più lontano, si delinea il cosiddetto Web3, in cui la tecnologia blockchain diventa l’infrastruttura di una versione potenziata di internet, che consente di custodire e scambiare asset, integrando anche funzionalità di intelligenza artificiale.
Una infrastruttura su cui costruire servizi per privati e imprese che, oggi, probabilmente fatichiamo a immaginare. Ma dovrà tenere presente la regola d’oro: fornire valore aggiunto al cliente finale. Che, in genere, non è né un tecnico né un appassionato, ma è solo alla ricerca di soluzioni rapide ai propri problemi.
Ecco quindi che il percorso del bitcoin potrebbe essere un esempio anche per gli altri cripto asset e il Web3 in costruzione. Debuttare con strumenti complessi, adatti agli early adopters; ampliare la platea con il fintech e nuovi player; passare poi al mass market con prodotti chiavi in mano e accessibili a tutti, una volta che la regolamentazione avrà creato un level playing field che protegge i consumatori e permette alle imprese di investire.
Ma, intanto, torniamo con i piedi per terra e vediamo se il 2024 sarà, per davvero, l’anno del bitcoin.