Il mercato assicurativo italiano rischia una “invasione” di player stranieri se non accelera l’investimento nel digitale, scontando un ritardo evolutivo rispetto a quanto accade in altri Paesi.
Lo sottolinea un’analisi di Italian Insurtech Association IIA, mettendo a confronto due semplici numeri relativi ai primi mesi del 2021:
- 1,8 miliardi di investimenti InsurTech in Europa;
- 0,4 milioni (milioni, non miliardi) in Italia.
Italia indietro anche in Europa
Se l’Europa ha incominciato a correre nell’evoluzione digitale dell’insurance, insomma, l’Italia sembra ancora dormire non solo nel rapporto tra incumbent e mondo delle startup, ma anche in generale nella digitalizzazione del settore assicurativo. Aggiungiamoci i dati dell’Insurtech Investment Index Report dell’Osservatorio Fintech & Insurtech del PoliMI, secondo cui solo un quinto delle compagnie italiane ha investito in almeno una startup Insurtech nel 2020, ed è chiaro che le realtà nazionali rischiano di restare molto, molto indietro nell’innovazione.
E di vedere arrivare sul mercato italiano modelli di business davvero disruptive dal punto di vista dei servizi, dei prodotti e del pricing. «Il rischio di una colonizzazione del mercato, un avvenimento che da tempo l’associazione sta annunciando, è quanto mai realistico a fronte di investimenti da parte del settore assicurativo in Italia nel digitale di 50 milioni contro i 550 milioni nel Mondo – dichiara Simone Ranucci Brandimarte, presidente e fondatore di Italian Insurtech Association. L’Italia è purtroppo un Paese dove si investe poco in innovazione, neanche un miliardo viene allocato in startup. Questo avrà ripercussioni enormi su un settore che dà lavoro a 400 mila persone e cha un peso enorme sul nostro PIL, riproponendo una situazione già accaduta in altri comparti che hanno visto l’affermarsi di player stranieri più digitalizzati, come il settore editoriale, il retail, i viaggi, il settore bancario e altri».
Scarsissima collaborazione tra compagnie e InsurTech
A mancare, secondo la ricerca Open Innovation Readiness realizzata da Simbiosity per l’IIA e con il sostegno di Conversion-E3, è proprio la collaborazione tra incumbent e mondo delle startup. Solo il 70% delle compagnie assicurative individua una funzione aziendale, centralizzata o distribuita, dedicata all’innovazione: nel 60% dei casi, la funzione riporta al CEO. La collaborazione con le startup, inoltre, sembra ancora a un livello primordiale: per l’82% delle compagnie, si collabora con le startup “per acquisire insight su nuove tecnologie e segmenti di mercato o per apprendere nuovi metodi di lavoro”.
Emblematico che il 64% delle compagnie ritenga che le startup vogliano collaborare con loro per facilitare l’accesso al mercato, ma non si percepisca affatto come un potenziale cliente. «Emerge ancora un coinvolgimento limitato e “improprio” delle startup, da parte delle aziende della filiera assicurativa – afferma Marcello Vena partner di Simbiosity che ha curato la ricerca. Queste ultime si avvalgono prevalentemente delle startup per acquisire know-how, insight, metodologie, esperienza per accelerare la loro roadmap di sviluppo. Un approccio spesso estrattivo-opportunistico che si appoggia sulla passione, le risorse e l’esperienza delle startup. Al momento, molto spesso più che Open Innovation si tratta di Open Education».
Ed è evidente che anche il mondo delle startup abbia compreso che i loro potenziali interlocutori non siano particolarmente collaborativi: il 75% delle insurtech intervistate ritiene che le maggiori criticità nel collaborare con gli incumbent siano “un approccio anacronistico al lavoro e una grande lentezza dei processi decisionali”. Il 50% segnala una diffidenza nella cultura del lavoro e un 25% una scarsa proattività.